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Golf, il dilemma della Ryder Cup 2020: favorevoli e contrari alle porte chiuse. E ora anche Roma 2022 rischia di slittare

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Il mondo continua a cercare un non facile adattamento alla situazione di emergenza sanitaria causata dalla pandemia del COVID-19. Nonostante la fase peggiore sembri probabilmente ormai alle spalle e il momento di una timida ripartenza delle attività si fa sempre più vicino, anche per necessità economiche, i calendari sportivi in particolare restano conditi da mille incertezze e un quadro generale complessivo stabile potrebbe mancare del tutto fino quantomeno alla fine dell’anno solare.

Sfortunatamente per gli appassionati il 2020 doveva essere davvero un anno dalle mille emozioni per il mondo dello sport. Rinviati di dodici mesi i due più importanti eventi in programma per l’estate, ovvero le Olimpiadi di Tokyo e gli Europei di calcio, anche il golf aveva le proprie importanti carte da giocare con la Ryder Cup, il popolare scontro titanico tra Europa e Stati Uniti che ogni due anni accende i cuori di tantissimi tifosi. L’edizione di questo autunno, che si dovrebbe disputare a settembre sul percorso di Whistling Straits, nel Winsconsin, è al momento ancora confermata in quanto la situazione dei rinvii è arrivata a toccare fino ad ora il mese di agosto al massimo.

Resta davvero complicato prevedere cosa possa succedere in quattro mesi e la posizione così “tardiva” nel calendario della manifestazione potrebbe dunque essere sufficiente a salvarne la regolare realizzazione. Tuttavia perché questo avvenga sarà necessario probabilmente che il pubblico possa tornare in qualche modo a partecipare attivamente alla sfida e quindi che gli assembramenti siano almeno parzialmente consentiti. La Ryder Cup è nota infatti proprio per il calore e la passione che ne circondano l’atmosfera e disputare un torneo di questo tipo senza i fan sarebbe davvero troppo.

In molti dei protagonisti del PGA Tour e dello European Tour (e non solo) si sono già espressi proprio in questo senso. Il primo a schierarsi è stato il numero 1 del mondo Rory McIlroy, che ha rapidamente chiuso la questione con una frase breve ma decisissima: “Una Ryder Cup senza spettatori non è una Ryder Cup”. Tommy Fleetwood, Jim Furyk e anche il nostro Francesco Molinari sono subito scesi in campo supportando le parole del nordirlandese, giudicando impossibile l’idea di giocare un evento di questo tipo senza l’apporto degli spettatori. Persino il cestista americano e più che discreto golfista Stephen Curry è dello stesso parere e si auspica un rinvio al 2021.

L’ultimo a intervenire nella questione è stato il capitano della squadra europea per Whistling Straits, l’irlandese Padraig Harrington. Il vincitore di 3 tornei Majors non ha escluso infatti pochi giorni fa la possibilità di giocare a porte chiuse, sottolineando che nonostante il pubblico sia naturalmente una parte fondamentale dello show gli organizzatori devono riservarsi il tempo e il diritto di valutare qualsiasi opzione attentamente. L’idea di Harrington, controcorrente rispetto ai più, è quella che dal punto di vista del gioco le condizioni potrebbero essere sufficienti per proseguire con l’evento e far divertire gli appassionati davanti al televisore.

Se alla fine tuttavia si optasse per il rinvio è necessario menzionare che sarebbe la seconda volta che ciò accade negli ultimi 20 anni. Fino all’inizio del nuovo millennio infatti la Ryder Cup si disputava negli anni dispari, poi la tragica caduta delle Twin Towers a New York nel 2001 fece slittare la trentaquattresima edizione di ‎Wishaw a quelli pari. Inutile sottolineare che naturalmente una soluzione di questo tipo influirebbe anche su Roma 2022, che verrebbe quindi posticipata allo stesso modo di un’intera stagione.

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