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PGA Tour Golf, Charles Schwab Challenge 2020: le 18 buche ai raggi X. Il Colonial uno storico percorso che premia la precisione

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Il PGA Tour riparte questa settimana, dopo tre mesi di stop dovuto alla pandemia del COVID-19. Attesissimo il Charles Schwab Challenge ormai da parecchio tempo, sia per il ritorno ufficiale del grande golf sia per un field di assoluto spessore con tantissimi nomi di peso che hanno deciso di togliersi immediatamente la ruggine. Jason Day, Bryson DeChambeau, Rickie Fowler, Dustin Johnson, Brooks Koepka, Phil Mickelson, Jon Rahm e Rory McIlroy sono solo alcune delle stelle che da giovedì calcheranno lo storico percorso del Colonial Country Club.

Andiamo ad analizzare questo incredibile percorso, uno dei più antichi del calendario del PGA Tour, realizzato nel lontano 1936 da Keith Foster, John Bredemus e Perry Maxwell. Si tratta di un campo relativamente corto, un par 70 di 7209 yards che si snoda tra stretti fairway circondati da alberi e presenta anche l’insidia dell’acqua che entra in gioco in sei delle 18 buche. Qui la potenza è certamente un fattore di relativa importanza rispetto alla precisione, specialmente quest’anno che non ci sarà il pubblico a calpestare e rendere meno punitivo il rough ai lati della zona di atterraggio del primo colpo.

Buca 1: si inizia subito con uno dei due par 5, 563 yds per il cuore del green anche se è complicato da raggiungere in due colpi a causa dei numerosi bunker posti a protezione sia del fairway che del green. La migliore chance per il birdie, storicamente, è lasciarsi un comodo wedge di terzo.

Buca 2: l’inizio soft prosegue con un corto par 4 di 387 yds, una delle migliori occasioni per abbassare lo score. Dal tee la scelta è abbastanza ovvia: sparare una bomba verso il green, raggiungibile passando sopra degli alti alberi sulla destra, o appoggiarsi dal lato opposto a una distanza perfetta per attaccare l’asta.

Buca 3: dopo il paradiso inizia l’inferno. La terza buca rappresenta infatti la prima dell’ “Horrible Horseshoe”, un terzetto di grande difficoltà che ha storicamente causato molti problemi anche a campionissimi. Un lungo par 4, dogleg a sinistra da 467 yards, necessita un perfetto tee shot tra alberi e bunker per poter cercare il centro del green e portare a casa il par.

Buca 4: il par 3 più lungo del Colonial, con 252 yds. Il green è sopraelevato rispetto alla zona del tee e questo rende le cose ancora più complicate. Aneddoto curioso, questo par 3 è l’unico a non aver mai visto una buca in 1 nei 62 anni di storia del torneo, ma anche i birdie sono molto rari.

Buca 5: 472 yds di par 4 che chiude il trittico infernale nella maniera più ostica. La buca più difficile del percorso per media score e naturalmente anche la più famosa. Il tee shot deve essere veramente accurato, soprattutto da evitare la zona a destra con il ruscello che chiama la penalità, ma anche in caso di successo l’obiettivo rimane la difesa del punteggio e difficilmente si attacca l’asta.

Buca 6: si respira con un par 4 normale da 394 yards, un dogleg sinistra-destra che in seguito ad un tee shot preciso può permettere anche un comodo attacco al green. Attenzione però perché la lettura del putt può essere critica.

Buca 7: ancora un par 4, questa volta la distanza cresce a 432 yds. La buca è perfettamente diritta, il colpo di partenza deve raggiungere il fairway senza particolari curve e il secondo colpo può portare ottime sorprese se si prendono dei rischi.

Buca 8: il secondo par 3 delle front 9, lungo 194 yds. Il green è diviso in tre livelli e spesso anche il vento entra in gioco con forti raffiche trasversali, quindi il birdie è possibile ma solitamente è necessario imbucare dalla media/lunga distanza.

Buca 9: 408 yards di par 4 in leggera curvatura verso destra. Un layout affascinante ma altrettanto pericoloso, l’acqua prima del green è assolutamente in gioco specie con alcuni tipi di bandiere e qui si sono visti in passato anche score molto elevati in seguito a qualche errore di troppo. Anche dopo un tee shot diritto e preciso l’approccio rimane dunque rischioso e non è una buca da birdie.

Buca 10: quasi stessa distanza per il par 4 che apre le back 9, 407 yds. Il disegno è molto lineare ma questa resta la seconda buca più tosta della parte finale del Colonial. Il tee shot va mirato idealmente a sinistra per avere un angolo d’attacco al green ottimale.

Buca 11: il secondo e ultimo par 5 del percorso, 611 yds. Il tee shot è abbastanza diritto e relativamente semplice, una delle poche occasioni in cui i bombardieri possono “farla volare” come desiderano, ovviamente attenti ad evitare i bunker di sinistra. Tendenzialmente va giocato a tre colpi ma i più lunghi possono raggiungere il green, nonostante anche qui la protezione di numerosi ostacoli di sabbia renda complicato il compito di evitare il colpo col sand di terzo.

Buca 12: 412 yards, par 4 che la media score definisce come il più complicato delle back nine. Il fairway è un dogleg a sinistra che richiede sia potenza che precisione per potersi permettere un approccio meno complicato. Anche qui entra molto in gioco il vento e il green è ben difeso dai bunker.

Buca 13: terzo par 3, la buca più corta del percorso con sole 171 yds che però presentano la difficoltà principale: l’acqua (davanti e a destra). Il colpo deve essere giocato completamente sopra l’ostacolo e raggiungere un green molto piccolo, con il vento che può rendere ancora più complicato centrare il bersaglio.

Buca 14: si prosegue con un par 4 da 448 yds con una curvatura verso sinistra. Il tee shot richiesto è dunque un bel draw in centro fairway per poi attaccare il green con un approccio in ogni caso abbastanza lungo. Spesso il vento soffia forte e contrario e questo può generare ulteriori problemi nell’approccio.

Buca 15: ancora un par 4 di dimensione normale, 428 yards. Anche in questo caso il dogleg gira verso sinistra ed è necessario stare attenti al fuorilimite fissato sulla zona destra della zona di atterraggio del drive, ma non esagerare neanche a sinistra perché gli alberi sono molto fitti. Se tutto fila liscio però il green potrebbe essere anche attaccabile e generare una buona chance di birde.

Buca 16: l’ultimo par 3, 188 yards. La caratteristica principale è un green molto ripido, quindi è fondamentale rimanere corti sotto la buca per puttare in salita.

Buca 17: un par 4 molto corto, 382 yds, ma altrettanto pericoloso. Un dogleg a destra che richiede un tee shot sulla zona sinistra del fairway per attaccare la bandiera. Anche l’approccio resta comunque critico nonostante la corta distanza, è necessario scegliere perfettamente la distanza a cui rimanere col colpo di partenza.

Buca 18: Ultimo sforzo con l’ennesimo par 4, lungo 433 yards. Necessario un comodo draw dal tee in questo dogleg a sinistra con alberi pronti a raccogliere ogni imprecisione. Il lago protegge il lato sinistro del green, circondato anche da bunker. 

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michele.brugnara@oasport.it

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Foto: shutterstock.com

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