Biathlon
Biathlon, l’oro olimpico “dimenticato” dell’Italia nella gara a pattuglie dimostrativa di Garmisch-Partenkirchen 1936
Tutti gli appassionati di sport sanno che la prima medaglia d’oro italiana nella storia dei Giochi olimpici invernali è stata conquistata nel 1948 da Nino Bibbia, vincitore nello skeleton. Almeno ufficialmente, perché in realtà esiste un trionfo “apocrifo” nell’anteguerra. Parliamo della gara di pattuglia militare andata in scena nell’edizione di Garmisch-Partenkirchen 1936, quando però la prova era inserita nel programma a Cinque cerchi esclusivamente come competizione dimostrativa. Andiamo a rivivere la storia di quel successo che, nonostante non possa essere considerato ufficialmente, fece molto scalpore e rimane un pezzo di storia negli sport invernali azzurri.
La pattuglia militare può essere tranquillamente ritenuta la prima espressione del biathlon. La gara è parte integrante del programma olimpico dell’edizione inaugurale di Chamonix 1924, tuttavia a St.Moritz 1928 viene declassata a disciplina dimostrativa, venendo poi totalmente esclusa da Lake Placid 1932. All’epoca la prova teneva davvero fede al suo nome e prevedeva un rigido protocollo. Veniva disputata da squadre composte da quattro uomini, che dovevano rigorosamente essere un ufficiale, un sottoufficiale e due soldati. Durante il percorso era prevista una prova di tiro, alla quale partecipavano tre componenti. L’ufficiale, infatti, portava con sé solamente una pistola e non sparava, mentre gli altri componenti della pattuglia erano armati di fucile e dovevano peraltro portare un pesante zaino. Ai Giochi olimpici di Chamonix la competizione si disputa sulla lunghezza dei 30 km di sci di fondo e “il poligono” è posto esattamente a metà strada. Gli atleti devono sparare 18 colpi a un bersaglio collocato a 250 metri di distanza e ogni centro comporta un abbuono di 30 secondi rispetto al tempo finale. In quell’occasione vince la Svizzera, davanti alla Finlandia e alla Francia. Poi, come detto, la disciplina subisce il declassamento e l’esclusione.
Tuttavia, ai Giochi di Garmisch-Partenkirchen 1936, la gara di pattuglia militare torna a far parte del programma a Cinque cerchi. Leggenda vuole che il Cio, dopo averla cancellata poiché la riteneva obsoleta, avesse accettato di includerla nelle Olimpiadi tedesche quantomeno come disciplina dimostrativa dopo un’espressa richiesta di Adolf Hitler in persona. I connotati della gara cambiano rispetto a dodici anni prima. La lunghezza viene ridotta a 25 km e la prova di tiro viene radicalmente modificata. Ogni tiratore dovrà sparare a un palloncino posto a 150 metri di distanza, avendo a disposizione 5 colpi per farlo scoppiare. Ogni palloncino intatto al termine della prova di tiro, comporterà una penalizzazione di tre minuti sul tempo finale.
La prova comincia di prima mattina e le varie squadre partono a distanza di novanta secondi le une dalle altre. Il pubblico è folto, poiché nello stadio sono presenti ben 10.000 persone, le quali sperano di assistere a un trionfo della Germania padrona di casa. Infatti, vista l’assenza della Norvegia, i tedeschi sono i favoriti assieme alla Finlandia e alla Svezia. Tra le pretendenti al successo non è considerata l’Italia, la cui composizione è la seguente. L’ufficiale è il capitano Enrico Silvestri, vincitore del Trofeo Mezzalama 1935 e alla seconda esperienza olimpica, avendo già guidato il quartetto azzurro nella competizioni dimostrativa di St.Moritz 1928. Il sottoufficiale è il sergente Luigi Perenni, nato come Alois Prenn quando la Val Pusteria era ancora parte dell’Impero austro-ungarico e il cui nome è stato italianizzato dopo il cambiamento di sovranità sull’Alto Adige. I due soldati sono Sisto Sciligo, il quale ha partecipato ai Mondiali di sci di fondo nel 1933, e Stefano Sertorelli, fratello maggiore di Erminio (fondista, portabandiera dell’Italia a Lake Placid 1932) e di Giacinto (che nello sci alpino avrebbe vinto la medaglie d’argento iridata nella discesa libera sia nel 1936 che nel 1937).
Per informare gli spettatori nello stadio, è stato creato un sistema di checkpoint dove ogni cronometrista è collegato agli altoparlanti tramite un sistema telefonico. Un autentico live-timing ante litteram! Sin dai primi intertempi si nota come i valori in campo non siano quelli attesi. La Finlandia procede spedita e inizia a costruire un vantaggio abissale su quasi tutte le avversarie. In seconda posizione, seppur con un importante distacco, c’è l’Italia, mentre Svezia e Germania sono già distanti. Con il passare dei chilometri diventa evidente come solo gli azzurri siano in grado di impensierire i finnici, ma soprattutto ci si rende conto di come gli italiani guadagnino in maniera sensibile nei tratti di discesa. Il vantaggio dei nordici inizia a calare e poco dopo metà percorso il capitano Eino Kuvaja, realizzando che la vittoria è in pericolo, arriva addirittura a imbracciare il fucile e a caricarsi sulle spalle lo zaino di un compagno di squadra, il quale ha dei problemi fisici. Nella seconda parte del percorso è infatti prevista una ripidissima discesa, durante la quale gli azzurri sono dei proiettili. All’intertempo posto a cinque chilometri dal traguardo, l’Italia ha ribaltato la situazione ed è in vantaggio di un minuto rispetto alla Finlandia!
Mancano però ancora 5.000 metri all’arrivo. La tensione si taglia con il coltello e la domanda che tutti si fanno è se i battistrada riusciranno a difendere il margine accumulato. I finlandesi giungono all’arrivo e aspettano trepidanti. Quando anche gli italiani tagliano il traguardo, il responso cronometrico è inequivocabile. L’Italia ha mantenuto 14 secondi di vantaggio e ha conquistato la medaglia d’oro! Il bronzo va alla Svezia, staccata di quasi sette minuti. La Germania, che ha incredibilmente avuto grossi problemi con i materiali, non va oltre la quinta piazza. Chiaramente l’inaspettato successo azzurro fa scalpore a e ottiene grande risalto sulla stampa dell’epoca. I quattro componenti della pattuglia, oltre alla medaglia, ricevono un premio di 30.000 lire a testa (all’incirca 32.000 euro odierni) su ordine diretto di Benito Mussolini.
Dunque tutti ricordano, giustamente, Nino Bibbia come il primo italiano capace di vincere un oro olimpico invernale. Tuttavia, quando lo si cita, non ci si dovrebbe mai dimenticare neppure Enrico Silvestri, Alois Prenn, Sisto Sciligo e Stefano Sertorelli, i quali sono riusciti a trionfare in un contesto olimpico che, seppur non sanzionato ufficialmente dal Cio, venne vissuto come tale dagli organizzatori e dal pubblico.
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Foto: Pet. Cremer, dominio pubblico