Precisione
Tiro a segno, Dario Di Martino: “Nel 2021 tornerò in forma e mi giocherò le Olimpiadi. Di Donna è un tecnico insostituibile”
L’estate scorsa era il “capitano” dell’Italia intera alle Universiadi di Napoli 2019, ora invece si è laureato e sta sfruttando questo periodo per tornare al meglio ed essere competitivo in quello che gli piace e riesce di più: sparare di pistola per la nazionale azzurra di tiro a segno.
La “rivoluzione” di Dario Di Martino è tutta qui, in una vita di adattamenti e riferimenti che vede la stella polare nell’obiettivo di partecipare prima o poi alle Olimpiadi. Di seguito l’intervista che lo shooter partenopeo del Centro Sportivo dei Carabinieri ci ha concesso.
Dario, partiamo in maniera inusuale dagli aspetti extrasportivi: in questo periodo cosa hai portato a termine?
“Ho completato il mio percorso di studi, come hanno fatto tanti ragazzi dell’Università, conseguendo la laurea triennale in economia aziendale. Successivamente a questo primo passo, in concomitanza con il prolungamento del periodo di lockdown, mi sono iscritto al corso magistrale di Management dello Sport che, in un futuro lontano visto che ora voglio continuare col tiro a segno, mi potrebbe consentire di intraprendere una carriera da dirigente in un qualsiasi sport”.
Parlando invece di tiro a segno: come impieghi le tue giornate?
“Non è facile. Trovare uno spazio di almeno 10m in casa per simulare l’azione di tiro è complicato. Al momento lavoro su scatti in bianco, alzate e qualche sessione al simulatore. All’inizio si pensava che quelle dell’isolamento fossero misure non lunghe e che saremmo tornami rapidamente ad allenarci nei nostri poligoni, invece non è stato così.
Mi alleno un paio di volte a settimana con la pistola, mentre le altre sessioni di preparazione le dedichiamo all’aspetto fisico e a quello psicologico. I tecnici federali ci hanno consegnato un programma di lavoro da rispettare ed eseguire nell’ambiente domestico; oltre a questo Valentina Turisini ha organizzato per noi delle videochiamate su Zoom col preparatore atletico. In pratica due volte a settimana riusciamo ad allenarci, come nazionale, tutti insieme e poi, personalmente, ci aggiungo delle videochiamate con la nostra psicologa”.
Facciamo un passo indietro a livello agonistico: non sei stato convocato per gli Europei a 10m che si sono tenuti a marzo in Polonia, ma probabilmente saresti rientrato nella rosa di tiratori che sarebbe andata a Plzen a giocarsi le ultime chance di qualificazione olimpica nel torneo continentale. Quando l’attività si è forzatamente interrotta a che punto eri del tuo percorso?
“Prima di tutto devo fare una premessa dicendovi che il livello di competitività nella nostra squadra di pistola è diventato molto alto. Fra uomini e donne siamo complessivamente in nove, sette di questi Under 25: aldilà della sola carta conquistata al momento grazie a Paolo Monna, il nostro comparto si sta comunque esprimendo su alti standard.
Al momento della disputa degli Europei ero probabilmente il quarto della gerarchia nel comparto maschile e infatti per Wroclaw non sono stato selezionato. Quando c’è stata poi la sospensione nessuno di noi poteva sapere con certezza chi sarebbe andato a Plzen a maggio: di certo l’arrivo di un pass olimpico per il nostro contingente ha modificato in positivo le cose.
Personalmente e paradossalmente questo blocco alle attività a me è servito, sto recuperando in vista del 2021: lo stato di forma nel quale mi trovavo non so se mi avrebbe consentito di presentarmi sulle linee di tiro e lottare per una carta. Questo 2020 lo prendo come una sorta di anno zero, una ripartenza. Voglio tornare a mettere in difficoltà i tecnici nelle scelte relative alle convocazioni”.
Ormai è ufficiale da qualche anno, ma nei mesi che avrebbero dovuto precedere le Olimpiadi ovviamente se n’era tornato a parlare: l’esclusione della pistola libera dal programma a Cinque Cerchi è un po’ una ferita aperta per la nostra nazionale?
“Sì, sia dal punto di vista tecnico sia dal punto di vista mentale. Io e Giuseppe Giordano in quella gara ci esprimevano al massimo e il fatto di poter competere sia dai 10m sia dai 50m ci consentiva anche di essere più tranquilli: voleva dire avere sempre una seconda chance qualora si sbagliasse l’approccio a una delle due gare. In uno dei due contest eravamo sempre competitivi, ora invece abbiamo ancor più pressione ma devo dire che con il lavoro fatto progressivamente in raduni talvolta anche molto lunghi e pesanti siamo migliorati. Il risultato di Paolo Monna è frutto di quello che vi ho spiegato”.
