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Sport USA, Riccardo Pratesi: “La NBA proverà a concludere la stagione in ogni modo, NFL sotto shock per l’approdo di Brady a Tampa”

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Lo sport europeo è fermo, ormai da tempo. Chiunque, atleti, appassionati, addetti ai lavori e tifosi, sono in attesa di capire se la pandemia del coronavirus mollerà finalmente la presa e ci permetterà di tornare alla vita di tutti i giorni. Ma, come si suol dire, se Atene piange, Sparta non ride. Anche negli States, infatti, non se la stanno passando meglio. NBA, NFL, NHL e MLB sono ai box. Le prospettive, sociali e sportive, non sono certo rosee, anzi. Vale la pena quindi fare un quadro della situazione ben preciso. Con chi potremmo parlare di ciò che sta succedendo dall’altra parte dell’Oceano Atlantico? La scelta è ricaduta su uno dei massimi esperti dell’argomento e degli Stati Uniti in generale, ovvero Riccardo Pratesi, penna della Gazzetta dello Sport e autore del libro “30 su 30. Viaggio nelle arene NBA. I retroscena nelle parole dei protagonisti” (edito da Libreria dello Sport).

Riccardo, come l’Italia anche gli Stati Uniti sono stati travolti dallo “tsunami” del coronavirus. Come pensi che si stia affrontando l’emergenza nel Paese a Stelle e strisce? 

“Conosco bene quella Nazione, avendoci vissuto diversi anni per lavoro, ma non si può non valutarne la complessità. Stiamo parlando praticamente di un continente, per cui non è certo semplice gestire una pandemia su una scala così vasta. Non so se si possa dire che si siano fatti trovare impreparati, perchè di fronte ad una situazione simile, così difficile e senza precedenti, non penso che qualcuno abbia risposte rapide e esatte. Hanno visto l’avvio del caos con qualche settimana di ritardo rispetto a noi e temo che il picco sarà ancora lontano”. 

Una situazione talmente complicata che addirittura ha messo qualche granello di sabbia in un ingranaggio perfetto come è sempre apparsa l’NBA.

“Effettivamente l’impatto del COVID-19 sulla stagione è stato grottesco. Quando è trapelata la notizia della positività di Rudy Gobert prima abbiamo assistito al non-inizio del match tra i suoi Utah Jazz e gli Oklahoma City Thunder con i quintetti già in campo, quindi a qualche centinaio di chilometri di distanza la partita che si sarebbe dovuta disputare a Sacramento non ha preso il via per decisione dei giocatori. Ad ogni modo, penso che il commissioner Adam Silver avesse le mani abbastanza legate. Non sono un suo grandissimo estimatore, ma non credo potesse fare diversamente e quindi sospendere tutto. Anche il suo predecessore David Stern non avrebbe avuto la bacchetta magica in mano”.

Dopo questi presupposti, come potrebbe avvenire una ripartenza? Vedremo di nuovo una palla a due quest’anno o il 2020 della NBA sarà cancellato?

“Fino a qualche giorno fa ero molto scettico su una possibile ripresa della stagione ma, giorno dopo giorno, mi sono fatto l’idea che, in qualche modo, l’annata si concluderà. Nonostante la ben nota rigidità americana ed i loro consueti protocolli, non potranno che concludere il tutto, specialmente per una questione economica. Se si chiudesse all’11 marzo come ora, le perdite a livello di introiti sarebbero spaventose. Per cui penso che si troverà una soluzione per portare a termine la stagione, anche perchè non sarebbe facile convincere i giocatori a tagliarsi gli stipendi come sta avvenendo nel calcio europeo”.

Quale sarebbe lo scenario più praticabile per provare a concludere la stagione?

“Sicuramente la regular season sarebbe congelata e si passerebbe direttamente ai Play-offs, anche perchè nelle due Conference le prime otto appaiono già abbastanza delineate, per cui non ci dovrebbero essere problemi insormontabili. Dopodichè si inizierà a giocare e, ovviamente, lo si potrà fare solamente a porte chiuse. Presumibilmente, leggendo quello che scrivono negli States, tutti potrebbero giocare nello stesso luogo. Sarebbe scelta, quindi, una arena come Kansas City, Las Vegas o quella di Kentucky University per far disputare gli incontri. Le serie, a rigor di logica, passerebbero dal meglio delle 7 partite a 5, mentre le Finals rimarrebbero con la formula standard”.

