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Luca Scinto, ciclismo: “Il Giro d’Italia a ottobre simbolo della rinascita. Dobbiamo trovare i soldi per sopravvivere”

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La voglia di ritornare alla normalità, alla vita di tutti i giorni, ad un’esistenza più serena, riecheggiano nella mente di ognuno di noi. E affiorano anche i pensieri sul nostro futuro, su quello che è stato congelato dalla pandemia in atto, su come dovremo affrontare i prossimi mesi, su come e quando ritorneremo a riabbracciare la realtà che ci ha accompagnato fino ad un mese fa. Ogni persona ha un obiettivo. Tutti noi abbiamo bisogno di riprendere in mano ciò che momentaneamente ci è stato negato, dagli affetti al lavoro, ciò che caratterizza la nostra quotidianità. E prima o poi dovrà riprendere anche lo sport, la vita degli atleti. Luca Scinto e la sua Vini Zabù-KTM hanno una voglia immane di ritornare in corsa, di ricominciare a lottare, sognare; spinti dalla determinazione e dalla fame che li ha sempre contraddistinti. Umano, legato ai valori di una volta, innamorato perso del suo caro e vecchio ciclismo, il direttore sportivo toscano, in un’intervista esclusiva per la nostra redazione di OA Sport, ha lanciato una grande dose di positività per il futuro che verrà. Ci troviamo di fronte ad una stagione da riprendere in mano e da far rifiorire, magari, col Giro d’Italia, la corsa simbolo del nostro Paese, che potrebbe rappresentare il riscatto più bello di un popolo che ce l’ha fatta. 

La vostra quarantena è iniziata negli Emirati Arabi…

“Una sera in albergo, a due tappe dalla fine, mentre ridevamo e scherzavamo, sono arrivati dei medici tutti bardati, coperti, che ci hanno riferito della presenza di casi sospetti di positività al Coronavirus. Lì per lì non si sapevano ancora i nomi. Ci hanno rimandati in camera prima di fare i tamponi, li abbiamo fatti, siamo stati bloccati per quattro/cinque giorni, e poi, quando ci hanno detto che i tamponi erano negativi, siamo rientrati a casa. Appena siamo arrivati in Italia ci siamo informati subito sull’obbligo di restare in casa oppure no, ma dopo quattro giorni siamo stati bloccati, come tutti gli italiani, nell’attuale quarantena”.

Qual è il vostro status attuale?

“Sai, innanzitutto dobbiamo pensare al fatto che c’è ancora tanta gente che muore. Appena passa un’ambulanza, sale la paura. Noi, giustamente, dobbiamo pensare anche al nostro lavoro, ma in primis penso alle famiglie, a coloro che sono rimasti senza i propri cari. Passando al capitolo sportivo, noi ci siamo organizzati con i rulli per i nostri ragazzi, come tutti d’altronde. Fortunatamente il ciclismo d’oggi è all’avanguardia con tutta questa tecnologia. Speriamo che arrivi un decreto che dica che i professionisti si possono allenare su strada, perchè il rischio per loro, al momento, mi sembra molto remoto, visto che non c’è traffico. Ci saranno circa 50/60 professionisti in Italia, a dir tanto, e non penso che sia un problema farli allenare da soli. Anche il loro è un lavoro e ognuno deve pensare a ripartire. Avranno bisogno di almeno un mese di allenamenti seri, con la speranza di ripartire il prima possibile con l’attività; e questo significherebbe la fine di questo bruttissimo momento”. 

Alcune formazioni hanno già annunciato i tagli agli stipendi e ci saranno notevoli problemi anche con gli sponsor…

“Sai, forse ci siamo scordati di una cosa, che anche lo sport è un’industria. Angelo Citracca, ad esempio, ha trentadue persone da pagare al mese, ossia trentadue famiglie. A lungo andare la cosa potrebbe diventare problematica. Mi auguro che ci sia un ridimensionamento per tutti. Sarei contento se la stagione ricominciasse ad agosto, facendo il Giro d’Italia ad ottobre. Noi abbiamo dei doveri, lo sport è un’azienda e prima o poi dovremo ripartire. Purtroppo la vita è questa. Quindi, la prima cosa da fare è permettere la ripresa degli allenamenti per i professionisti, per far sì che arrivino pronti, in tal caso, alla ripresa delle corse. Se non dovessero ricominciare, diventerebbe difficile anche per il 2021. Il problema sarà trovare i soldi per le corse, le risorse per le squadre… Quello che succederà l’anno prossimo, al momento, nessuno lo sa. Per ora io voglio parlare in positivo. Noi italiani siamo duri, la mia squadra è abituata a lottare sempre e comunque. Bisogna sempre trovare i soldi per andare avanti; le piccole realtà sono così. Ma alla fine è un problema per tutti, anche per le grandi società. Ora come ora dobbiamo fare tutto gradino dopo gradino. In primis dobbiamo stare in casa per far sì che si abbassi il contagio, poi chiedere al Ministro dello Sport il permesso per la ripresa degli allenamenti su strada per i professionisti, perchè alla fine è uno sport individualista e infine sperare di poter ripartire il prima possibile. La situazione è brutta. E ricordiamoci che ci sono anche corridori con un solo anno di contratto che sono arrivati per tornare ad alti livelli. Con una stagione così buia diventa difficile emergere, farsi vedere. Nel 2021 ci sarà anche il problema che alcuni corridori dovranno smettere, perchè non troveranno squadra. L’UCI si dovrà ridimensionare su tanti punti, dovrà venirci incontro. Ed è una situazione mondiale”.

Quindi l’idea del Giro d’Italia ad ottobre è una cosa fattibile?

“Mi piacerebbe essere al Giro nel mese di ottobre. Qui si parla tanto del meteo, ma la neve possiamo trovarla anche a maggio ed è già capitato tante volte. Negli ultimi anni il clima è cambiato. Abbiamo avuto un settembre e un ottobre bellissimi. Lo scorso anno ha iniziato a nevicare a fine dicembre. Poi puoi trovare del tempo brutto in montagna, ma la stessa cosa vale per il mese di maggio. Per me sarebbe una data fantastica e potrebbe essere il segno della rinascita dell’Italia. Il Giro è povero, il ciclismo è uno sport povero, ma entrambi entrano nelle case, nelle persone, nelle famiglie. Va fatto per forza, deve essere il riscatto di tutto. Un simbolo per tutto il mondo”.

Cosa ne pensa della nuova frontiera del ciclismo virtuale?

“È bello perchè ora non si può fare altro. Il ciclismo vero è su strada, è fatica pura. Poi io sono un direttore sportivo ‘all’antica’. I valori di questa disciplina sono quelli di una volta. Il ciclismo è storia, non si inventa, ha una linea e un suo stato di vita che non si può cambiare. In generale, ben che venga la tecnologia, però guarda, è bastato un virus per bloccare tutta la Terra. Possiamo essere tecnologici quanto vogliamo, però alla fine siamo disarmati su tutto. La tecnologia andrà anche avanti, ma ci sarà sempre qualcosa in grado di bloccarla”.

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lisa.guadagnini@oasport.it

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Foto: Foto Ufficiali – Vini Zabu – KTM – © Riccardo Scanferla – Photors.it

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