Pattinaggio Artistico
Pattinaggio di figura, Guignard-Fabbri: “Stagione condizionata dall’infortunio, aumentare i GOE sarà il nostro obiettivo”
Charlène Guignard e Marco Fabbri, coppia di danza pilastro della Nazionale italiana di pattinaggio di figura, sono diventati nel tempo una garanzia in termini di qualità tecnica e di resa performativa. Gli atleti di Barbara Fusar Poli hanno compiuto infatti in dieci anni un cammino faticoso ed entusiasmante allo stesso tempo, scalando sempre più il ranking mondiale, fino a toccare il cielo nella stagione 2018-2019, annata dove hanno conquistato il terzo posto alle Finali Grand Prix di Vancouver (Canada) e la medaglia di bronzo agli Europei di Minsk (Bielorussia). Nell’annata sportiva appena passata agli archivi, complice un infortunio alla mano subito da Marco a inizio autunno, gli azzurri, pur non riuscendo a replicare i risultati precedenti, hanno comunque convinto rimanendo senza particolari problemi sulla scia delle coppie di vertice, ottenendo due terzi posti all’Internationaux De France e all’NHK Trophy oltre che la quarta piazza alla rassegna continentale di Graz (Austria). Charlène e Marco hanno hanno concesso un’intervista a OA Sport esprimendo il loro punto di vista sulla situazione attuale, su quanto successo negli ultimi mesi nel mondo della danza e su quello che accadrà nel futuro.
Come state passando questo periodo di isolamento lontano dal ghiaccio?
“Stiamo facendo quello che possiamo fare. Nel nostro sport purtroppo è difficile, oltre che mantenere la condizione atletica, trovare qualcosa di utile al 100%; se non hai l’attrezzo che usi quotidianamente è ovviamente impossibile replicare da casa quello che fai sul ghiaccio. In questo momento svolgiamo attività fisica tramite delle sessioni di allenamento a distanza con il nostro preparatore atletico e con il nostro coreografo. Ci teniamo in forma così; nel frattempo stiamo ascoltando le musiche per scegliere i programmi per l’anno prossimo, stiamo cercando di sfruttare questa quarantena forzata per ripartire con le idee già chiare per non perdere tempo“.
Una stagione positiva quella appena conclusa, condizionata dall’infortunio subito da Marco in autunno. Tuttavia, siete riusciti nell’intento di rimanere sulla scia di tutte le coppie di vertice…
“Avendo avuto un infortunio grave e complesso da gestire a fine settembre tutta l’annata sportiva è stata strana; c’è sempre sembrato di dover rincorrere quella condizione ottimale che siamo riusciti a raggiungere solo agli Europei. In quell’occasione forse però è mancata un po’ di fiducia nei nostri mezzi. Come in tutti gli sport quando fai delle gare positive aumenta la tua fiducia e affronti quelle successive con più consapevolezza: l’infortunio in questo senso ci ha costretto a cambiare molti fattori. Con quello che è successo difficile fare più di quello che abbiamo fatto; il bilancio quindi è positivo con un po’ di rammarico per non aver affrontato una stagione in totale salute“.
In mezzo c’è stato anche il cambio di Rhythm dance. Siete passati da un programma molto sofisticato pattinato sulle originali note del musical “Paramour” del Cirque Du Soleil a quelle del più classico “Grease”. Cosa vi ha spinto a cambiare spartito in corsa?
“In tanti avevano apprezzato la prima rhythm dance. Tuttavia sia al Lombardia Trophy che agli Internationaux De France abbiamo ricevuto dei feedback non particolarmente incoraggianti da una parte degli addetti ai lavori, giurie in primis. Dopo la prima tappa del Grand Prix ci siamo chiesti se fosse stato meglio procedere con lo stesso programma oppure virare su qualcosa di più, vuoi o non vuoi, scontato. Abbiamo optato per la seconda scelta perché, nella nostra specialità, l’immediatezza del messaggio e la chiarezza della storia che presenti è fondamentale”.
Una scelta risultata vincente…
“Sono musiche che conoscono tutti e che piacciono a tutti. Dal NHK Trophy il programma ha iniziato a crescere di punti e agli Europei ci siamo piazzati terzi dopo il primo segmento. Poi anche a noi un po’ è dispiaciuto perché ci piaceva tanto la prima scelta. Ma bisogna anche ascoltare i feedback dopo ogni gara“.
Il fatto di avere avuto a disposizione quest’anno un range di scelta musicale molto ampio, visto che il tema della rhythm dance era “Musical-Operetta-Broadway”, è stato un fattore che vi ha aiutato o, paradossalmente, messo in difficoltà?
“Partiamo dal presupposto che praticamente nessuno ha optato per l’operetta: del resto inserire la sezione di Finnstep obbligatoria con un genere come quello era davvero complicato. Quindi delle tre scelte una quasi si auto escludeva. Il fatto di avere tante soluzioni in certi casi è positivo in altri un po’ meno, anche perché avere tante scelte non significa avere tante scelte buone. Quest’anno secondo noi si è visto: in base allo schema di danza obbligatoria e in base al tipo di programma da costruire molti hanno presentato le stesse musiche: sono disponibili tantissimi musical nel mercato discografico, è vero; ma musical che hanno al loro interno dei brani che ti consentono di costruire un bel programma funzionale per la danza sul ghiaccio non sono così tanti. Non a caso abbiamo visto molti Singing in the rain, tanti Grease e qualche Blues Brothers. La varietà diciamo che era solo sulla carta: per costruire un programma vincente il cerchio si stringe e non di poco“.
