Formula 1
L’Italia è grande: Alberto Ascari, il mito della Formula 1 anni ’50 che sfidò ad armi pari Fangio
Guardando all’intera storia del motor sport italiano, una delle figure più prominenti è indubbiamente quella di Alberto Ascari. Il milanese, due volte Campione del Mondo di Formula 1 e primo grande rivale di Juan Manuel Fangio, è unanimemente considerato assieme a Tazio Nuvolari il miglior pilota automobilistico azzurro di tutti i tempi, nonché uno dei massimi esponenti della Formula 1 eroica degli anni ’50. Peraltro, la sua precoce scomparsa, gli ha probabilmente impedito di assicurarsi ulteriori allori in quello che avrebbe potuto essere il proseguo della sua carriera. Andiamo, dunque, a rivivere l’epopea del mitico Ciccio.
FIGLIO D’ARTE
Alberto Ascari nasce a Milano il 13 luglio 1918, in una famiglia che ben presto si lega fortemente al mondo dei motori. Infatti, subito dopo la Grande Guerra, il padre Antonio intraprende la carriera di pilota automobilistico, diventando rapidamente uno dei principali personaggi del pionieristico mondo delle corse. Alfiere dell’Alfa Romeo, sfiora più volte il successo nella Targa Florio, imponendosi nel Gran Premio d’Italia 1924 e nel Gran Premio del Belgio 1925. Poche settimane dopo quest’ultimo successo, Antonio Ascari rimane però vittima di un incidente mortale durante il Gran Premio di Francia, che lascia orfano il piccolo Alberto. Quest’ultimo, tuttavia, decide di seguire le orme paterne e si dedica al motor sport. Come Tazio Nuvolari, comincia però la sua carriera nel motociclismo, esordendo giovanissimo nelle competizioni su due ruote, nelle quali ottiene una serie di successi di rilievo durante la seconda metà degli anni ‘30. A questo punto accarezza l’idea di convertirsi all’automobilismo e fa il suo esordio sulle quattro ruote nella Mille Miglia del 1940. Tuttavia, lo scoppio della seconda guerra mondiale interrompe giocoforza la sua carriera sino al 1947.
I PRIMI SUCCESSI CON LA FERRARI
Dopo una comparsata sull’Alfa Romeo e una breve esperienza alla Maserati, Ascari si impone all’attenzione globale una volta legatosi alla Ferrari. Nel corso del 1949 ottiene infatti svariate vittorie di grande prestigio, conquistando il BRDC International Trophy di Silverstone, il Gran Premio di Svizzera e il Gran Premio d’Italia. Quest’ultima affermazione gli permette peraltro di emulare il padre Antonio a un quarto di secolo di distanza dal suo trionfo. Quando nel 1950 nasce il Mondiale di Formula 1, il milanese è considerato uno degli uomini migliori del lotto. Peraltro, a dispetto soprannome Ciccio datogli affettuosamente proprio dal padre, Alberto è uno dei primi piloti a curare in maniera maniacale la forma fisica.
La stagione d’esordio nel Circus non è memorabile, poiché la superiorità delle vetture della Casa del Biscione su quelle del Cavallino Rampante è evidente. Cionondimeno, il lombardo arpiona due secondi posti, concludendo la classifica generale in quinta posizione. I risultati migliori arrivano però nelle gare fuori campionato. In particolare si impone nel Gran Premio di Germania disputato al Nürburgring, diventando così il vincitore della prima competizione internazionale disputata sulla Nordschleife nel dopoguerra.
