Formula 1

Formula 1, la sfortunata storia della 312T5, la Ferrari più disastrosa di sempre

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“Tutti commettono errori. È per questo che c’è una gomma per ogni matita”, recita un proverbio giapponese. In tal senso anche la Ferrari, la squadra di Formula 1 più titolata di tutti i tempi, ha schierato di tanto in tanto delle monoposto assolutamente disastrose. La vettura del Cavallino Rampante entrata nella storia come la “peggiore di sempre” è la famigerata 312T5, utilizzata nel corso della stagione 1980. Andiamo a ripercorrere la genesi e le ragioni di quell’autentica “Caporetto sportiva”.

La 312T5 viene presentata addirittura nel novembre del 1979, con largo anticipo rispetto alla concorrenza. L’auto è l’ultima nata della gloriosa serie 312T, che dal 1975 in poi ha permesso alla Ferrari di mietere successi a raffica. Infatti monoposto di questa “classe” hanno ottenuto risultati strabilianti, vincendo 27 Gran Premi con cinque piloti diversi e consentendo al Cavallino Rampante di conquistare sette dei dieci titoli mondiali messi in palio! In particolare, il 1979 si è rivelato trionfale, poiché i due alfieri di Maranello, Jody Schekter e Gilles Villeneuve, hanno chiuso la classifica iridata rispettivamente in prima e seconda posizione. Nei primi test disputati sul circuito di Fiorano, la T5 fa subito segnare tempi migliori rispetto alla T4 che ha dominato l’ultima annata. Insomma, le premesse sembrerebbero ottime e addirittura i bookmaker britannici considerano Villeneuve il favorito per vincere il Mondiale 1980.

Tuttavia, non appena si aprono le ostilità, la realtà dei fatti si dimostra completamente differente rispetto alle aspettative. Nei due Gran Premi sudamericani di gennaio le Ferrari non raccolgono neanche un punto, senza mai vedere la bandiera a scacchi. Gli unici guizzi sono firmati dal canadese, un terzo posto in qualifica e un paio di giri in testa in Brasile. Poca roba. Per di più, con il passare delle gare la situazione non cambia, anzi peggiora. A un nuovo doppio ritiro in Sudafrica, fanno seguito solo il quinto posto di Scheckter a Long Beach e il sesto di Villeneuve a Zolder. Le vetture di Maranello si rivelano lontane anni luce da Williams, Ligier, Renault e Brabham, che si giocano le posizioni di vertice. Nelle rare occasioni in cui le monoposto del Cavallino Rampante vedono il traguardo, sono praticamente sempre doppiate! Più passano le gare, più la Ferrari cola a picco. Da dominatrice assoluta, la “Rossa” si è improvvisamente tramutata in un’anonima squadra di centro classifica, che può ritenersi fortunata se racimola qualche punto! A Maranello, rendendosi conto della situazione disastrosa, si decide di abbandonare la 312T5 al suo destino, interrompendo qualsiasi evoluzione e concentrando tutti gli sforzi sullo sviluppo della nuova vettura dotata di un propulsore turbo, destinata a esordire nel 1981. Il Cavallino Rampante ha infatti deciso di sposare la filosofia della Renault e di convertirsi al motore sovralimentato. Come se non bastasse, si aggiunge la decisione di Scheckter, ormai appagato dalla conquista del titolo mondiale 1979, di appendere il casco al chiodo a soli trent’anni. Il sudafricano arriva addirittura a mancare la qualificazione nel Gran Premio del Canada. Nella storia della Ferrari, solamente altre due volte un pilota non si era qualificato per la gara, ma in entrambe le occasioni perché era stato vittima di un incidente in prova. Il team del Drake chiude il 1980 al decimo posto nel mondiale costruttori e la T5 non solo non ottiene alcuna vittoria o pole position, ma neppure un piazzamento nelle prime quattro posizioni! Nessuna monoposto del Cavallino Rampante, precedente o successiva a questo disgraziato modello, aveva avuto o avrà una carriera agonistica così deficitaria.

Viene dunque da chiedersi quali siano state le ragioni di una tale disfatta, soprattutto considerando che la Scuderia di Maranello arrivava da una serie di trionfi. Ebbene, i motivi sono molteplici, ma possono essere riassunti in un unico grande concetto. La 312T5 era diventata improvvisamente una vettura obsoleta sotto tutti i punti di vista. Infatti alla fine degli anni ’70, la Formula 1 viene interessata dalla rivoluzione dell’effetto suolo, sfruttato per la prima volta dalla Lotus, dominatrice indiscussa della stagione 1978. Gli altri team seguono l’esempio di quello fondato da Colin Chapman, adeguando le loro monoposto al nuovo concetto aerodinamico. La Ferrari, però, si trova impossibilitata a sviluppare una vera e propria wingcar a causa degli ingombri del motore, il famoso “12 cilindri piatto”, pietra angolare dei trionfi del Cavallino Rampante nella seconda metà degli anni ‘70. Per il 1979 si riesce comunque a produrre una vettura competitiva grazie a una soluzione di contingenza, l’allungamento delle pance laterali che, unito alla proverbiale potenza del propulsore e all’utilizzo pressoché esclusivo degli innovativi pneumatici radiali Michelin, garantisce al Cavallino Rampante una stagione ricca di successi.
Cionondimeno, gli altri team stanno progettando e affinando nuove auto, concepite appositamente per sfruttare l’effetto suolo, che risultano pertanto decisamente più efficaci rispetto alla 312T5, la quale è invece la semplice evoluzione di una monoposto figlia di concetti ormai superati. Il 12 cilindri piatto si tramuta improvvisamente da punto di forza a tallone d’Achille, poiché le sue dimensioni rendono impossibile creare un condotto Venturi nelle fiancate, impedendo così la progettazione di una wingcar. Peraltro il motore sovralimentato Renault, inizialmente visto con scetticismo, inizia a mostrare tutta la sua enorme potenzialità e minaccia la supremazia di Maranello anche dal punto di vista della potenza pura. Dunque, alla Ferrari non solo si decide di “vedere” la sfida dell’effetto suolo, ma anche di “rilanciare”, convertendosi al propulsore turbo. Non a caso, proprio questa sarebbe stata la successiva rivoluzione della Formula 1 e, il fatto di aver cominciato a sviluppare in anticipo rispetto a molti altri avversari un motore sovralimentato, consente al Cavallino Rampante di togliersi soddisfazioni grazie alla serie di monoposto 126C, con le quali vengono conquistati due Mondiali costruttori (1982 e 1983), mentre il titolo piloti sfugge solo a causa delle tragedie che colpiscono prima Villeneuve e poi Didier Pironi.

In conclusione si può affermare che la T5 si sia rivelata un disastro perché superata dai tempi, dimostrandosi quindi inadeguata contro avversarie più moderne. La si può definire una vittima dell’evoluzione della specie automobilistica, essendo l’ultima espressione di una classe di vetture che aveva saputo trionfare a ripetizione. Insomma, la 312T5 è stata una monoposto “sfortunata”, poiché si è trovata nel posto sbagliato e nel momento sbagliato.

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paone_francesco[at]yahoo.it

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Foto: Wikipedia, Griser

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