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MotoGP, i grandi perdenti: Dani Pedrosa, il “magnifico piazzato” offuscato dai fenomeni

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Un pilota di sicuro talento, capace di primeggiare in svariati Gran Premi, ma che non è mai stato in grado di conquistare un titolo mondiale, può essere definito “perdente”? In senso lato l’epiteto è ingeneroso, però è anche vero che nel mondo dei motori i piazzamenti contano molto poco, soprattutto perché vige la legge de “il secondo è il primo dei perdenti”, come ha sentenziato Enzo Ferrari. Piaccia o non piaccia, questa spietata filosofia impregna il motorsport e, nel motociclismo, la figura di Dani Pedrosa è la massima espressione del “perdente”, inteso come uno dei centauri più forti della storia a non essersi mai laureato campione del mondo, almeno nella classe regina.

Sì, perché lo spagnolo nelle classi inferiori sembrava avere le stimmate del predestinato. Quando arriva in MotoGP, nel 2006, è reduce da tre Iridi consecutivi. Quello della 125cc nel 2003, seguito dai due in 250cc nel 2004 e 2005. Alla luce di questo biglietto da visita, il piccolo catalano è considerato il “Messia” della Honda. La casa dell’ala dorata è infatti convinta di aver trovato il pilota in grado di riportarla sul tetto del mondo, dopo lo smacco di essere stata abbandonata da Valentino Rossi che, tra il 2004 e il 2005, ha dimostrato come l’uomo potesse fare ancora la differenza sul mezzo meccanico. Il pesarese ha infatti resuscitato i grandi rivali della Yamaha dopo anni di crisi, consentendo alla casa del diapason di vincere due Mondiali consecutivi dopo un lungo digiuno. In HRC sono certi che il ventenne Pedrosa riuscirà dove i veterani Alex Barros e Max Biaggi hanno fallito e dove, verosimilmente, il compagno di squadra Nicky Hayden non arriverà mai. L’americano, per quanto costante, non sembra avere l’X-Factor necessario a lottare per il titolo.

Il 2006 si rivela però un’annata strana. La Yamaha non è quella dominante dell’anno precedente, soffre di qualche problema di affidabilità e porta Rossi a commettere alcuni errori più del consueto. Pedrosa, dopo essere salito sul podio all’esordio ed aver vinto già alla sua quarta gara, si trova pienamente in corsa per il Mondiale. A Sepang, in occasione del quintultimo round stagionale, cade però violentemente in prova e si infortuna ad un ginocchio. Si classifica comunque terzo in gara, ma l’incidente lo penalizza negli appuntamenti seguenti ed esce dalla contesa iridata. Addirittura all’Estoril, in occasione del penultimo GP dell’anno, abbatte il compagno di squadra in un tentativo di sorpasso, servendo il titolo su un piatto d’argento a Valentino. In realtà, a Valencia, è Rossi a sbagliare. Il Mondiale viene così effettivamente vinto dalla Honda, ma non dall’enfant prodige Pedrosa, bensì proprio da Hayden, non ritenuto alla sua altezza.

Verrebbe da dire “non a torto”, perché nei due anni successivi lo statunitense non tocca palla nello scontro diretto con il catalano, che conclude il Mondiale in seconda posizione nel 2007, seppur distante anni luce dal Campione del Mondo Casey Stoner, quell’anno inarrestabile a bordo della Ducati. Quindi, nel 2008 Dani è in piena bagarre per il titolo con Rossi e lo stesso Stoner. Anzi, a metà stagione guida di un’incollatura la classifica iridata. Tuttavia, al Sachsenring finisce rovinosamente a terra, procurandosi un serio infortunio che condiziona il prosieguo della sua annata. Addio speranze di conquistare l’Iride, che torna a Tavullia.

Nel 2009 e nel 2010 la supremazia della Yamaha è evidente e Pedrosa non ha modo di lottare concretamente per il Mondiale, concludendo le classifiche generali prima terzo e poi secondo, inchinandosi rispettivamente a Rossi e Jorge Lorenzo. Quantomeno, in entrambi i casi fa molto meglio del nuovo compagno di squadra Andrea Dovizioso. Pur di recuperare lo scettro perduto, nel 2011 HRC schiera addirittura tre moto ufficiali, ingaggiando anche Stoner. Nelle prime tre gare, Dani raccoglie tre podi, ma a Le Mans rimane coinvolto in un incidente con Marco Simoncelli, cade e si frattura la clavicola, dovendo saltare tre GP. Addio sogni iridati sin dalla primavera e il titolo, per la seconda volta, finisce a un suo compagno di squadra, ovvero all’australiano, appena giunto nel team.