IL DUELLO CON FANGIO PER IL MONDIALE 1951
Per Ascari la primavera del 1951 si rivela traumatica. Durante la Mille Miglia è protagonista di un incidente, a causa del quale la sua vettura uccide uno spettatore. Il pilota viene addirittura accusato di omicidio colposo, salvo venire poi assolto per l’accaduto. Quindi, in una gara di Formula 2 disputata a Genova il 20 maggio (una settimana prima dell’inizio del Mondiale di Formula 1), il motore della sua vettura esplode, generando un incendio che gli procura ustioni alle braccia e alle gambe. Nonostante l’inconveniente si presenta al via del Gran Premio di Svizzera, concludendo però solamente in sesta posizione, mentre il successo va a Juan Manuel Fangio. Nel successivo appuntamento, disputato in Belgio, il milanese si piazza secondo alle spalle di Nino Farina, mentre l’argentino si deve ritirare. La piazza d’onore viene replicata in Francia, seppur in coabitazione. Infatti sia Fangio che Ascari sono vittima di problemi meccanici, ma, come consentito dai regolamenti dell’epoca, proseguono la gara salendo a bordo delle vetture rispettivamente di Luigi Fagioli e José Froilàn Gonzàlez. Le prestazioni della Ferrari migliorano continuamente e ormai il Cavallino Rampante ha raggiunto il livello dell’Alfa Romeo. Infatti a Silverstone, il 14 luglio, arriva la prima vittoria in Formula 1 per una monoposto di Maranello. A firmarla è Gonzàlez, al termine di un intenso duello con Fangio. Quel giorno Ascari si ritira per un problema meccanico e, a differenza di quanto avvenuto a Reims, decide di non salire sulla vettura del compagno di squadra, proprio perché impegnato in un’accesa sfida per la vittoria. Fermarlo significherebbe impedire a lui e al team di lottare per il successo, servendolo su un piatto d’argento a Fangio. Il 29 luglio si corre al Nürburgring, dove Ciccio si è imposto in Formula 2 l’anno precedente. Per la prima volta, le Ferrari si dimostrano davvero superiori alle Alfa Romeo, perché a parità di prestazioni consumano meno carburante. Di conseguenza, avranno bisogno di un solo rifornimento in gara, al contrario delle vetture del Biscione che necessiteranno di due soste. Quel giorno Ascari e Fangio danno vita a un epico duello a distanza. L’argentino parte davanti e si mette a tenere un ritmo forsennato, conscio di dover guadagnare terreno in pista, altrimenti i pit-stop gli diranno male. L’italiano però deve impegnarsi al massimo per contenere il ritardo dall’avversario. Ne viene fuori un palpitante braccio di ferro con “l’inferno verde” come teatro. Alfine il milanese sembra avere la gara in pugno, ma si vede costretto a effettuare una sosta supplementare per cambiare una gomma. La sua leadership è a rischio? No, perché il sudamericano sta facendo i conti con noie al motore e deve badare a raggiungere il traguardo! Così, Ascari ottiene la prima vittoria in una gara valevole per il Mondiale di Formula 1, proprio su uno dei tracciati più impegnativi in assoluto. Il 16 settembre, a Monza, va in scena una nuova sfida al fulmicotone tra le Alfa Romeo e le Ferrari. Nelle fasi iniziali Ciccio ed El Chueco si scambiano più volte il comando delle operazioni, ma con il passare dei giri emerge la superiorità delle monoposto del Cavallino Rampante. L’argentino non si rassegna alla sconfitta, ma così facendo fonde il motore della sua vettura. L’italiano vince per la seconda volta consecutiva e, grazie all’accaduto, si ritrova in lotta per un titolo mondiale che solo poche settimane prima pareva utopia. La resa dei conti avviene il 28 ottobre in Spagna, a Pedralbes, nei pressi di Barcellona. La situazione è semplice, chi vince il Gran Premio vince anche il Titolo. In qualifica tutto sembra mettersi per il meglio per Ascari, che domina la scena e realizza la pole position. Tuttavia, in gara la Ferrari paga a carissimo prezzo un tremendo errore strategico. Le vetture di Maranello decidono di utilizzare gli stessi pneumatici usati a Monza, la cui sezione è più stretta di quelli montati dalle monoposto del Biscione. Con il passare dei chilometri è evidente come la decisione sia sbagliata. Di conseguenza, Fangio ha la strada spianata verso la vittoria e l’Iride.
IL DOMINIO E I DUE MONDIALI (1952-1953)
Incassata la sconfitta, Ciccio, assetato di rivincita, affila le armi in vista del 1952, stagione in cui si presenterà al via del Mondiale come favorito. D’altronde l’Alfa Romeo decide di ritirarsi dalle competizioni ed El Chueco si trasferisce alla Maserati, che sta preparando il suo approdo nel Circus. Tuttavia in primavera a Monza Fangio è vittima di un bruttissimo incidente in una gara fuori campionato, a causa del quale si frattura una vertebra cervicale e si vede costretto a osservare un lungo riposo assoluto. Rimasto senza più avversari alla sua altezza e dotato della vettura più veloce del lotto, nulla sembra poter fermare Ascari, il quale però in quel 1952 non si limita a vincere, ma si mette a stravincere. Dopo aver saltato il GP di Svizzera ed essersi ritirato a Indianapolis, il milanese si impone in tutti e 6 i successivi Gran Premi, infliggendo sovente distacchi abissali agli avversari, arrivando in alcuni casi addirittura a doppiare il secondo classificato! Si laurea così Campione del Mondo in maniera nettissima, guadagnandosi peraltro il titolo di “Ringmeister” dopo il terzo successo consecutivo al Nürburgring.
