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Novak Djokovic: un’iniziativa lodevole, gli errori commessi e una crocifissione ingiusta

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“Il nostro torneo era di carattere umanitario con l’idea di aiutare i giocatori di tennis della regione, di fornire loro le condizioni per giocare, guadagnare denaro e in questo modo superare più facilmente questo difficile periodo. Allo stesso tempo, volevamo inviare messaggi di solidarietà e rispetto, fair play. L’obiettivo era anche quello di aiutare le fondazioni di beneficenza e coloro che hanno più bisogno di aiuto, e sono lieto che un gran numero di persone abbia aderito a tale iniziativa. Abbiamo organizzato il torneo in un momento in cui il virus si è indebolito, credendo che le condizioni per il suo mantenimento fossero state soddisfatte. Sono estremamente dispiaciuto per ogni singolo caso di infezione. Seguo le dichiarazioni dei medici e spero che il numero di persone infette non aumenti.Spero che la situazione di salute di nessuno sia complicata e che tutti stiano bene. Rimarrò in isolamento per i prossimi 14 giorni e ripeterò il test tra 5 giorni“,

Erano queste le parole di Novak Djokovic (numero uno del mondo del tennis) nel giorno dell’annuncio della sua positività al Covid-19, dopo le notizie riguardanti i contagi del bulgaro Grigor Dimitrov, del croato Borna Coric e dell’altro serbo Viktor Troicki, considerando i tennisti i coinvolti nell’ormai arcinoto Adria Tour (mini-circuito di esibizione ideato da Nole e dal proprio entourage).

L’idea era lodevole, ovvero inviare un messaggio di ripresa e di ripartenza di cui potessero beneficiarne tutti: i tennisti in campo, il pubblico e anche chi aveva bisogno di aiutato. Il target, come sottolineato da Novak, era anche quello di aiutare le fondazioni che si occupano di chi è più in difficoltà. L’asso nativo di Belgrado, da questo punto di vista, è stato nel corso della pandemia molto vicino a chi ha sofferto, ricordando le sue donazioni (all’ospedale di Bergamo ad esempio).

Sono stati però commessi degli errori, di cui il campione balcanico sta pagando le conseguenze, ben oltre le proprie responsabilità. La crocifissione a cui stiamo assistendo in questi giorni è eccessiva per il semplice fatto che chi ha preso parte all’Adria Tour, formalmente, non ha violato alcuna regola. Dal 7 maggio le misure di contenimento in territorio serbo sono state allentate. Non è più necessario esibire una prova di negatività all’ingresso nel Paese e a partire dal 5 giugno sono state rimosse le restrizioni relative alla partecipazione di pubblico ad eventi all’aperto, fermo restando il rispetto della distanza interpersonale di un metro che rimane ‘fortemente consigliata‘. In sostanza, ci si è affidati al buonsenso dei singoli. Quanto alla Croazia, a fine maggio è stato revocato il divieto di organizzare eventi pubblici con più di 40 persone e il giudizio per ogni singolo evento, da allora, è stato demandato al parere dell’Istituto Croato di Sanità Pubblica, che evidentemente ha avallato il mini-circuito.

Per cui la parola “magica” in questo discorso è buonsenso. E’ chiaro che il comportamento non è stato irreprensibile in termini di modello e si sono sottovalutati gli effetti del virus. Da questo punto di vista, Djokovic paga perché è un personaggio pubblico di una certa rilevanza. Il serbo è il riferimento dei tennisti in virtù del suo ruolo di presidente del Player Council. Si tratta di una posizione politica a tutti gli effetti, con oneri e onori. Pertanto l’essersi esposto così tanto ha portato agli attacchi di questi giorni.

Critiche, però, che per quanto detto non possono non tener conto delle oggettive responsabilità politiche, assolutamente inadeguate, se si pensa alla gestione di altri Paesi come l’Italia, che stanno cercando di ripartire. La famosa partita di calcio tra Stella Rossa e Partizan di Coppa, con 25mila spettatori, ha avuto già i suoi effetti in termini di contagi. Di conseguenza il tiro al piccione (Djokovic) è fuori luogo, nella misura in cui sono altri a dover rispondere davvero.

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Foto: LaPresse

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