La speranza di tutti, ovviamente, è che la pandemia si concluda e si possa davvero tornare a giocare, anche perchè questo 2020 si stava dimostrando quanto mai interessante.

“Fino allo stop stavamo vivendo un’annata intrigante dopo anni di dominio assoluto dei Golden State Warriors. Nella Western Conference eravamo in attesa del probabile derby di Los Angeles per decidere chi sarebbe andato alle Finals, in un duello ad altissimi livelli. Anche se i Lakers hanno a disposizione la migliore coppia del mondo, LeBron James e Anthony Davis, rimango dell’idea che i Clippers saranno i favoriti per il successo avendo una rosa lunghissima con due punte come Kawhi Leonard e Paul George che sui due lati del campo non temono nessuno. La squadra di coach Doc Rivers, inoltre, non ha la necessità che i suoi due fuoriclasse facciano sempre la differenza, avendo altre armi come Lou Williams o Montrezl Harrell dalla panchina che fanno paura. Ad Est ci sarà tanto equilibrio, con Giannis Antetokounmpo a guidare i lanciatissimi Milwaukee Bucks, ma chi uscirà trionfatore dal derby di LA penso che sarà anche campione a fine giugno o quando sarà, perchè si andrà ovviamente per le lunghe rispetto al previsto”.

Salutando la palla a spicchi e passando alla NFL, è notizia di pochi giorni fa la conferma che il Draft del 23-25 aprile si terrà comunque. Come si può valutare questa decisione?

“A differenza dei commissioner NBA, Roger Goodell ha spesso fatto danni e non è certo amatissimo dal pubblico americano, per usare un eufemismo. In questo caso, tuttavia, penso che abbia optato per una buona scelta, molto americana, passatemi il termine. Una sorta di “vogliamo ripartire nonostante tutto”. La tre-giorni di scelte si terrà a porte chiuse a Las Vegas in video conferenza e penso che sia stata la decisione più saggia, contando che a fine aprile gli States saranno ancora nell’occhio del ciclone”.

La Free Acency ci ha regalato una delle sorprese più grandi della storia recente, o forse di sempre. Tom Brady ha lasciato i New England Patriots per firmare con i Tampa Bay Buccaneers. 

“Mai avrei pensato che il sei volte vincitore del Super Bowl sbarcasse in Florida. Che potesse andarsene dai Patriots non lo si poteva certo dare come impossibile, ma pensarlo ai Bucs era davvero fantascientifico. Essendo lui nato a San Mateo, California, tutti pensavamo che si sarebbe voluto avvicinare a casa. Andare ai San Francisco 49ers era oggettivamente complicato, per cui tutte le strade portavano ai Los Angeles Chargers che avevano bisogno di un quarterback per ripartire. La scelta di Tampa mi ha davvero sorpreso. Ora non dovremo fare altro che gustarci questa nuova sfida”.

Il quarterback classe 1977 sarà in grado di caricarsi la sua nuova squadra sulle spalle?

“Non escluderei che sin subito sia in grado di portare la franchigia della Florida ai Play-offs della NFC. Rispetto agli ultimi anni a Boston avrà un reparto d’attacco davvero valido con due ricevitori di spessore e un running game solido. Tutto dipenderà dalla linea d’attacco. Se sarà in grado di proteggerlo, dato che è un QB stanziale, potrà davvero fare grandi cose, in una NFC South nella quale lo vedremo battagliare contro un’altra leggenda come Drew Brees. Ci attende una stagione davvero elettrizzante. Se l’NBA vivrà una era pre, e una post-positività di Gobert, anche la NFL sarà testimone della nuova era-Brady, nonostante ad agosto compirà 43 anni”.

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alessandro.passanti@oasport.it

Twitter: @AlePasso

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Foto: Lapresse

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