Viste le premesse, Ciccio è il favorito anche per il 1953, stagione in cui però Fangio torna in azione e la Maserati è decisamente più agguerrita. Cionondimeno, la marcia trionfale di Ascari prosegue, con tre vittorie nei primi tre Gran Premi a cui prende parte (nel mezzo c’è la 500 miglia di Indianapolis, disertata da tutti i team europei). Quindi a luglio, in Francia, conclude quarto, alle spalle del compagno di squadra Mike Hawthorn e alle Maserati di Fangio e Farina. Si tratta di un evento epocale, perché per la prima volta dal GP di Spagna 1951 (!) il milanese si vede battuto in una gara valevole per il Mondiale di Formula 1 senza essere vittima di inconvenienti tecnici. Comunque sia, nei quattro appuntamenti seguenti, Ciccio si porta a casa altri due successi e con essi il secondo Titolo iridato consecutivo. Anche Fangio si deve inchinare. Insomma, tra il 1952 e il 1953 Ascari vince 11 delle 15 competizioni valevoli per il Mondiale di Formula 1 a cui prende parte, inanellando persino un filotto di 7 affermazioni consecutive che ha del fantascientifico (il record rimarrà imbattuto per 60 anni).
IL TRASFERIMENTO ALLA LANCIA E LA MISTERIOSA MORTE (1954-1955)
Tuttavia, alla fine del 1953, si verifica un avvenimento inaspettato. Il milanese divorzia dalla Ferrari, legandosi alla Lancia, che sta approntando un progetto sportivo. Si tratta di un evento clamoroso e si vocifera che, per assicurarsi il fuoriclasse lombardo, la casa torinese abbia approntato un contratto faraonico. Così, il 1954 è un’annata di transizione, poiché è necessario affinare l’innovativa, ma acerba, Lancia D50. Fangio, trasferitosi alla Mercedes, non ha avversari e si porta a casa il secondo Mondiale. Per Ciccio arriva comunque una grande soddisfazione, ovvero la vittoria nella Mille Miglia. Per il 1955 la situazione è invece ben diversa. L’argentino vince il GP di casa a gennaio, ma nei mesi successivi l’italiano si impone in due gare fuori campionato, dimostrando la crescita della Lancia. Tutti gli addetti ai lavori sono convinti che ben si tornerà ad assistere al dualismo Fangio-Ascari. Infatti a Montecarlo, in qualifica, i due realizzano esattamente lo stesso tempo! In gara le Mercedes prendono il largo, ma si rompono. Il milanese si trova così al comando e ha la vittoria in pugno, tuttavia un paio di minuti dopo il ritiro del battistrada Stirling Moss, Ciccio è vittima di uno spaventoso incidente alla chicane dopo l’uscita dal tunnel, forse causato proprio dall’olio perso dal britannico e finisce addirittura in mare! Passano alcuni istanti tremendi prima che Ascari riemerga dalle acque del Mediterraneo. A parte la rottura del setto nasale, non ha sofferto alcuna seria conseguenza! Quattro giorni dopo, il milanese si reca all’autodromo di Monza, dove gli amici Luigi Villoresi ed Eugenio Castellotti stanno effettuando alcuni test con una Ferrari sport prototipo. Al termine della sessione di prove, Ascari chiede di effettuare pochi giri sulla vettura durante la pausa pranzo. Sosteneva infatti che dopo un incidente fosse fondamentale tornare a guidare il più presto possibile, per evitare di rimuginarvi sopra e creare inibizioni. Viene accontentato e sale in macchina senza casco. Al secondo giro la vettura però si ribalta nella curva che oggi porta il suo nome, uccidendo il pilota sul colpo. La dinamica dell’accaduto non è mai stata chiarita con certezza. Sull’asfalto si vedono i segni di una violenta e improvvisa frenata, come se Ciccio avesse piantato la macchina per evitare un ostacolo di cui non vi è però traccia. Si vocifera che qualcuno, convinto che la sessione fosse finita, stesse attraversando la pista proprio in quel momento e Ascari, trovandoselo davanti, abbia inchiodato la vettura, causando il ribaltamento. Una diceria non corroborata da alcuna testimonianza attendibile. Perché il milanese abbia effettuato quella brusca frenata rivelatasi fatale è ancora oggi un mistero.
Alberto Ascari muore a 36 anni, esattamente la stessa età del padre Antonio. Con la sua dipartita, se ne va uno dei piloti italiani più forti di sempre, che ha saputo dominare in Formula 1 come pochi altri. Il primato di 7 vittorie consecutive stabilito tra il 1952 e il 1953 verrà eguagliato solo nel 2004 da Michael Schumacher, per poi venire battuto da Sebastian Vettel nel 2013. Al di là di questo record, la grandezza del lombardo è testimoniata dal fatto di essere riuscito a sfidare ad armi pari un mito assoluto come Juan Manuel Fangio, rispetto al quale non era inferiore. Sono passati 67 anni dal trionfo iridato del 1953 e, ancora oggi, l’Italia aspetta un nuovo Campione del Mondo.
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Foto: La Presse