Ciclismo
Ciclismo, Oliver Naesen: “Non è la fine del mondo correre senza il pubblico”. I corridori belgi preferiscono gareggiare a porte chiuse
Secondo i risultati di un sondaggio condotto da Sporza, la maggior parte dei ciclisti professionisti del Belgio preferirebbe continuare la stagione correndo “a porte chiuse”. L’indagine ha evidenziato gli impatti del Coronavirus sui professionisti fiamminghi, e ha incluso tre aree principali, ossia: correre senza un pubblico, il tempo necessario per allenarsi prima di riprendere a correre, e la percentuale di ciclisti che hanno dovuto rinunciare ad una parte delle loro entrate. Lo stesso presidente dell’UCI David Lapparient ha sottolineato che il calendario rivisto rimane comunque dipendente dallo sviluppo del COVID-19, insieme alle precauzioni e alle linee guida sulla salute stipulate in ogni nazione; e che includono considerazioni sull’ospitare eventi senza grandi raduni di spettatori.
Il portacolori dell’AG2R La Mondiale Oliver Naesen, ha fatto eco a questo sondaggio dicendo a Sporza che: “Senza un pubblico, non è la fine del mondo. Non è ciò che sogniamo quando corriamo, ma tempi difficili portano a misure difficili”. “È semplice. – ha dichiarato Naesen – Se tutti devono competere sullo stesso livello, va bene. Per il momento, i ciclisti dei diversi paesi saranno in grado di pedalare di nuovo. Mi aspetto che il livello generale del Tour sia più basso. Non penso sia anormale che tutti raggiungano un livello accettabile abbastanza rapidamente, ma il 60-80% contro il 100% è ancora una differenza. Una perdita può essere compensata dalle gambe fresche. Andare in montagna per 30-40 giorni, porta anche ad un affaticamento. È molto difficile da prevedere, ma non saremo migliori rispetto agli altri anni”.
E sempre secondo il sondaggio di Sporza, quasi il 60% dei ciclisti belgi che hanno partecipato, ha avuto uno stipendio ridotto del 20-40%: “Ho risposto che dovevo arrendermi un po’ – ha detto Naesen – Non ho dovuto rinunciare a uno stipendio, ma molto probabilmente i bonus non verranno raggiunti; tipo una tredicesima o qualcosa del genere. Nessuno si arricchisce in una crisi, ma penso che sia una punizione che un contratto concordato si riveli non essere così obbligatorio”.
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lisa.guadagnini@oasport.it
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Foto: Lapresse