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Atletica
Olimpiadi. Il grande bluff dell’uomo-pallottola Ben Johnson. Dalla gloria alla fuga a Seul 1988
Il buono e il cattivo, l’eroe e il rivale maledetto. La storia dello sport è piena di questi duelli, ma la sfida tra il figlio del vento, Carl Lewis, e il canadese di adozione Ben Johnson nei 100 metri a Seul 1988, andò oltre. Il trionfo di Ben Johnson durò tre giorni, giusto il tempo, per la federazione internazionale, di rendere noto i risultati degli esami antidoping che inchiodarono il velocista canadese, costringendolo a restituire le medaglie e a fuggire.
Quattro anni prima, a Los Angeles, le Olimpiadi senza il blocco dell’Est videro Carl Lewis portare a termine la stessa impresa di Jesse Owens a Berlino 1936. Quattro ori, nei 100, 200, nel lungo e nella staffetta 4×100. Nella gara dei 100 lo statunitense fece appena in tempo ad accorgersi di quel canadese muscoloso che riuscì a conquistare una prestigiosa medaglia di bronzo e che, di lì a qualche anno, sarebbe diventato il suo peggiore incubo.
Ai Mondiali di Roma 1987 la stella di Ben Johnson iniziò a brillare. Nella domenica in cui Sandro Damilano fece esultare la curva dell’Olimpico come per un gol di Roberto Pruzzo e Stefka Kostadinova saltò 2 metri e 09 nell’alto, record che resiste ancora oggi a 24 anni di distanza, Ben Johnson regalò al mondo una grande impresa. Grazie alla sua partenza proverbiale, con la posizione a rana e ad una progressione micidiale, stracciò il rivale Carl Lewis facendo segnare il tempo di 9”83, nuovo record del mondo. Una partenza, quella di Johnson, che gli consentiva di darsi la spinta iniziale con entrambe le gambe contemporaneamente, raddoppiando la potenza sviluppata in partenza e che si univa ad un tempo medio di reazione allo sparo straordinariamente basso. Con queste premesse il sogno di Carl Lewis di ripetere il poker di ori anche a Seul un anno dopo era messo in serio pericolo da quella montagna di muscoli, che si metteva in moto prima di tutti e che non lasciava spazio a rimonte.
A Seul Ben Johnson ci arriva da grande favorito. Nelle batterie lascia intravedere di avere nelle gambe e nel fisico il grande tempo ma sa bene che se la dovrà vedere con sua maestà Carl Lewis. La finale è in programma sabato 24 settembre 1988. A Seul è l’una e trentatrè del pomeriggio, le cinque e trentatrè del mattino italiane, temperatura di 25 gradi.
Ottantamila gli spettatori presenti sulle tribune dello stadio Olimpico costruito sulla riva del fiume Han, il fiume Uno, il più lungo e il più largo della penisola coreana. Benjamin “Ben” Johnson corre il più fantastico 100 metri della storia. Il più rapido di sempre: 9″79 il tempo, nuovo record del mondo, quasi 37 chilometri all’ora la media, 43 la punta massima, zero secondi e 132 millesimi il tempo di reazione, 5″52 il passaggio ai 50 metri. Johnson riempie le pagine dei giornali e i notiziari delle televisioni. Il fenomeno è tra noi, l’uomo-pallottola, l’uragano, il marziano. Gli avversari? Distrutti, annientati, annichiliti.
Soprattutto Carl Lewis, l’odiato nemico. Lewis incassa la sconfitta e all’arrivo rincorre il rivale festante per stringergli la mano: un gesto di grande signorilità che sembra chiudere la disfida. Passano però un paio di giorni e l’antidoping dà il suo verdetto: Ben Johnson ha fatto uso di stanozololo, uno steroide anabolizzante con il quale poi si saprà aver costruito per anni il proprio fisico muscolosissimo. La notizia fa il giro del mondo con una portata mediatica mai vista. L’oro passa a Carl Lewis che diventa così il primo uomo a confermarsi campione sui 100 metri e con la cancellazione di tutti i record di Johnson il tempo di 9.92 stabilito a Seul da Lewis è il nuovo primato mondiale. Le immagini di Johnson all’aeroporto che lascia Seul diventano l’emblema della lotta al doping che segnerà importanti sconfitte nel futuro immediato visto che quattro dei successivi cinque campioni olimpici nei 100 metri saranno squalificati per uso di sostanze proibite.
Ben Johnson viene squalificato per due anni. Il ritorno alle gare avviene 28 mesi dopo, il 12 gennaio del 1991 a Hamilton, in Canada. Due anni di prestazioni alterne e poi la nuova squalifica, questa volta a vita, dopo esser stato trovato positivo ai campionati canadesi di Montreal del 1993. Cancellato l’atleta e tutte le sue prestazioni da marziano.
Johnson troverà rifugio in Italia, dove si specializzerà come preparatore atletico di squadre di calcio, ma anche qui le scelte furono piuttosto discutibili visto che fra i pochi che si affidarono al canadese ci furono Diego Armando Maradona, nell’ultima parte della sua burrascosa carriera, e Muhammar Gheddafi, il figlio dello scomparso Rais libico con la passione per il calcio. Il segnale definitivo del declino arrivò nel 2000, quando a Roma l’ex primatista mondiale subì il furto del portafoglio da due giovanissimi nomadi. Johnson li rincorse ma riuscì a bloccarne solo uno, un bimbo di 10 anni, mentre il complice, poco più grande, riuscì a sfuggirgli e a battere sulla corsa il campione olimpico di un giorno.
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Foto LaPresse