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Sci di fondo, l’incognita Norvegia nel calendario 2020-21. Paura e prudenza influenzano lo sport: forse troppo?

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Le discipline invernali stanno definendo i calendari in vista della stagione 2020-21, tuttavia diversi sport si trovano già ora a fare i conti con incognite legate alla reale possibilità di disputare le gare programmate. In particolare, l’eventualità che il governo norvegese decida di mantenere chiuse le frontiere sino al 1° gennaio 2021 pone diverse problematiche sia in fase di preparazione, che di effettivo svolgimento degli eventi.

Sono le discipline nordiche le più colpite, in quanto nel mese di novembre è consuetudine per tutti i Paesi effettuare raduni in Scandinavia e territori limitrofi, allo scopo di ritrovare la neve sotto gli sci prima dell’effettivo inizio della Coppa del Mondo. In tal senso, la Norvegia è la meta privilegiata per effettuare questo tipo di stage di allenamento. Non a caso, le gare-test tenute sul suolo norvegese sono quelle di livello medio più alto, proprio perché godono di ampia partecipazione internazionale, a differenza di quelle che vanno in scena in Svezia e Finlandia, generalmente frequentate solo dagli atleti locali e dai russi. Dunque, un eventuale prolungamento dell’attuale divieto d’ingresso in Norvegia porrebbe agli staff tecnici una serie di ostacoli inediti in fase di preparazione, nonché una sfida in più per le federazioni internazionali, che si vedrebbero costrette a ridisegnare la parte iniziale di svariati calendari.

Questa eventualità porta a una riflessione di carattere più ampio. Lo sport, essendo da sempre fonte di aggregazione sociale, è uno dei settori maggiormente colpiti dalla pandemia di Covid-19. Tuttavia non si può restare fermi all’infinito, poiché l’emergenza è superata e si può pianificare una ripartenza. Cionondimeno, il timore del contagio sta condizionando oltremodo la ripresa delle competizioni sportive. Poche, sinora, hanno avuto il coraggio di ripartire. Nel calcio la Bundesliga è un esempio virtuoso, mentre meritano un plauso anche le istituzioni motoristiche statunitensi. La Nascar ha già ricominciato a gareggiare, mentre l’Indycar si appresta a riaccendere i motori a partire dal 6 giugno. Dunque è evidente come si possa riprendere, ma ben pochi si decidono a farlo davvero.

Guardando agli sport invernali, viene pertanto da chiedersi come ci si potrà muovere in vista dell’annata ventura. L’ipotesi che la Norvegia chiuda le frontiere sino al 2021 è solo la punta di un iceberg in cui le federazioni internazionali e i comitati organizzatori possono ben poco. A tirare le fila sono governi e legislatori, le cui decisioni condizionano inevitabilmente la ripresa sportiva. Pertanto, cosa potrebbe accadere nel caso la paura e prenda il sopravvento sulla razionalità e la necessità di tornare alla normalità?

È evidente che a seconda del contesto, le conseguenze sarebbero ben diverse. In particolare verrebbero messe più in difficoltà le location e gli eventi in cui si è soliti avere molti spettatori in loco. Questo perché, in caso di norme che impongono la riduzione degli spettatori o addirittura li vietano, i comitati organizzatori vedrebbero ridotti notevolmente gli introiti che sono abituati a ottenere con la vendita dei biglietti. Anzi, andrebbero in perdita e, di conseguenza, potrebbero rinunciare in toto all’organizzazione dell’appuntamento. Al contrario, dove si è soliti avere pochi spettatori, si potrebbe riprendere senza grossi scompensi.

Insomma, mancano ancora sei mesi all’inizio della stagione 2020-21, ma l’organizzazione degli eventi sportivi del prossimo inverno appare un terno al lotto. Le federazioni internazionali dovranno obbligatoriamente studiare “Piani B” e “Piani C” proprio per fronteggiare l’eventualità che le varie leggi nazionali possano spingere alcune location a rinunciare agli eventi. Oppure, ove possibile, si potrebbe valutare una differente ripartizione dei proventi dei diritti televisivi proprio per sostenere i comitati organizzatori più penalizzati. In altre parole, l’ipotesi del prolungamento dell’attuale travel ban norvegese è il segnale che gli sport invernali potrebbero trovarsi ad attraversare un terreno inesplorato nel prossimo futuro, nella speranza che su di esso non vengano posti troppi paletti da parte di chi dovrebbe favorire la ripresa, in tutti i sensi.

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paone_francesco[at]yahoo.it

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Foto: La Presse

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