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Marco Suppini, tiro a segno: “12 mesi in più non mi faranno male. Inevitabile rinviare le Olimpiadi”

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Avrebbe avuto voglia probabilmente di viverla questa sua prima Olimpiade a 22 anni, ma la notizia del rinvio non la vede come una cosa negativa, anzi: un’opportunità per allenarsi e alzare ulteriormente il proprio livello. Marco Suppini, nonostante la giovane età, di esperienze sul campo ne ha già tante da raccontare e siccome starlo ad ascoltare o a leggere non è fatto che capiti frequentemente, il consiglio è quello di assaporare ogni singola frase di un’intervista che al suo interno svaria dalla vita del tiratore a quella dell’uomo.

La prima cosa che ti chiediamo per rompere il ghiaccio è: come stai e cosa stai facendo?
“Io al momento sto bene. La notizia del rinvio delle Olimpiadi l’ho presa tutto sommato bene e con tranquillità: sto continuando ad allenarmi, ma in maniera alternativa. Il mio team mi ha preparato delle sessioni di lavoro che siano più concentrate sul fisico e sull’aspetto mentale rispetto al tiro, che per ora eseguo solo al simulatore al casa”.

Queste sarebbero state le tue prime Olimpiadi, che sensazione ti ha lasciato non poter raggiungere nel 2020 il sogno olimpico?
“Non ci ho visto una tragedia: è un anno in più per lavorare. Forse per me sarebbero state anche un po’ premature queste Olimpiadi. Dopo aver ottenuto il pass in Coppa del Mondo l’anno scorso mi sento a un buon livello, ma dodici mesi in più di tempo per lavorare male non mi faranno”. 

Se i Giochi si fossero disputati come da calendario, fra l’altro, sareste arrivati all’evento con una gara e basta (Europei a 10m di inizio marzo, ndr) sulle spalle: questo avrebbe aumentato la componente di casualità?
“Il rinvio è la soluzione migliore. Il posticipo ci avrebbe forse consentito di disputare un’altra gara a Monaco di Baviera, poco prima delle Olimpiadi, ma null’altro”.

A proposito di Europei dello scorso marzo: voi siete partiti per andare a Wroclaw, quando qui in Italia si era già riscontrato il primo caso di coronavirus. Non avete avuto sensazioni di pericolo nell’affrontare la trasferta?
“Vi racconto la mia esperienza personale. Prima di andare agli Europei, io e Lorenzo Bacci (altro tiratore di carabina della nazionale già qualificato per le Olimpiadi, ndr) siamo stati quindici giorni in Tunisia ad allenarci con alcuni componenti della rappresentativa russa e da lì abbiamo avuto notizia dell’arrivo in Italia del coronavirus. All’inizio ci siamo preoccupati di rientrare in Italia, perchè il timore più grande era quello che chiudessero immediatamente le rotte aeree per tornare a casa: abbiamo parlato con Valentina Turisini (direttore sportivo della nazionale) e siamo riusciti a rientrare. Poi siamo volati verso la Polonia per gli Europei: l’atmosfera dell’evento non ne ha risentito minimamente, anche se girando per i vari aeroporti abbiamo preferito dotarci di mascherine anche perchè vedevamo tutti farlo”.

Hai parlato di un’atmosfera non intaccata dal pericolo, ma proprio nessuno ha avuto la sensazione di una cosa che potesse svilupparsi in questi termini?
“Io e Lorenzo ce lo aspettavamo che si potesse, in generale, arrivare purtroppo a questi livelli. La globalizzazione odierna consente a tutti di muoversi: non stiamo parlando della Spagnola, che all’epoca veniva “portata in giro” solo dai militari.
Per un paio di giorni quando ci trovavamo a Wroclaw abbiamo poi avuto un po’ la sindrome da breaking news: cercavamo aggiornamenti vedendo i numeri crescere in Italia e ci rendevamo conto della situazione”.

Vista la situazione, la sospensione delle gare e una notizia sulle Olimpiadi che tardava ad arrivare, ti sei mai sentito un po’ come un cercatore che perde la bussola?
“Sicuramente c’è stata grande incertezza. Non sai se la stagione proseguirà, non sai se disputeranno le Olimpiadi e allora ti devi mettere a lavorare psicologicamente per cercare gli spunti per andare avanti e allenarti.
Non è stata una situazione facile: non si sapeva su cosa stessimo finalizzando il nostro lavoro. Abbiamo vissuto alla giornata, le cose cambiavano anche relativamente alla vita quotidiana ma i Giochi sembravano rimanere lì come uno strano riferimento. Tante notizie, ma non sapevi mai quale fosse la linea da seguire.
Ora secondo me si è arrivati a una soluzione ideale: ci hanno dato comunque un periodo ulteriore per andare a recuperare l’arco temporale nel quale siamo e saremo tutti chiusi in casa. Ne riparleremo quando andremo a festeggiare per la disputa di un’Olimpiade, non quando dobbiamo contare i morti”.

Dopo questo racconto, torniamo a stringere il focus su di te. Carabina con gare da 10m e da 50m, qual è la tua preferita?
Sicuramente quella dai 50m, non so per quanto tempo le gare a fuoco dalla lunga distanza rimarranno nel programma internazionale ma finché ci sono saranno queste le mie preferite“.

Tu e Lorenzo agli Europei, pur con risultati diversi (54esimo Suppini, 11esimo Bacci), con che spirito avete vissuto la gara di Wroclaw?
“Quando facciamo i programmi, ci sono ovviamente le gare di preparazione, le gare obiettivo e via dicendo, anche se per me poi son tutte gare obiettivo. Se vado a fare un contest vado per vincerlo, poi quello che successo lì, parlando degli Europei, è un altro discorso: era un periodo in cui stavo facendo un certo tipo di lavoro e ho preferito continuare su quella linea, anche se poi questo ha portato a delle mancanze nella mia prova, dal punto di vista tecnico. In quel frangente mi è un po’ mancata la terra sotto i piedi, ma in generale sono tranquillo: ho un percorso di allenamento e lavoro da seguire e sono convinto di questo. Sta dando i suoi frutti, non rimetto tutto in discussione per una gara andata male”.

Stai sentendo gli altri compagni di nazionale per qualche seduta d’allenamento collettiva in videochat?
“Ora come ora mi sto sentendo quotidianamente con il mio allenatore, il preparatore e il mental coach. Nonostante la situazione sono seguito in un percorso personalizzato.
A livello di gruppo al momento siamo un po’ fermi ma stavamo pensando di inventarci qualcosa, magari una volta a settimana, per avere degli spunti competitivi su cui fare leva”.

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michele.cassano@oasport.it

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Foto: ISSF

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