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Olimpiadi. Khalid Skah e l’oro ad elastico nei 10.000 a Barcellona 1992

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Squalifica nell’atletica aveva fatto spesso rima con doping, almeno fino al 3 agosto 1992 quando la mannaia dei giudici scattò fin troppo tempestiva sulla testa di una coppia di mezzofondisti marocchini: uno, grande favorito dei 10 mila, Khalid Skah, l’altro campione olimpico uscente, Hammou Boutayeb, vecchia e rognosa volpe del mezzofondo. Una squalifica lunga un giorno che segnò una delle pagine più nere della storia dell’atletica e del mezzofondo e che alla fine restituì a Skah l’oro conquistato in pista ma non l’onore, perso con una condotta di gara e un gioco di squadra scorretto e inammissibile.

Skah arriva a Barcellona forte del titolo iridato di corsa campestre conquistato l’anno prima ad Anversa e del bronzo sui 10000 ottenuto ai Mondiali di Tokyo. La sfida, si capisce fin dai primi giri, sarà tra marocchini e keniani, ben rappresentati da Koech e soprattutto dal giovane Richard Chelimo, 20 anni, della tribu’ Marakwet, ceppo Kalenjin, argento l’anno primo a Tokyo e difficilmente battibile sul ritmo. Tra i protagonisti c’è anche Salvatore Antibo, che sembra essersi messo alle spalle il piccolo male che lo aveva colpito durante i 10000 di Tokyo e l’etiope Addis Abebe, precursore di un movimento che avrebbe dominato sulla distanza da lì a poco.

La corsa è bellissima, piena di strappi, di trabocchetti, quasi una gara a scacchi. La squadra keniana gioca le sue carte d’anticipo con la coppia Chelimo-Koech, uno strappo e via, fino a che Chelimo, a dieci giri dal termine, rompe ogni indugio, lascia sul posto l’ amico Koech ma non riesce a scrollarsi di dosso la pericolosa presenza di Skah.

A mille metri dal traguardo accade l’impensabile: davanti ai due in fuga si profila la figura di Hammou Boutayeb, marocchino come Skah e vincitore quattro anni prima a Seul, che, da doppiato, intuisce subito di poter giocare un ruolo determinante. Rallenta, decide di non farsi da parte: viene superato, dovrebbe lasciar perdere, invece con un guizzo torna su Skah e Chelimo. I due marocchini si guardano, si parlano e Boutayeb va in testa a fare l’andatura per impedire a Chelimo di accelerare ed evitare la volata che vede Skah nettamente favorito. Il pubblico di Barcellona si rende conto di cosa sta accadendo e inizia a fischiare. Boutayeb torna in coda al terzetto ma non resiste e, ai 500 metri, torna a fare da lepre.

Un giudice entra in pista e tocca Boutayeb che non desiste e torna in testa prima della penultima curva della gara. A meno di 200 metri dalla fine i due battistrada lanciano la volata che, come da pronostico, viene vinta da Khalid Skah che fa l’inchino all’infuriato pubblico spagnolo che trasforma il giro d’onore in una sorta di calvario. Dieci minuti dopo arriva il verdetto apparentemente inappellabile della giuria: Skah e Boutayeb squalificati, oro a Chelimo, argento ad Abebe e bronzo azzurro per Antibo.

Lo spogliatoio diventa una bolgia africana. Tra accuse e lamenti disperati, il Marocco presenta ricorso e la mattina dopo il CIO fa la più clamorosa retromarcia della storia e decide di riabilitare Khalid Skah che dunque resta campione olimpico. Per il jury d’appel l’assistenza reciproca tra il marocchino Skah e il connazionale doppiato non è ipotizzabile. Sarà ma a tutti l’impressione di una corsa parallela durata troppo a lungo, 2’10”, di un sorpasso finto ingenuo del doppiato alla coppia di testa in modo da far da tappo, di una scena mai vista fino a quel momento ad un’Olimpiade o ad un Mondiale e che non si vedrà mai più nella storia, sempre più scritta in caratteri africani, del mezzofondo mondiale.

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