Nel 2012 Pedrosa riesce, finalmente, ad avere un anno senza infortuni. Infatti, è la stagione migliore del catalano. Eppure, raccogliere 7 vittorie e 15 podi in 18 gare non gli è sufficiente per vincere il Mondiale! Il titolo va a Lorenzo che, nonostante ottenga un successo in meno, si classifica ben dieci volte secondo e alfine precede il connazionale di 18 punti.

Stoner si ritira precocemente e, nel 2013, al suo posto arriva Marc Marquez, il quale si presenta in MotoGP con le stesse credenziali di cui sette anni prima era dotato Pedrosa. L’inizio di campionato è caratterizzato dall’equilibratissimo triello spagnolo tra i due alfieri HRC e Lorenzo. Dopo il GP d’Olanda, Dani è primo nella graduatoria generale, ma al Sachsenring è nuovamente vittima di una rovinosa caduta, a causa della quale si procura la frattura di una clavicola e soprattutto una commozione cerebrale. Da lì in poi, deve accontentarsi di fare da terzo incomodo tra Marc e Jorge, i quali ingaggiano una furibonda lotta per il titolo, che alfine va proprio al giovanissimo iberico della Honda. Da questo momento sul lungo periodo non c’è più partita. A parità di moto, Marquez arpiona un Mondiale dopo l’altro, mentre Pedrosa deve accontentarsi di saltuarie vittorie di tappa, sino al ritiro, avvenuto a fine 2018.

In tredici anni di attività nella classe regina, il catalano ha ottenuto 31 vittorie, diluite in dodici stagioni, salendo sul podio ben 112 volte su 217 presenze. Insomma, può essere definito “perdente” un centauro capace di vincere una gara su quattro e di chiuderne una su due nella top-three? La risposta, purtroppo, è sì. Le ragioni a sostegno di questa affermazione sono principalmente quattro:

  • Durante questi tredici anni, HRC ha vinto sette Mondiali, nessuno di essi con Pedrosa.
  • Pedrosa non ha mai vinto un titolo, ma lo hanno fatto ben tre compagni di squadra (Hayden 2006, Stoner 2011, Marquez 2013, 2014, 2016, 2017 e 2018)
  • Stoner, iridato nel 2011, era al suo primo anno in HRC, mentre Pedrosa era alla sua sesta stagione nel team.
  • Marquez, campione nel 2013, era al suo esordio assoluto in MotoGP, mentre Pedrosa era alla sua ottava stagione in top class.

In altre parole, Dani si è più volte trovato al posto giusto e nel momento giusto per consacrarsi campione del mondo, senza tuttavia essere mai in grado di farlo. D’altronde non può essere un caso se non riesci a vincere un titolo pur gareggiando per 13 anni in un team che, in questo lasso di tempo, raccoglie sette Mondiali con tre piloti diversi, di cui uno peraltro nella sua stagione da rookie. Per di più, ad aggiungere un alone tragicomico alla vicenda, c’è il fatto che i 332 punti ottenuti nel 2012 rappresentino il punteggio più alto mai realizzato da un pilota classificatosi alla piazza d’onore della classifica generale!

Certo, qualcuno potrà sostenere che senza i tanti infortuni che ne hanno condizionato la carriera, Pedrosa quel benedetto Iride avrebbe potuto anche vincerlo. Però, come si suole dire, “dei se e dei ma son piene le fosse”. Inoltre, e soprattutto, le cadute sono spesso e volentieri figlie di errori commessi da chi è in sella.

In conclusione, Pedrosa è stato un grandissimo talento, uno dei piloti più consistenti che abbiano mai calcato il palcoscenico della classe regina del Motomondiale. Cionondimeno si è trovato a condividere la pista con due dei tre centauri più grandi di sempre (Valentino Rossi e Marc Marquez); inoltre non ha saputo cogliere al balzo le occasioni propizie per iscrivere il suo nome nell’albo d’oro iridato. Alfine ne è venuto fuori un “perdente” di extra-lusso o, se si preferisce, un magnifico piazzato.

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paone_francesco[at]yahoo.it

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Foto: Valerio Origo

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