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Ciclismo
Davide Cassani: “Senza il Giro d’Italia manca qualcosa. Nibali può vincere le Olimpiadi, Ganna in 2-3 anni si giocherà le classiche, Ciccone cresce bene”
Che maggio è senza il Giro d’Italia? Un mese triste, malinconico, ferito dal susseguirsi di drammatiche notizie che ci inseguono ogni giorno. La gioia della competizione più amata ha lasciato il posto ad un incubo che attanaglia l’Italia ed il mondo da ormai tre mesi. Eppure proprio il ciclismo e lo sport, fissando delle linee ben precise per la ripartenza, ci lasciano intravedere finalmente una luce in fondo al tunnel. Anche solo pensare ed immaginarsi le corse infonde nell’animo una sensazione di normalità, che vorremmo afferrare con tutte le nostre forze. Presto torneremo a raccontare con passione il grande ciclismo, di sicuro con un sentimento di amore ancora maggiore. E proprio delle future competizioni abbiamo parlato con Davide Cassani, commissario tecnico della Nazionale italiana.
Un mese di maggio senza il Giro d’Italia per la prima volta nelle nostre vite: una brutta sensazione.
“E’ un qualcosa che manca. Maggio per me, dal 1982, era il Giro d’Italia. Dapprima come corridore, poi commentatore in tv e infine come commissario tecnico. Mi sembra così strano senza il Giro d’Italia, manca qualcosa“.
Il nuovo calendario ha penalizzato il Giro d’Italia, che si svolgerà in contemporanea con le classiche del Nord e la Vuelta. La Corsa Rosa meritava maggiore rispetto?
“E’ stato un dispiacere, perché il Giro d’Italia è una delle corse più importanti al mondo e con quelle concomitanze perde un po’ di valore. Anche se, bisogna ammettere, stringere un calendario in 45 giorni, quando era spalmato in 8-9 mesi, non è semplice. Però non si sa mai, potrebbe diventare ancora più bello, interessante e incerto“.
Se tutto, come ci auguriamo, dovesse andare bene, si correrà ininterrottamente da inizio agosto ad inizio novembre. Occorrerà selezionare gli obiettivi: si aspetta delle sorprese e, magari, dei valori in campo stravolti?
“Sarà una stagione veramente particolare. Ad agosto ci saranno alcune classiche, poi comincia il Tour, poi il Giro, le classiche in concomitanza, alla fine la Vuelta. Per le squadre sarà davvero complicato formare le rose e puntare a determinati obiettivi. E quindi potremo vedere dei risultati sorprendenti, anche se a giocarsi i risultati più importanti saranno sempre gli stessi corridori. Se riusciremo a partire, saranno tre mesi molto intensi. Anche il calendario italiano è molto interessante: ad agosto ci saranno 9-10 giorni di gara, in settembre addirittura 15. Vuol dire che in Italia ci saranno tante gare: questo potrebbe portare tante squadre a trasferirsi qui per gareggiare“.
Una maledizione sembra perseguitare Vincenzo Nibali nel suo rapporto con la maglia azzurra. Le cadute al Mondiale di Firenze 2013 e alle Olimpiadi di Rio 2016, quella al Tour de France 2018 nell’anno della rassegna iridata di Innsbruck, ora il rinvio dei Giochi di Tokyo 2020. Quest’anno, ammesso che venga confermato, il Mondiale in Svizzera, su un percorso durissimo e a lui favorevole, si svolgerà una settimana prima del Giro d’Italia. Secondo lei è possibile presentarsi alla rassegna iridata al top della forma e poi mantenerla anche per la Corsa Rosa?
“Certo che è possibile, perché il Mondiale sarà una settimana prima del Giro. Vincenzo potrebbe puntare a quelle date per trovare il picco di forma: direi che è perfetto e non potevamo chiedere di meglio. Se, come sembra, disputerà anche le corse italiane, credo che sia l’avvicinamento migliore. Non sappiamo ancora qual è il calendario di Vincenzo Nibali. Ma, da quello che ci siamo detti, il Mondiale è uno dei suoi obiettivi“.
