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Calcio, la FIGC si adegua al DPCM, ma non getta la spugna. Tanta confusione e demagogia, serve chiarezza

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Sono sospesi gli eventi e le competizioni sportive di ogni ordine e disciplina, in luoghi pubblici o privati fino al 14 giugno“. Il DPCM del 17 maggio firmato dal Premier Giuseppe Conte prevede questo, la Figc ha risposto presente e ha accettato il provvedimento che vieta appunto l’organizzazione di incontri fino al 14 giugno.

Tutto finito? Neanche per sogno. Si potrebbe comunque riprendere il 13 giugno, ma servirà una deroga. Volendo fare un esempio a noi vicino, dal punto di vista geografico, in Francia c’è il divieto per gli eventi sportivi fino al 1° settembre, ma il Tour de France inizierà il 29 agosto (grazie a una deroga governativa). Come riportato dal Corriere dello Sport ieri, ci sono state delle rassicurazioni per le società a riguardo. Il Governo di fatto è in attesa di ulteriori dati sui contagi prima di prendere una decisione a riguardo ed eventualmente effettuare una modifica che possa consentire al calcio di riprendere.

Vero è che restano alcuni nodi ben chiari sul protocollo:

  • Ritiro prolungato per i calciatori
  • La quarantena obbligatoria per tutta la squadra in casa di un solo positivo
  • La responsabilità dei medici sociali

Secondo quanto riportato ieri da La Gazzetta dello Sport, Lega e Figc avrebbero confezionato un nuovo protocollo i cui capisaldi sono i seguenti:

  1. Più controlli (tamponi), uno ogni quattro giorni.
  2.  Non ci sarà un ritiro blindato a casa, ma i soggetti appartenenti al gruppo squadra dovranno raggiungere il luogo di allenamento e far ritorno al domicilio al termine dell’allenamento con mezzi propri e rispettando le misure adeguate. Dovranno essere evitati, per quanto possibile, gli autisti. Tutti i soggetti interessati dovranno essere dotati dei dispositivi di protezione (mascherine, guanti ad esempio). Tutto questo per attenuare le responsabilità del medico sociale, il quale sarà invece coinvolto nella fase di allenamento.
  3. Positivo isolato, altri componenti del gruppo verranno sottoposti ad “isolamento fiduciario” presso una struttura concordata. Vi saranno un controllo clinico da parte del medico sociale, con l’esecuzione di tampone (anche rapido) ogni 48 ore per 2 settimane, ed esami sierologici da effettuarsi la prima volta all’accertata positività e da ripetersi dopo dieci giorni, o secondo periodicità o ulteriore indicazioni del Comitato tecnico scientifico. Nessun componente del gruppo potrà avere contatti esterni, pur consentendo di proseguire gli allenamenti.

A questo punto la palla passa all’esecutivo ed è venuto il momento di scegliere. In questi giorni si è letta tanta demagogia contro il calcio, dipinto come una realtà privilegiata, ma ignorando l’importanza ricoperta dal punto di vista sociale ed economico. Una rilevanza che ha portato in Germania, ad esempio, a far ripartire la Bundesliga. Lo stesso discorso, stando alle ultime informazioni, riguarderebbe anche la Spagna e l’Inghilterra. In sostanza i maggiori campionati europei hanno detto “Sì” e l’Italia? La risposta, per l’appunto, non è chiara.

I tentennamenti del ministro dello Sport Vincenzo Spadafora e anche le posizioni ondivaghe di alcuni dirigenti di club hanno alimentato un polverone. Il Presidente del Consiglio Conte ha parlato in questa fase di “rischio calcolato” e il calcio vi potrebbe rientrare per la valenza che ha in termini di terza industria del Paese, ma si ha paura di pagare il prezzo. In un contesto così problematico, il vero ‘vaccino’ è l’equilibro, evitando gli eccessi tra privilegi e moralismi.

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giandomenico.tiseo@oasport.it

Twitter: @Giandomatrix

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Foto: LaPresse 

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