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Ciclismo, Andrea Piccolo: “I risultati delle gare virtuali poco veritieri. Sogno Tour de France e Liegi”

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Andrea Piccolo è uno dei prospetti italiani più quotati per quanto concerne il ciclismo su strada. In due stagioni da juniores ha vinto quasi trenta gare, incluso un campionato d’Europa a cronometro. Nel 2020 ha iniziato la sua avventura tra gli U23, ma, come tutti i suoi colleghi, è ora costretto ai box per via dell’emergenza sanitaria. Con Andrea abbiamo discusso di questo momento difficile e delle ripercussioni che esso avrà sul movimento giovanile, dei suoi successi nelle passate stagioni e di quali corse sogna un giorno di vincere.

Andrea, innanzitutto volevo chiederti come stai vivendo questa quarantena e come ti stai allenando?

“Non sto facendo allenamenti specifici in questo momento, non avendo una data certa per quanto riguarda la ripresa delle gare, con la squadra e con il mio preparatore, abbiamo deciso di non forzare troppo. Ritmi troppo intensi, ora come ora, rischiano di essere dannosi. Mi limito a fare dei lavori per mantenere una buona condizione”.


Un argomento molto in voga in questo momento è quello delle gare virtuali: tu che idea ti sei fatto a riguardo? Per caso hai preso parte a qualcuna di esse?

“Sì, ho preso parte a una corsa virtuale di recente. Devo dire che questo tipo di manifestazioni ha lati positivi, ma anche negativi. Sicuramente è utile potersi misurare con gli altri, poiché questo ti permette di testarti meglio e dare quel qualcosa in più che in allenamento non daresti. D’altro canto, però, in questo genere di competizioni dipende tutto dal rapporto peso/potenza e chi vi partecipa può inserire dati falsi, al solo scopo di andare più forte, senza che il server se ne renda conto. Inoltre, non tutti usano lo stesso tipo di rullo e anche questo incide sui valori in campo. I risultati, dunque, sono decisamente poco veritieri“.

Davide Cassani ha proposto di congelare tutte le categorie antecedenti al professionismo, inclusi gli U23 di cui fai parte, fino all’inizio della prossima stagione. Ti piace quest’idea o preferiresti tornare a gareggiare sul finire dell’estate?

“Quella di Davide è indubbiamente un’idea interessante. Bisogna trovare il modo di tutelare soprattutto quei ragazzi che sono al secondo anno da juniores e al quarto da U23, cioè coloro che l’anno prossimo dovrebbero cambiare categoria. In questo momento per loro il passaggio al livello successivo è molto complicato anche se si tornasse a correre a fine anno, poiché le occasioni per mettersi in mostra sarebbero poche. Oltretutto, molte squadre quest’anno sono state fortemente danneggiate dalla crisi economica che la pandemia si è portata appresso e, quindi, la situazione in ottica 2021 è molto incerta e parecchi sodalizi difficilmente faranno una campagna acquisti sostanziosa. Tuttavia, temo che sia difficile attuare la proposta di Davide poiché avrebbe ripercussioni anche nella stagioni seguenti”.

Parliamo un po’ di te: ci racconti come e quando hai iniziato a correre e la tua carriera fino agli juniores?

“La passione per il ciclismo, per quello che mi riguarda, è nata quando ero piccolissimo. Me l’hanno trasferita mio fratello e mio padre che correva in mountain bike. Ho iniziato con i giovanissimi, ma per anni alla bici ho affiancato un altro sport. Ho giocato sia a calcio che a basket. Da bambino tenermi fermo era molto difficile. Ho scelto di dedicarmi solo al ciclismo quando sono passato tra gli esordienti. Per cominciare a vincere tanto, però, ho dovuto aspettare la seconda annata da allievo”.

E veniamo a questo biennio tra gli juniores che ti ha consacrato: tu sei andato fortissimo già al primo anno, i grandi risultati si sprecano. Uno, però, spicca: il podio ai Mondiali a cronometro di Innsbruck. Ci racconti un po’ quella giornata?

“A me le prove contro il tempo piacciono tantissimo e mi sono sempre trovato a mio agio sulla bicicletta da cronometro. Dunque, sognavo di fare un bel risultato al Mondiale già da un po’. Dopodiché quel giorno non avevo pressioni addosso, dato che tutti gli occhi erano puntati su Remco Evenepoel, e le sensazioni erano molto buone. Volevo dimostrare il mio valore e ho dato tutto quello che avevo”.

Nel 2019 hai conquistato ben 15 gare e sei stato uno dei fari della categoria. Ci sono tre successi tuoi in particolare dei quali ti voglio chiedere un breve racconto: l’oro europeo a cronometro, il trionfo nella classifica generale del Giro della Lunigiana, al termine di un duello spettacolare con il tedesco Marco Brenner, e l’impresa sul Sestriere al GP Nino Defilippis.

“L’Europeo a cronometro era uno dei miei obiettivi principali. Ci tenevo tantissimo e l’avevo preparato allenandomi in altura. Penso sia stato uno dei migliori giorni della mia carriera, andavo forte come non mai. Il Lunigiana, invece, era sì una manifestazione che avevo nel mirino, ma anche una gara a cui prendevo parte per rifinire la condizione in vista del Mondiale. Ho corso all’attacco sin dal primo giorno e mi sono trovato da subito in lizza per il successo finale con Brenner. Lui ha vinto tre delle cinque frazioni in programma, ma nella tappa più dura, la Casette-Casette di Massa, sono riuscito a staccarlo. Sapevamo che aveva poca esperienza in competizioni così lunghe, dato che era al primo anno da juniores, e, inoltre, avevamo notato che era fortissimo negli sforzi brevi di 10/15 minuti. Così, abbiamo deciso di attaccarlo da lontano per vedere se in una giornata tirata dall’inizio alla fine riusciva a essere altrettanto brillante. Tra italiani ci eravamo alleati per provare a detronizzarlo dalla testa della classifica. Preferivamo giocarcela tra di noi. Così al mattino molti corridori forti, come Antonio Tiberi, Alessio Martinelli e Giosuè Crescioli, sono andati in fuga. Ci eravamo accorti che lui curava solo me e per questo ha lasciato andare gli altri e si è trovato ben presto tra due fuochi. A 40 chilometri dal traguardo ho visto che non era più brillante e sono scattato sulla salita della Foce. Lui è andato in crisi e sono riuscito a guadagnargli oltre tre minuti. Passando al GP Nino Defilippis, devo dire che è stato uno dei trionfi più inaspettati per me. Tornavo dai Mondiali su pista e non avevo la più pallida idea di quale fosse il mio stato di forma. Alla riunione della squadra avevo detto al direttore sportivo di non contare su di me. Dopo un chilometro dall’inizio della salita sul Sestriere, durante la gara, ho portato il mio attacco. Non ero troppo convinto, ma sono riuscito a guadagnare immediatamente un po’ di margine. A un certo punto dietro hanno iniziato a guardarsi e da quel momento il mio vantaggio è salito vertiginosamente fino a superare i quattro minuti sui primi inseguitori”.

Proiettandoci verso il futuro: qual è la corsa che sogni un giorno di vincere?

“Per quanto riguarda le corse a tappe ti dico il Tour de France. Il cuore, essendo io italiano, propende per il Giro d’Italia, ma trovo che la Grande Boucle abbia un fascino unico. Tra le gare in linea, invece, quelle che mi stuzzicano di più sono la Liegi-Bastogne-Liegi e l’Amstel Gold Race”.

luca.saugo@oasport.it

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Twitter: @LucaSaugo

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Foto: Twitter FCI

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