Credete che questo possa ricollegarsi con quanto successo agli Europei di Graz con Sinitsina-Katsalapov che sono riusciti a imporsi, con la sorpresa di molti, su Papadakis-Cizeron? I primi hanno proposto due programmi molto classici, i secondi più inusuali soprattutto nel primo segmento…
“Non troviamo eccessivamente scandaloso quello che è successo a Graz. Magari certamente può essere sembrato strano un avvicinamento così repentino di una coppia nei confronti di un’altra. Papadakis-Cizeron hanno azzardato, la loro rhythm dance sulla carta era originale e più interessante. La realizzazione, per una coppia che ha determinate caratteristiche, non ha reso come poteva. Sinitsina-Katsalapov hanno giocato più sul sicuro e questo ha pagato“.
Tornando a voi ha conquistato il cuore di tanti appassionati il vostro libero omaggio a David Bowie. Come siete arrivati a questa scelta?
“Noi cerchiamo sempre di alternare i nostri programmi, non ci è mai piaciuto seguire una sola caratteristica; abbiamo il nostro stile e la nostra impronta, ma in termini di scelta e creazione abbiamo sempre cercato di alternare programmi drammatici ad altri più leggeri o delicati. Quest’anno, dopo La La Land, abbiamo scelto di discostarci con delle musiche con una attitudine più rock: avevamo pensato ai Queen, gruppo che adoro e che adoriamo, ma era una scelta più banale. Abbiamo ascoltato molto musica degli anni ottanta, alla fine abbiamo costruito questo libero di cui siamo soddisfatti. Purtroppo paradossalmente ha pagato veramente in una sola occasione, dove tra l’altro eravamo acciaccati, agli Internationaux De France: lì abbiamo ottenuto il punteggio più alto della stagione nel segmento; ci dispiace abbandonarlo perché anche perché a causa di qualche piccolo errore non ha reso come doveva nelle altre gare, anche se, onestamente, agli Europei ci aspettavamo qualcosa in più“.
Con lo scioglimento di Jasmine Tessari-Francesco Fioretti il movimento della danza rischia di spezzare quella fiorente tradizione lunga oltre diciotto anni, iniziata proprio dalla vostra allenatrice Barbara Fusar Poli con Maurizio Margaglio. Che consiglio vi sentireste di dare ai danzatori azzurri del futuro?
“Nell’immediato sarà difficile vedere un cambio generazionale. Ci vorrà sicuramente tempo affinché un’altra coppia riesca a tornare ai risultati di questi ultimi vent’anni. Da qualche anno in questo senso si fa più fatica a trovare coppie altamente competitive fin dalle categorie giovanili. Bisogna partire dai ragazzini, quando si arriva a un certo punto se non metti dei mattoncini è complicato arrivare ad alti livelli: è anche vero che ci sono le eccezioni: noi ad esempio in campo Junior non abbiamo ottenuto chissà quali risultati, ma abbiamo comunque sviluppato delle qualità di base che ci sono servite una volta uniti. Dovremo quindi aspettare forse qualche anno ma siamo fiduciosi“.
La prossima stagione sarà cruciale in quanto quella pre olimpica. Avete degli obiettivi in particolare? Avete intenzione di mettere il focus su qualche elemento?
“Intanto speriamo di poter riprendere gli allenamenti prima possibile. La preoccupazione più grande è che l’Italia parta più tardi rispetto alle altre nazioni. Magari, ad esempio, in Canada potrebbero ripartire prima consentendo alla maggior parte delle coppie del mondo, visto che sono quasi tutte in stanza lì, di iniziare la preparazione alla nuova stagione prima di noi. Speriamo che questo non accada. Nel particolare non c’è nessun elemento da migliorare ma dobbiamo assolutamente trovare un modo per aumentare il punteggio nel GOE, fattore che soprattutto nel libero quest’anno non ci ha permesso di competere per il podio agli Europei. Per il resto non crediamo di avere delle carenze particolari da sviluppare“.
Effettivamente i GOE hanno fatto la differenza quest’anno, in molti casi anche più dei livelli…
“In particolare le coppie americane hanno avuto il merito di saper costruire programmi ad hoc per il sistema di punteggio sfruttando al massimo il grado di esecuzione, basta guardare i sollevamenti di Chock-Bates per capire. Il problema resta quello delle componenti del programma, lì ci sarebbe tanto da rivedere in quanto si verifica sempre una certa uniformità di giudizio in tutte le voci; le components dovrebbero essere svincolate dal punteggio tecnico, i giudici in questo senso faticano a dare dei punteggi differenti nelle varie componenti, soprattutto tra, ad esempio, skating skills e interpretazione“.
Nel salutarvi vorrei sapere, come già fatto con Alessia Tornaghi e Daniel Grassl, il vostro programma preferito della stagione, a prescindere dalla specialità.
“Non è facilissimo rispondere. Certi programmi magari ti rimangono impressi per come vengono eseguiti: alla Finale Grand Prix di Torino ad esempio Nathan Chen ha fatto una performance mostruosa, con una sequenza coreografica interessante, però ovviamente se vai a vedere meglio noti che, vuoi per i cinque quadrupli, il programma non è così ricco da diventare il tuo preferito. Però certamente ti rimane perché ti fai trascinare delle emozioni del momento e dalla prestazione. Se dobbiamo vedere il nostro campo, a livello semplicemente di idea o di costruzione, il libero di Chock-Bates è stato pensato molto bene. Bisogna quindi forse dividere nel ragionamento la costruzione del programma dalla performance. Delle coppie d’artistico invece abbiamo apprezzato particolarmente lo short di Wenjing Sui-Han Cong, loro sembrano una coppia di danza che fa artistico, cosa più unica che rara“.
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Foto: LaPresse