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Calcio, Gian Piero Gasperini: “Ho avuto il Covid-19 e ho temuto di morire, l’Atalanta può aiutare Bergamo a ripartire”

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Ormai tutto è ufficiale: la Serie A di calcio riprenderà il proprio percorso dal 20 giugno e cercherà di terminarlo il 2 agosto. Le incognite non mancano per via del pericolo dei contagi, che potrebbe portare alla quarantena obbligatoria di 14 giorni per una squadra e quindi a dover trovare delle soluzioni alternative. I piani B e C sarebbero l’adozione dei playoff e dei playout, oppure il congelamento della graduatoria generale come in Francia e l’assegnazione delle posizioni secondo un algoritmo, come spiegato ieri dal presidente della Figc Gabriele Gravina, intervistato da Sky Sport.

In questo contesto, l’Atalante sarà tra i club a dover scendere in campo nella scadenza citata, per recuperare il match non disputato sul finire di febbraio contro il Sassuolo. Gli uomini di Gian Piero Gasperini, reduci dalle imprese in Champions League (qualificazione ai quarti di finale), cercheranno di riprendere il filo del discorso, ma non sarà affatto facile. Quanto è accaduto a Bergamo è storia nota e anche le proteste di queste ultime ore dei tifosi circa la ripresa del campionato descrivono un quadro non semplicissimo.

Gasperini, in una lunga intervista concessa alla Gazzetta dello Sport, ha fatto delle rivelazioni di non poco conto su quanto è accaduto nelle ultime settimane: “Era il 10 marzo. Il giorno prima della partita di Valencia stavo male, il pomeriggio della partita peggio. Le due notti successive a Zingonia ho dormito poco. Non avevo la febbre, ma mi sentivo a pezzi come se l’avessi avuta a 40. Lì vicino c’è un ospedale, e ogni due minuti passava un’ambulanza. Sembrava di essere in guerra. Di notte pensavo: ‘Se vado lì dentro, cosa mi succede? Non posso andarmene ora, ho tante cose da fare’. Lo dicevo per esorcizzare, ma lo pensavo davvero. Poi sabato 14 ho fatto un allenamento duro come non ricordavo da anni. Un’ora sul tapis-roulant, più di 10 km di corsa. Mi sono sentito bene, forte, il peggio era passato. Il giorno dopo a Zingonia sono arrivate 25 colombe e Dom Perignon del 2008. Lo assaggio e dico: ‘Ma questa è acqua’. E la colomba mi sembrava pane. Avevo perso il gusto. Sono rimasto tre settimane a Zingonia, poi a casa ho rispettato il distanziamento da moglie e figli. Senza febbre non ho mai fatto il tampone, ma dieci giorni fa il test sierologico ha confermato che ho avuto il Covid-19“, l’ammissione del tecnico della Dea.

Tuttavia, l’allenatore nerazzurro, nonostante il rischio corso, ritiene che il ritorno in campo possa dare dei benefici alla città e all’Italia: “L’Atalanta può aiutare Bergamo a ripartire, nel rispetto del dolore e dei lutti. Tutti i giocatori sono rimasti in città, la squadra è rimasta connessa con la sofferenza di Bergamo e la porterà in campo. Sarà una forza in più. Mi aspetto quell’energia in Champions, la città merita una gioia fuori dal comune. I ragazzi hanno lavorato tanto e bene a casa, ora hanno voglia di giocare, e sappiamo che l’elemento più positivo è lo spirito. Sono orgoglioso di questa Atalanta. Troppe persone hanno remato contro la ripresa del calcio, dimenticando il suo valore economico e sociale. Molti hanno frenato dall’interno, e c’è stato troppo livore da altri sport. Ma il calcio è bello e piace: colpa sua? Esiste una legge di domanda e offerta. Il calcio è l’unico che ti dà un coinvolgimento così forte, un orgoglio di appartenenza quotidiano“, le sue considerazioni.

E poi sul dover giocare senza pubblico e le cinque sostituzioni, il parere è molto chiaro: “In uno stadio vuoto è più difficile restare concentrati,  ma è l’unico modo per ripartire. Servirà più attenzione. I cinque cambi? È una pessima idea, snatura la partita. Così diventiamo basket. Nel finale di partita ci possono essere in campo dieci giocatori nuovi, è come permettere di cambiare motore a metà GP. Ci rimette lo spettacolo. Nel finale le squadre si allungano, si scoprono, viene disinnescato il merito delle squadre meglio preparate che vincono alla distanza. Meno infortuni così? Non so. Meglio se si fosse applicata l’idea di Galliani: partite più diluite e campionato finito dopo l’estate. I tempi c’erano“.

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Foto: LaPresse

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