Fabio Aru compirà 30 anni in estate: una volta risolti i problemi fisici che lo hanno attanagliato, pensa che potrà dare ancora moltissimo al ciclismo italiano?
“Sono convinto di sì, perché uno non diventa brocco da un giorno all’altro. E quindi, risolti i problemi, può tornare ad altissimo livello. Ha vinto una Vuelta, due volte è arrivato sul podio al Giro d’Italia, ha conquistato una tappa al Tour, vestendo anche la maglia gialla: vuol dire che può tornare a questi livelli. Vediamo quale sarà il suo calendario, so che aveva in testa il Tour de France: sono curioso di vedere cosa riuscirà a fare“.
Teme che ad agosto assisteremo a delle gare falsate? Alcuni corridori si sono allenati senza soluzione di continuità, mentre altri, come gli italiani, si sono dovuti accontentare dei rulli per due mesi a causa della quarantena.
“Non ci saranno conseguenze perché stiamo parlando dei mesi di marzo e aprile. Dal momento che, se tutto va bene, i corridori inizieranno a gareggiare ad agosto, hanno la possibilità di allenarsi tutti nella stessa situazione da maggio a luglio, sono tre mesi. Vuol dire che si potrà recuperare quello che si era perso, quindi saranno tutti sullo stesso livello“.
In questa fase storica stanno sbocciando fior di campioni per le corse a tappe, su tutti il colombiano Egan Bernal e lo sloveno Tadej Pogacar. Lei pensa che qualche giovane italiano potrà in futuro giocarsela e provare ad impensierire questi grandi corridori?
“Mica facile. Io inserirei anche Remco Evenepoel, che secondo me è un corridore anche da corse a tappe. Vuol dire che avremo a che fare con dei fuoriclasse. Noi abbiamo Giulio Ciccone, che sta crescendo molto bene. Ha nella cronometro il suo tallone d’Achille, ma se dovesse migliorare in quella specialità, allora potrebbe diventare veramente un corridore da corse a tappe. Altrimenti dobbiamo aspettare quella covata di ragazzi che attualmente hanno 19-20 anni. Ne abbiamo 2-3 veramente validi e quindi la speranza è che quelli possano crescere bene“.
Negli ultimi anni in Italia è mancato un Danilo Di Luca, ovvero un corridore abile sugli strappi e le salite brevi, da Liegi-Bastogne-Liegi. Per quale motivo?
“Abbiamo avuto un problema. Nella categoria U23 il calendario italiano si è impoverito. Per fortuna siamo riusciti a riportare il Giro d’Italia U23 e questo dovrebbe darci la possibilità nei prossimi anni di avere corridori da corse a tappe. Ci stiamo adoperando anche per campioni da classiche di un giorno. Anche se bisogna dire che l’anno scorso abbiamo rivinto un Giro delle Fiandre dopo tanti anni, abbiamo sfiorato il Campionato del mondo e vinto gli Europei. Vuol dire che abbiamo dei ragazzi interessanti, che sono cresciuti negli ultimi anni e speriamo poi di ritrovare quei fenomeni che in passato ci hanno dato la possibilità di vincere grandi classiche e Mondiali, come Paolo Bettini“.
L’Italia non vince ormai il Mondiale dal 2008, quando Alessandro Ballan trionfò a Varese davanti a Damiano Cunego. Va detto che la Nazionale del compianto Franco Ballerini era formidabile, potendo contare su campioni del calibro di Cipollini, Bettini, Rebellin, Cunego, Ballan…Lei sta comunque ottenendo risultati importanti e con un pizzico di sfortuna: sappiamo tutti com’è andata a Rio, nel 2019 Trentin giunse secondo in un Mondiale in cui l’Italia corse in maniera impeccabile. Forse è impossibile fare di più in questo momento storico.