Cinque carte prese per la partecipazione a Rio 2016 e già cinque carte incamerate in vista di Tokyo 2021, con la possibilità di aumentare il contingente: il dopo Campriani, che qualcuno aveva definito molto difficile, forse è stato gestito meglio di quanto si credesse…
“Dietro le figure più esperte del movimento come Marco De Nicolo ad esempio, siamo arrivati noi giovani: in nazionale maggiore ora c’è praticamente la squadra juniores di cinque anni fa. Sappiamo che c’è da migliorare e lavorare, ma ci sentiamo consapevoli della nostra forza: abbiamo fiducia in quello che stiamo facendo. Nei miei dieci anni di Italia, fra categorie giovanili e seniores, non mi sono mai trovato a far parte di un roster così forte”.
Adesso facciamo un passo indietro al 2019: Universiadi, Napoli. Sei stato il padrone di casa nella tua città, in particolare nella cerimonia d’apertura dell’evento,vincendo poi anche la medaglia di bronzo nel Mixed Team dai 10m.
“Se ci ripenso mi vengono ancora i brividi dall’emozione. Ho tanti ricordi. Lo spettacolo è stato unico. L’idea di entrare al San Paolo sapendo di avere sugli spalti migliaia fra amici, familiari e conoscenti: eccezionale.
La vittoria della medaglia mi ha dato un’emozione indescrivibile. C’era un tifo davvero da stadio. Ad ogni tiro il poligono tremava. I miei amici erano scatenati in tribuna. Sparare in quelle condizioni è stato strano, nuovo e dieci volte più difficile rispetto ad una gara normale: una fatica. A un certo punto ho pregato di non svenire dalla tensione.
Penso che per il tiro a segno quella sia stata una pubblicità incredibile: siamo riusciti a far venire un sacco di gente ad assistere alla gara; anche gli spettatori che erano a Napoli negli impianti adiacenti sono accorsi, trascinati da un tifo straordinario”.
Ora proiettiamoci invece nel 2022: come vedi la tua carriera fra un paio d’anni?
“Il primo target resta quello di poter partecipare a un’Olimpiade, poi non so se sarà Tokyo o Parigi nel 2024. E’ ovvio che mi sono dato degli obiettivi, anche se so che la carriera di uno sportivo vive anche di alti e bassi. Lo stop che è arrivato non fa sicuramente piacere a nessuno, ma vedendone il bicchiere mezzo pieno devo dire che mi consentirà di recuperare il terreno perso. Se prima avevo il 15% di possibilità di andare in Giappone, alla ripartenza penso di potermi appaiare agli altri”.
Dario, torniamo a parlare di protagonisti nei poligoni: fra i tiratori di pistola del passato qual è il tuo riferimento?
“Roberto Di Donna ha accompagnato, come tecnico, quasi tutto il mio percorso nell’ultimo decennio: sia quando ero fra gli juniores sia ora che sono fra i seniores. E’ uno dei due mostri sacri che lavora con la UITS a cui aggiungere Ralf Schumann, con cui ho avuto il privilegio di lavorare quando mi sono affacciato alla pistola automatica da 25m.
Nel poligono di Napoli, da cui provengo, si è sempre parlato di Di Donna e fortunatamente la mia carriera si è sempre affiancata alla sua persona: in questi anni ho avuto di tempo per “rubargli” qualche trucco. Mi auguro ci guidi ancora a lungo, al momento mi sembra una figura insostituibile e necessaria al completamento totale della nostra crescita”.
Ultima domanda: prima il passato, ora il presente. Quali sono, fra i tuoi colleghi attuali, due tiratori ai quali guardi con ammirazione?
“Agli ultimi Europei abbiamo visto che il russo Artem Chernousov in questo momento è fortissimo. A maggio del 2019 abbiamo fatto un raduno con la nazionale russa a Mosca e posso dirvi che la sua forza principale è quella di replicare in gara ciò che produce in allenamento: la costanza è il suo punto di forza. E’ mostruoso.
Al femminile invece, dove ormai stanno raggiungendo gli standard maschili in tutto e per tutto, non posso non citare la greca Anna Korakaki.”
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michele.cassano@oasport.it
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Foto: UITS