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L’Italia è grande: Mondiali tuffi 2015, quando Tania Cagnotto sconfisse le cinesi dal metro

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Quelle lacrime sul podio, di liberazione, di gioia, come raramente si era visto in passato. Va bene essere una predestinata; va bene dominare in Europa e di gran lunga, va bene finire sempre nella scia delle cinesi, a livello globale, ma in fondo in fondo il sogno di batterle in una manifestazione assoluta, prima o poi, lo cullava anche lei.

E a Kazan 2015 Tania Cagnotto si è consacrata, forse anche più di Rio 2016, vincendo quel titolo mondiale che meritava, seppure da un metro, per coronare una carriera irripetibile, proprio davanti a due cinesi, al termine della sua gara più bella, per altro dominata dall’inizio alla fine. E pazienza se quella specialità, il trampolino 1 metro, ancora non è stata inserita nel programma a Cinque Cerchi, impedendo alla figlia d’arte  bolzanina di provare a conquistare il metallo più pregiato anche ai Giochi. Perché da un metro le distanze si accorciano, perché da un metro non si possono inventare evoluzioni particolari, perché dal trampolino un metro Tania Cagnotto, mix di potenza ed eleganza, è sempre stata vicina alle avversarie asiatiche più che dai tre metri. Perché da un metro è diventata campionessa del mondo 40 anni dopo Klaus Dibiasi, la prima a riuscirsi a livello femminile italiano.

Indimenticabile per tanti, troppi motivi quel 28 luglio 2015.

L’impresa era già stata sfiorata a Barcellona 2013, va detto, quando Tania si piazzò seconda dietro He Zi per un decimo di punto, una beffa d’argento arrivata all’ultimo tuffo della finale, e già quel 21 luglio di due anni prima avrebbe meritato l’oro, dopo le delusioni e i quarti posti di Londra 2012 e le ipotesi di ritiro paventate, per fortuna mai concretizzatesi. Klaus Dibiasi era rimasto l’unico e anche l’ultimo tuffatore italiano a fregiarsi di un oro mondiale, dai 10 metri, in Colombia, a Cali, nel 1975. E 40 anni dopo chi avrebbe potuto ripetere un’impresa simile, se non Tania Cagnotto, figlia del grande amico/rivale di Klaus, Giorgio (Franco) Cagnotto?

Un titolo cercato, voluto, raggiunto con ogni goccia di energia possibile. E davanti a due atlete cinesi di altissimo profilo, Shi Tingmao ed He Zi, che quel giorno sono state surclassate. Onestamente, il massimo possibile. L’Inno di Mameli risuona in Russia ed è un emozione fortissima, che riporta indietro nel tempo. Tania in gara se la deve vedere anche con la giovane australiana Maddison Keeney, che diventerà poi campionessa del mondo due anni più tardi. La partenza di Cagnotto è perfetta, con 63.60 nell’uno e mezzo ritornato e 62.40 nel doppio e mezzo avanti. Le avversarie perdono colpi subito, He Zi e Shi Tingmao sono insolitamente imprecise. E Tania vola al comando. Arrivano le rotazioni indietro, che tutti soffrono, meno lei: nell’uno e mezzo indietro la figlia d’arte entusiasma, 58 punti, sempre più salda al comando davanti alla sorpresa (fin lì) Fedorova. Nell’avvitamento rovesciato Tania si supera: 65 punti, nonostante l’ingresso in acqua un po’ abbondante. Keeney torna sotto, le cinesi si risvegliano di incanto, ma il vantaggio sulla seconda è di 10 punti. Tanto, in una gara femminile. Dipende solo da lei, il trionfo è a un passo. Ultima serie: il salto mortale e mezzo rovesciato vale 61.20 punti e le permette di toccare una quota pazzesca dal metro, 310.85 come punteggio finale, anche se avrebbe potuto fare persino meglio, come sentenzierà poi il papà-allenatore, Giorgio. Un dominio, una cavalcata trionfale. He Zi è argento in rimonta a 300.30, Shi Tingmao chiude alla grande, ma si trovava ormai troppo indietro per cullare sogni di gloria: bronzo a 309.20.

“È un sogno che si realizza – dice dopo l’abbraccio e il pianto con il papà-ct Giorgio -. Ho sempre messo sullo stesso piano vincere un mondiale e una medaglia olimpica. Volevo raggiungere uno di questi due obiettivi e finalmente è successo. Sono al settimo cielo. È una bella soddisfazione personale e familiare. È il giorno più felice della mia vita. Avevo sognato di battere le cinesi, ma la realtà è decisamente più bella – racconta – Avevo una strana sensazione già dalle eliminatorie. Era stata una giornata infinita; non sapevo dove sbattere la testa. Non mi sono allenata tutto il giorno e sapevo che potevo farcela; avrei voluto saltare subito anzichè aspettare. La finale è iniziata bene; col doppio e mezzo avanti ho perso qualche anno di vita, ma poi ho continuato meglio. Prima dell’ultimo tuffo avevo dieci punti di vantaggio; non era necessario strafare e ho cercato di controllare. È bastato per vincere. In attesa del trampolino 3m posso dire di aver chiuso in bellezza la mia carriera ai Mondiali. È uno dei momenti più belli della mia vita”.

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gianmario.bonzi@gmail.com

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FOTO: La Presse

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