“Basta vedere quello che hanno vinto quei ragazzi prima di vincere una maglia iridata. Cipollini ha vinto un Mondiale e, in quella stagione, ha vinto Sanremo, Gand-Wevelgem, 6 tappe al Giro, 3 tappe alla Vuelta. Ed era il più forte velocista al mondo. Bettini, prima di vincere due Mondiali, ha vinto Liegi, Sanremo, Olimpiadi, Lombardia e grandi classiche. Lo stesso Ballan, prima di vincere un Mondiale, ha vinto il Fiandre ed è arrivato sul podio alla Parigi-Roubaix. Questo significa che, per vincere un Mondiale, servono corridori che abbiano dimestichezza con queste corse e che abbiano vinto grandi classiche. Io l’ho sempre detto: il giorno che torneremo a vincere le classiche del Nord, torneremo a vincere anche il Mondiale. Perché non si inventa nulla nel ciclismo. I miei ragazzi sono cresciuti tantissimo. Dopo Bettini siamo comunque riusciti a giocarci degli Europei, che abbiamo vinto, e dei Mondiali, che abbiamo sfiorato, quindi sono convinto che abbiamo dei corridori che hanno la possibilità di vincere un Campionato del mondo, perché nulla si inventa“.
Il rinvio delle Olimpiadi, parlando sia della Nazionale su strada sia di quella su pista, è un vantaggio o uno svantaggio?
“Non penso se è meglio o peggio. Penso che bisogna riprogrammare la stagione e pensare al 2021. E’ normale che Nibali avrà un anno in più, ma se penso a Valverde che a 38 anni ha vinto un Mondiale e a 41 punterà ancora ai Giochi Olimpici, allora credo che anche Vincenzo Nibali possa lottare ancora una volta per una medaglia d’oro alle Olimpiadi. Per quanto riguarda il quartetto, quest’anno abbiamo fatto di nuovo il record italiano, sfiorando il primato del mondo, abbiamo conquistato una medaglia. Abbiamo dei ragazzi giovani come Ganna, come Jonathan Milan, dei corridori bravissimi come Elia Viviani, Consonni, Lamon, Bertazzo o Plebani. Abbiamo ragazzi un po’ di tutte le età e siamo convinti che, o quest’anno o l’anno prossimo, andremo a Tokyo per cercare di vincere una medaglia“.
Quali sono i limiti di Filippo Ganna e quando sarà pronto per vincere una grande classica del Nord? E davvero potrebbe un giorno specializzarsi per lottare per un Tour de France?
“Non potrà mai vincere un Tour de France, così come il Giro d’Italia. Ha caratteristiche diverse, non abbiamo mai chiesto a Cancellare di vincere un Giro o un Tour perché non era nelle sue possibilità. Ganna è un fenomeno in pianura, potrebbe tra qualche anno vincere una Roubaix o anche un Giro delle Fiandre, potrebbe vincere una corsa di una settimana, dove solitamente le salite non sono impossibili e dove di solito c’è anche una cronometro. Può battere il record dell’ora e stare sotto i 4 minuti nell’inseguimento individuale. Sono convinto che nei prossimi 2-3 anni diventerà anche un corridore da classiche del Nord“.
Sta nascendo una bella nidiata di velocisti. Pensiamo allo sfortunato Matteo Moschetti, che ad inizio stagione aveva dato spettacolo prima di infortunarsi, ma anche al giovanissimo Alberto Dainese. Abbiamo già gli eredi di Elia Viviani?
“Moschetti ha dimostrato di essere davvero veloce. Quest’anno era partito bene battendo in volata un corridore forte come Ackermann, poi è stato sfortunato, però adesso avrà tutto il tempo per recuperare. Dainese lo scorso anno ha vinto l’Europeo U23, Battistella il Mondiale U23, Bagioli è un corridore che secondo me è fortissimo. Abbiamo una bella base di giovani, non solo per le volate“.
