Sci di fondo
Federico Pellegrino: “L’oro olimpico è l’obiettivo della mia carriera. I giovani italiani sono forti, ma vanno protetti”
Era dalla stagione 2013-2014 che Federico Pellegrino non otteneva neppure una vittoria nella Coppa del Mondo di sci di fondo. Un dato che la dice lunga sulla impressionante costanza di rendimento di uno dei più grandi azzurri di tutti i tempi. A partire da Davos 2014, il 29enne di Nus ha collezionato ben 13 successi nel circuito maggiore, record assoluto per un italiano in campo maschile. A questi vanno aggiunti i ben cinque podi iridati (su tutti l’oro nella sprint individuale a tecnica libera a Lahti 2017) e l’argento olimpico a PyeongChang 2018, battuto solo dal fenomeno norvegese Johannes Hoesflot Klaebo. Proiettandoci in un paragone ciclistico, il rapporto tra il valdostano e lo scandinavo si può equiparare a quello tanto in voga negli anni ’70 tra Felice Gimondi ed il belga Eddy Merckx. Il compianto corridore bergamasco viene ricordato tra i grandi miti delle due ruote, avendo collezionato ben 6 grandi giri (con tanto di Tripla Corona) e 4 Classiche Monumento. Eppure, senza l’avvento e l’esplosione del rivale fiammingo, avrebbe certamente vinto molto, molto di più. Storia simile per Federico Pellegrino, che tuttavia non smette di lottare e di inseguire l’ultimo grande obiettivo della carriera: l’oro olimpico.
L’INTERVISTA A FEDERICO PELLEGRINO
Come vivi il rapporto con Klaebo, senza il quale avresti vinto molto di più?
“Sono arrivato tante volte secondo alle spalle di Klaebo. E’ un po’ più giovane di me, nei primi anni sono riuscito anche a metterlo dietro ogni tanto, invece nell’ultima stagione non ce l’ho mai fatta. Poterlo sfidare mi stimola ancora di più ad allenarmi al massimo per riuscire a batterlo. E’ ovvio che la sua superiorità è disarmante, soprattutto in tecnica classica non ha mai lasciato scampo agli avversari. Non è facile, ma io amo il mio lavoro e riuscire a dare il meglio di me stesso. Se poi questo significa arrivare secondo alle spalle del norvegese, significa che è la storia di questo sport che ha voluto così. Io mi alleno al massimo e, magari, tornerà anche qualche primo posto“.
Ma in che modo si può pensare di battere il norvegese? Il tuo punto di forza è la salita, il problema è che Klaebo va ancora più forte quando il tracciato sale…
“Per quel che mi riguarda, analizzando bene i tracciati, io lo posso battere soprattutto dove l’incastro della biomeccanica fa rendere di meno gli arti un po’ più lunghi. Klaebo è più alto di me, ha le braccia un po’ più lunghe delle mie, così come le gambe. Quindi in un falsopiano in salita questo non lo rende avvantaggiato, mentre in arrivi con falsopiano in discesa o pianeggianti, come sono purtroppo il 90% di quelli in Coppa del Mondo, a livello fisico è favorito. Io conto di sfruttare l’occasione, laddove possa capitare. E poi posso riuscire a batterlo nel tempo. Rimanere per tanti anni sulla cresta dell’onda non è facile, ci sono tanti aspetti da tenere sotto controllo, non ultimo quello psicologico; soprattutto per un ragazzo che ha vinto così tanto, proveniente da una nazione dove il fondo conta così tanto, non è facile rimanere sulla cresta dell’onda. Io punto sul fatto che sono da tanti anni ad alti livelli, ho capito come gestirmi e che migliorie apportare nella preparazione. Confido nella mia longevità: sarà il tempo a dire se le fibre e la testa mi consentiranno di riuscirci“.
Dal 2013-2014 non chiudevi una stagione senza vittorie. Cosa non ha funzionato?
“E’ stata la stagione meno vincente. Come hai detto tu, dal 2014 in poi. Se contiamo 2014, 2015, 2016, 2017, 2018, 2019 è un bell’arco di stagioni, non sono tanti gli atleti che possono permettersi di ragionare in questi termini di longevità. Sono molto soddisfatto della mia stagione. Non è arrivata la vittoria, anche se questo non mi preoccupa troppo. Cammin facendo mi sono accorto di alcune cose dentro di me che non quadravano, sia dal punto di vista fisico sia psicologico. Non ho mai patito la pressione dall’esterno. C’è da dire però che quest’anno, forse anche per la mancanza di qualche altro italiano nelle posizioni di vertice, non è stata una situazione d’aiuto per me. Toccava sempre a Pellegrino tenere alto l’onore dell’Italia. Da gennaio questo è un po’ passato. Dopo la sfortunata settimana di Dresda ho svoltato, mi sono detto ‘basta’. La sprint di Oberstdorf a metà gennaio è andata molto bene e lì ho ripreso completamente fiducia. Peccato che l’altro obiettivo della stagione, lo Sprint Tour del Canada, non ho potuto disputarlo. L’epilogo sarebbe potuto essere diverso, magari chiudendo secondo nella classifica di specialità alle spalle di Klaebo“.
