Formula 1
Budget Cap e limiti allo sviluppo per chi vince: la F1 cerca sempre più di ricalcare il modello americano
È ormai risaputo come sia stato deciso un radicale cambio di filosofia all’interno della Formula 1. Le parole chiave di questi giorni sono “Budget Cap”, ovvero un tetto massimo di spesa per ogni team, e soprattutto “Balance of Performance”, cioè una serie di misure atte a cercare di ridurre le differenze di prestazioni tra le varie monoposto, consentendo più ore di ricerca e sviluppo in galleria del vento a chi è peggio classificato nel Mondiale costruttori.
D’altronde Liberty Media, proprietaria della Formula 1 ormai dall’autunno 2016, è una corporation americana. Dunque non sorprende che voglia applicare un’impostazione Stars&Stripes al prodotto che ha acquistato, soprattutto se ritiene che sia necessaria per renderlo più appetibile. In effetti i numeri del “Circus” nell’era turbo-ibrida, cominciata nel 2014, sono eloquenti. La Mercedes ha vinto il 73,6% dei Gran Premi disputati nelle ultime sei stagioni, conquistando tutti i titoli mondiali messi in palio, il più delle volte senza avere una reale avversaria. E le vittorie mancate dalle Frecce d’Argento, come sono ripartite? Il 14,0% è andato alla Ferrari, il 12,4% alla Red Bull. Fine. Insomma, lo scenario della Formula 1 2014-2019 parla di una sola attrice protagonista, due “spalle” e tante (troppe) comparse. Un film piuttosto monotono. Chiaro che Liberty Media voglia smuovere le acque, poiché non c’è nulla di più stucchevole di uno spettacolo dal finale già scritto.
Attenzione, non è certo una novità assoluta vedere la dirigenza della Formula 1 cambiare le carte in tavola allo scopo di azzerare una supremazia troppo marcata. Anzi, durante la presidenza Fia di Max Mosley si è più volte agito in tal senso. A inizio anni ’90 si decise di bandire le sospensioni attive e qualsiasi aiuto elettronico alla guida per frenare il dominio della Williams-Renault, mentre al principio del XXI secolo si stravolsero a ripetizione le regole per arginare la dittatura Ferrari. Quello che cambia rispetto al passato sono la modalità di intervento e la soluzione proposta. Nei due casi appena citati, i “padroni del vapore” optarono per eliminare la ragione della superiorità di un team calando il diktat dall’alto. Oggi ci si è mossi di comune accordo con i team e, soprattutto, non si è deciso di riscrivere da capo a piedi il regolamento sportivo, bensì di sposare la filosofia statunitense.
Infatti nelle leghe degli sport americani più seguiti (NFL, MLB, NBA e NHL) è prassi consolidata avere un “budget cap” o, quantomeno, una “luxury tax”, ovvero misure che mirano a livellare la spesa di tutti gli attori in scena. Al tempo stesso, ogni anno le squadre più deboli vengono avvantaggiate in ottica futura, poiché sono i team peggiori della stagione precedente a poter chiamare per primi nel “draft”, avendo così la possibilità di accaparrarsi i giovani talenti più promettenti. Il “BoP aerodinamico” è la versione motoristica di questo sistema, poiché consentirà alle scuderie peggio classificate nel Mondiale costruttori di lavorare maggiormente in galleria del vento. L’obiettivo è ovviamente quello di garantire un perenne rimescolamento dei valori in campo.
La domanda è: il modello funziona? Prendiamo in considerazione gli ultimi dieci anni nelle leghe sopraccitate, denominate “Big Four”, proprio perché le più ricche e più seguite.
MLB (Baseball): 7 campioni differenti, nessuno ha vinto per due anni di fila.
NBA (Basket): 7 campioni differenti, due sequenze di due titoli consecutivi.
NFL (Football): 8 campioni differenti, nessuno ha vinto per due anni di fila.
NHL (Hockey): 6 campioni differenti, una sequenza di due titoli di fila.
Nello stesso periodo (un decennio) in Formula 1 abbiamo avuto solo due team in grado di vincere mondiali, con una sequenza di quattro titoli consecutivi firmata dalla Red Bull, seguita da quella attuale di sei ancora in corso della Mercedes.
Ora, è vero che nel Circus ci sono dieci team, mentre le suddette leghe comprendono una trentina di squadre, tuttavia la discrepanza è evidente. L’obiettivo di Liberty Media è quantomeno quello di avere alternanza tra almeno tre squadre in grado di vincere il Mondiale, senza creare autentici “regni”. Al tempo stesso, si cercherà di ridurre il gap tra i tre top team e il resto del gruppo, in maniera tale da aumentare il numero di scuderie in grado di ambire quantomeno alle vittorie di tappa.
È questa la strada per tornare alla Formula 1 di un passato ormai lontano, quando nell’arco della stessa stagione si potevano vedere anche cinque o sei monoposto differenti vincere una gara e piloti di almeno tre team diversi lottare per il titolo? La speranza è proprio questa, ovvero che il “modello americano” possa ridare un po’ di incertezza a un Circus diventato sin troppo prevedibile.
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paone_francesco[at]yahoo.it
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Foto: La Presse