Artistica

Olimpiadi. Vera Caslavska, da “libellula” sette volte oro nella ginnastica a dissidente politica

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La libellula che fece innamorare il mondo intero, l’ultima donna sexy della ginnastica artistica prima dell’invasione delle bambine prodigio. Il suo nome è Vera Caslavska, sette medaglie d’oro in due edizioni dei Giochi Olimpici, Tokyo 1964 e Città del Messico 1968 e una vita quantomeno avventurosa, da dissidente politica ai tempi dell’invasione di Praga e da vittima, negli ultimi anni, di una grave tragedia familiare.

Vera Caslavska è stata prima di tutto una delle più grandi ginnaste di tutti i tempi. Di nazionalità Cecoslovacca, soprannominata la “Libellula Boema”, nasce a Praga il 3 Maggio 1942, nel bel mezzo del conflitto mondiale. “Sono venuta al mondo sotto il nazismo e cresciuta con lo stalinismo” dirà lei, che nel ‘ 68 parteciperà attivamente al vano tentativo della Cecoslovacchia di affrancarsi da Mosca.

Danza classica e pattinaggio su ghiaccio sono i suoi primi amori, ai quali subentra la ginnastica artistica. La Caslavska ha 14 anni, s’ appassiona ad attrezzi e corpo libero, comincia ad allenarsi anche cinque ore al giorno, nel ‘ 58 conquista il suo primo argento ai Mondiali. Agilità, forza, destrezza ma soprattutto un’incredibile grazia dei movimenti sono le doti che la porteranno a diventare una dei più grandi talenti della ginnastica artistica femminile del secolo scorso.

A soli diciotto anni, poco più che adolescente, partecipa ai giochi Olimpici di Roma dove è considerata per la sua giovane età, la mascotte della squadra, ma con la sua grazia e determinazione vince un argento nel Concorso Generale a squadre, alle spalle delle imbattibili sovietiche. Il suo talento, però, non passa inosservato e i tecnici cecoslovacchi puntano forte su di lei che non si sottrae alle sollecitazioni e si sottopone ad allenamenti durissimi e infiniti, spesso di oltre cinque ore a seduta, per presentarsi al meglio ai Giochi Olimpici di Tokyo dove la star è la sovietica Latynina.

Quattro anni di sacrifici ma alla fine arriva il sospirato momento del confronto diretto con le avversarie. Pur essendo ancora molto giovane Vera Caslavska si muove con una grazia angelica e le sue interpretazioni degli esercizi ginnici, e i suoi gesti atletici, sono un vero concentrato di tecnica e bellezza, davanti al quale si inchina estasiato tutto lo stato Giapponese e il mondo intero. Da sola a Tokyo riesce a conquistare gli stessi successi delle rivali sovietiche. Vince tre medaglie d’oro, concorso generale individuale, volteggio, trave e un argento nel concorso generale a squadre. Successi che gli valgono una grande fama dentro e fuori i confini della Cecoslovacchia.

La dolce ragazza Vera Caslavska ora è diventata donna e simbolo della sua nazione, non manca infatti di firmare quel “Manifesto delle 2000 parole” con cui si chiede a tutti i cittadini cecoslovacchi di appoggiare la svolta democratica in atto nel paese. Costretta a scappare dalla Cecoslovacchia dopo l’invasione russa, si rifugia in Messico, dove si disputeranno i prossimi Giochi Olimpici, e per non perdere l’allenamento, inizia a fare lavori duri, che gli consentono di non perdere la forza nei suoi muscoli, forza ottenuta con grandi sacrifici e massacranti allenamenti.

Malgrado le avversità che ha dovuto subire, Vera Caslavska si presenta con più determinazione, stile e grazia ai Giochi Olimpici di Città del Messico, dove ottiene il massimo possibile vincendo quattro medaglie d’oro: concorso generale individuale, parallele asimmetriche, volteggio e corpo Libero e due medaglie d’argento: concorso generale a squadre e trave. Ed è proprio a Città del Messico, il 26 ottobre 1968, che Vera sposa Joseph Odlozil, mezzofondista connazionale che s’ è fermato alle semifinali olimpiche sui 1500 metri.

Alla suggestiva cerimonia nella cattedrale della capitale messicana seguono un affollato ricevimento al villaggio olimpico e la luna di miele a Capri. Il ritorno in patria è però difficile per la Caslavska. Al contrario di Zatopek, il leggendario fondista costretto a fare autocritica per evitare ritorsioni da parte del regime comunista, la Caslavska si rifiuta di ritrattare ed è costretta a rifugiarsi a Jumperk, una cittadina a cinquanta chilometri da Praga, dove soltanto la vasta eco delle sue straordinarie imprese olimpiche le propizia il perdono delle autorità governative.

Passano gli anni. Vera mette al mondo due figli, il suo rapporto col marito s’ incrina fino ad arrivare al divorzio. La passione per la ginnastica resta e, commentando il dilagare delle bambine d’oro che venivano impasticcate da allenatori senza scrupoli per ritardarne artificialmente la pubertà dirà, senza peli sulla lingua “Sono bambine da circo”, alludendo alla Korbut, alla Comaneci e alla Kim. “Quando io raggiunsi il tetto della mia carriera agonistica ero tra i 22 e i 26 anni, mi sentivo una vera donna e avevo realizzato un perfetto equilibrio tra lo sport e la vita di tutti i giorni. Ero matura in ogni senso, insomma. Nella ginnastica la tecnica non è tutto e una bimba non potrà mai avere la classe di una donna, né raggiungere la stessa totale armonia“.

Cade il muro di Berlino, l’ Unione Sovietica va in frantumi e anche la Cecoslovacchia si divide in due. Della Caslavska si torna a sentir parlare nel ‘ 90, allorché Vaclav Havel, presidente della Repubblica ceca, la nomina consigliere per lo sport. È l’ avvio di una carriera politica inarrestabile che nel ‘ 93 la conduce alla presidenza del Comitato olimpico del suo Paese e nel ‘ 95 le schiude le porte del Cio, dove entra a far parte della commissione per la solidarietà olimpica. Una tragedia familiare è però in agguato, allorché suo figlio Martin, dopo una lite furibonda, uccide il compagno della madre e rischia l’ ergastolo. Vera è distrutta. Precipita in una profonda crisi depressiva e viene ricoverata per qualche mese in una clinica per malattie mentali. Quando viene dimessa, abbandona tutte le cariche per motivi di salute.

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