Nel 2021 si svolgeranno i Mondiali a Oberstdorf, in Germania. Come valuti la pista in relazione alle tue caratteristiche?
“Quest’anno abbiamo provato il tracciato inedito a metà gennaio, ci sono arrivato nella miglior condizione possibile. Il percorso è sia molto duro sia molto lungo. So che i norvegesi hanno già chiesto alla FIS di accorciarlo: a mio parere non è un’idea sbagliata. Non è che ci spaventa la fatica, ma a livello televisivo è un azzardo. Quest’anno con neve veloce ci abbiamo messo 3’30”. Con neve primaverile, come probabilmente troveremo a Oberstdorf a metà febbraio, vuol dire che forse ci vorranno 4 minuti, o anche di più. Così cade lo spettacolo e anche noi protagonisti non ne usciamo così bene. Il tracciato mi piace perché ha tante salite e io in salita vado forte, anche in tecnica classica. Purtroppo c’è una discesa prima del traguardo, ma sto lavorando tanto anche nella scivolata-spinta: quest’anno i miglioramenti si sono visti, perché tre finali in tecnica classica nella stessa stagione, con due quarti posti, non li avevo mai fatti. Quindi sono in crescendo“.
Nel tuo palmares manca solo l’oro olimpico. Obiettivo o ossessione?
“Da adesso, senza pensare a quanto successo nel passato, è l’obiettivo della mia carriera. Sì, nel 2021 ci saranno i Mondiali, avremo ancora due stagioni di Coppa del Mondo, ma c’è l’Olimpiade di Pechino nel 2022, una sprint a tecnica libera su una pista a 1700 metri (di altitudine, ndr), cosa che io non disdegno; senza dimenticare che a quell’età lì, nel 2014, Ola Vigen Hattestad ha vinto le Olimpiadi. Quindi se ce l’ha fatta lui a 32 anni, anche qualcun altro potrebbe riuscirci alla stessa età nella sprint. Mi alleno tanto, ma non è un’ossessione, perché riguarda comunque la parentesi sportiva della mia vita; non nascondo però che è il mio obiettivo, dopo il biennio appena concluso ho capito che la sprint è ancora il mio pane, perché continuo ad essere veloce. La resistenza la migliori, è vero, ma nelle gare distance a cui ho partecipato non ho mai valso la top10, quindi non avrebbe senso puntare su quelle. Fino al 2022 sarò uno sprinter, dopo si vedrà“.
Da troppi anni lo sci di fondo italiano si regge sui tuoi risultati e su quelli di Francesco De Fabiani. Provando a pensare positivo, il primo classe 2000 ad ottenere punti in Coppa del Mondo è stato proprio un italiano, ovvero il friulano Davide Graz. Cosa puoi dirci di questo ragazzo polivalente, che sembra poter dire la sua tanto nelle sprint quanto nelle gare di lunga distanza? E qual è il problema dei giovani che troppo spesso non riescono a decollare? Pensiamo a Luca Del Fabbro, oro nella 30 km ai Mondiali juniores 2019, ma non così performante nella stagione conclusa lo scorso mese di marzo.
“In questi 10 anni sono stato io il protagonista, insieme a De Fabiani. Cerco di non parlare mai troppo dei giovani, soprattutto per proteggerli e tutelarli. I risultati giovanili sono un discorso, quelli da senior un altro. Come io, quando vinsi la mia medaglia ai Mondiali juniores, ebbi la fortuna di essere protetto dai risultati di atleti di alto livello (come Pietro Piller Cottrer e Giorgio Di Centa, ndr), mi piace pensare che io possa rappresentare per loro una protezione. Sono forti, ma non sono gli unici, in giro ne ho visti tanti altri forti. Bisogna solo lasciargli la tranquillità di capire come gestirsi, anche dal punto di vista emotivo. Quando vinci una medaglia giovanile, l’anno dopo si cancella tutto e devi ricominciare da senior. Finché potrò, cercherò di attirare su di me tutte le attenzioni e le critiche. Poi arriverà il momento in cui dovranno dimostrare il loro valore in Coppa del Mondo: non sempre è scontato il rispetto delle attese. Per un ragazzo come Del Fabbro serve tempo. Se un ragazzo fa vedere belle cose da giovane, può arrivare ad ottenere grandi risultati in Coppa del Mondo. Lo auguro a tutti i nostri ragazzi, e ne abbiamo tanti: quest’anno sono arrivati a punti nel circuito maggiore 17 italiani, che non sono pochi. Speriamo arrivino presto a darmi manforte“.
federico.militello@oasport.it
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Foto: Lapresse