Al Tour de France la Ineos si presenterà con un tridente quasi da fantaciclismo: Bernal, Froome e Thomas. Come si può gestire un terzetto in cui nessuno sembra disposto a fare il gregario?
“Da 7 anni non hanno mai avuto nessun problema in squadra, hanno sempre rispettato le gerarchie. I corridori hanno sempre rispettato i compagni di squadra e sarà così anche quest’anno. Averne squadre come questa, io sarei ben contento di dirigere una squadra con questi tre campioni, perché sono ragazzi forti e anche intelligenti. I problemi non saranno della Ineos, ma degli altri“.
La nuova generazione dei Bernal, Pogacar ed Evenepoel ha qualcosa in più o in meno rispetto alla vecchia dei Nibali e Froome?
“Lo scopriremo strada facendo. Per adesso hanno dimostrato di essere fortissimi, fare quello che hanno fatto alla loro età non è cosa semplice. Bernal in salita è un piacere guardarlo, soprattutto quando le ascese superano i 20 km e i 2000 metri di altitudine. Pogacar alla Vuelta è stato semplicemente fantastico e Remco Evenepoel riusciremo a capirlo quest’anno. Essendo un corridore di 64-65 kg, penso che potrà andare forte anche nelle salite lunghe e difficili. Potrebbero avere qualcosa in più degli altri, ma lo sapremo solo tra qualche anno“.
Quest’anno sono passati nella categoria U23 due corridori interessanti come Andrea Piccolo ed Antonio Tiberi. Quanto per loro e per tutti gli altri giovani azzurri è penalizzante un’annata come questa?
“E’ molto peggio per quei ragazzi al terzo o quarto anno di categoria, loro sono al primo e avranno tutto il tempo di recuperare i mesi perduti. Loro sono due gioiellini, tra gli juniores erano fortissimi. Più che quest’anno, dovranno dimostrare l’anno prossimo cosa sono in grado di fare. E’ naturale che, a questo punto, il mio consiglio è di non passare professionisti l’anno prossimo ma di aspettare un anno in più, perché dovranno comunque adattarsi e non tutti sono come Remco Evenepoel, che è un fenomeno“.
Due corridori come Diego Ulissi e Fabio Felline, qualora avessero gareggiato a fine anni ’90 o inizio ’00, quando i team italiani abbondavano ed il nostro era il Paese di riferimento del ciclismo, avrebbero vinto di più?
“Non penso che il problema sia stato la mancanza di squadre italiane. Entrambi hanno militato in ottimi team e hanno avuto la possibilità di dimostrare tutto il proprio potenziale. Ulissi è stato bravo in corse come il Giro d’Italia, forse poteva ottenere di più nelle classiche di un giorno. Felline è passato giovanissimo, ha avuto qualche problema fisico e anche una bruttissima caduta che forse ha rallentato il suo essere professionista“.
Se, come speriamo, il Giro d’Italia si svolgerà ad ottobre, potrebbe rappresentare una rinascita per il popolo italiano, così come accadde nel 1946 con la vittoria di Gino Bartali?
“Sì, potrebbe essere davvero il Giro della rinascita. Dopo tutti questi problemi e questa terribile pandemia che ci ha portato davvero cose bruttissime, a cominciare da tutte quelle persone che hanno perso la vita, io mi auguro davvero di vedere il Giro ad ottobre perchè potrebbe essere quello della rinascita, come quello del 1946, quando si sfidarono campioni del calibro di Coppi e Bartali. L’Italia era in ginocchio e ridotta a un cumulo di macerie. Riuscirono ad organizzare il Giro d’Italia tra giugno e luglio: fu veramente il Giro della rinascita. Mi auguro che ciò avvenga e che tanti italiani siano protagonisti, perché sarebbe ancora più bello“.
VIDEO: L’INTERVISTA COMPLETA AL CT DAVIDE CASSANI
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Foto: Lapresse