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Viviana Bottaro, karate: “Il rinvio di Tokyo 2020 gioca a mio favore, lavoro per vincere l’oro. Continuo finché ho stimoli”

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Viviana Bottaro è entrata nella storia come la prima karateka italiana a qualificarsi per i Giochi olimpici: un traguardo raggiunto lo scorso 14 febbraio addirittura da casa, in virtù di una combinazione di risultati che la riguardavano da vicino, e che ha premiato un percorso di due anni durante il quale la ligure è stata semplicemente impeccabile. La pandemia ha rimandato il sogno di Tokyo 2020 all’anno prossimo, ma l’atleta delle Fiamme Oro resta focalizzata al 100% sull’obiettivo, convinta anzi che questi mesi in più possano soltanto aiutarla per arrivare ancora più pronta all’appuntamento. L’abbiamo raggiunta telefonicamente per un’intervista nella quale la stella del kata ha spaziato a 360 gradi tra quarantena, Olimpiadi e ricordi speciali della sua carriera.

Viviana, in questo momento dovreste essere nel pieno della stagione agonistica e invece il karate è fermo in attesa di una difficoltosa ripartenza. Come stai vivendo questa situazione?

“Adesso molto meglio, ma all’inizio non è stato facilissimo. Ormai ero focalizzata sul fatto che il 2020 sarebbe stato l’anno più importante della mia carriera, quindi è stata una bella botta. Poi, però, mi sono pian piano adattata alla situazione, come gli sportivi sanno fare, e adesso sto bene, sono serena. Noi siamo abituati a disputare una o due gare al mese e quindi non si ha mai il tempo di compiere un salto di qualità, mentre ora, avendo tanti mesi a disposizione, ho la possibilità di fare un bel lavoro. Certo, stare lontana dalle gare non è semplice, però sto guardando il lato positivo”.

Come hai trascorso il lungo periodo di lockdown?

“È stato un periodo particolare un po’ per tutti noi. Quando affronti una situazione del genere lo sport viene messo da parte e ragioni più come cittadina e come persona. All’inizio c’era chiaramente un po’ di preoccupazione, però è stato un momento di crescita personale. Ho avuto più tempo per fare cose che prima non facevo: ho letto di più, ho avuto l’occasione di lavorare sulla mia mente attraverso un percorso specifico con la mia mental coach, ho cucinato. Alla fine è stato bello, due mesi di stacco rispetto ai ritmi frenetici della vita normale”.

Tra chiusura totale prima e riaperture parziale poi, come sei riuscita ad allenarti?

“Durante la quarantena facevo un allenamento al giorno nel mio soggiorno. Abito in appartamento e in questo momento ho invidiato tanto chi ha la villa (ride, ndr). Ho comprato vari attrezzi e ho organizzato a casa una piccola palestra. Ho lavorato sulla tecnica, però chiaramente l’intensità non poteva essere alta, non avevo gli strumenti per farlo; l’obiettivo era, più che altro, il mantenimento fisico. Poi, dopo questi due mesi, grazie alle Fiamme Oro siamo riusciti a riaprire la palestra e ora, da qualche settimana, mi sto allenando a pieno regime, seguendo chiaramente tutte le regole del caso”.

Le Olimpiadi di Tokyo, l’appuntamento più atteso di quest’anno, sono state rinviate al 2021. Cosa cambia per il tuo percorso?

“Io quest’anno compio 33 anni, però fisicamente sto bene. Ho una mentalità differente rispetto a quando avevo vent’anni: sono sempre stata molto professionale, però quando superi i trenta raggiungi una maturità diversa. Non è un problema dover aspettare un anno in più, a quest’età ormai cambia poco. Più che altro, avevo in mente di dedicarmi ad alcuni progetti personali che a questo punto saranno rinviati, ma per le Olimpiadi aspetto anche sette anni. Anche perché sinceramente non ho idea di quando smetterò: non mi pongo paletti da questo punto di vista, finché mi sento in forma e ho stimoli continuo. Detto questo, per il mio percorso il rinvio è soltanto positivo perché, a differenza di altre atlete nella mia categoria, sento di avere ancora un margine di miglioramento e il tempo può solo aiutarmi”.

Sei stata la prima karateka italiana a qualificarsi per i Giochi. Che emozioni hai provato?

“Un’emozione grandissima. Ero a casa, non ero partita per la trasferta di Dubai. Chiaramente avevo già fatto i conti: c’erano alcune condizioni che mi permettevano di qualificarmi già durante quella gara ed andata proprio così. È stato bellissimo, ho ricevuto mille chiamate. I miei compagni erano a Dubai per la gara e io a casa qualificata, cose assurde. Quello che mi ha dato maggiore soddisfazione è stato il mio percorso: due anni intensi in cui mi sono guadagnata la qualificazione sul campo, davvero bello”.

Proviamo a sognare. Cosa significherebbe per te vincere l’oro alla prima edizione delle Olimpiadi in cui è presente il karate e, perdipiù, in Giappone, quella che può esserne considerata la patria?

“Tanta roba. Io lavoro per vincere l’oro, te lo dico tranquillamente. Per arrivare a questa mentalità ci ho messo un po’, perché io sono una con i piedi per terra, sempre molto critica con me stessa. Però ad oggi io voglio giocarmela con tutti, perché poi quel giorno vincerà anche chi è più pronto emozionalmente e io sto lavorando tanto sotto questo punto di vista. Se succedesse sarebbe una cosa bellissima, battere la giapponese proprio a Tokyo significherebbe scrivere la storia. Mi dà molta motivazione”.

Nel ranking olimpico ti sei posizionata al terzo posto dietro alla spagnola Sandra Sanchez Jaime e alla giapponese Kiyou Shimizu. Hanno qualcosa in più o pensi di potertela giocare alla pari?

“Secondo me quel giorno ce la giochiamo alla pari. La spagnola rispetto a me è arrivata più pronta prima, ha fatto un percorso individuale molto forte, cosa che a me è mancata perché fino al 2017 facevo anche le gare a squadre. Quindi io ho avuto miglioramenti un po’ più a lungo termine rispetto a lei, ho sempre dovuto rincorrere. La stessa cosa vale per la giapponese: anche lei è sempre stata un’individualista e ha raccolto i frutti prima di me. Loro attualmente sono più pronte, ma io ho un margine di miglioramento più ampio rispetto a loro, so che posso migliorare tanto tecnicamente. Dovrò lavorare tanto per sorprendere tutti. E poi, a gennaio, nell’ultima gara in cui ho sfidato la giapponese ho vinto e questa cosa è rimasta nell’aria, è importante”.

Tornando invece alle origini, come ti sei avvicinata al kata? E cosa ti piace di più di questa disciplina?

“Mi sono avvicinata un po’ per caso. Quando ti iscrivi a una società non professionistica di karate, tendenzialmente è una palestra o di kata o di kumite. E io casualmente mi iscrissi a una palestra in cui facevano kata. Ho provato anche il kumite per un anno e mezzo, ma ho capito che mi piaceva molto di più il kata. È uno sport individuale, perché tu sul tatami sei da sola, però per arrivare a un prodotto di qualità c’è dietro un grande lavoro di squadra, che coinvolge il tuo tecnico, il tuo preparatore, il tuo staff, il tuo nutrizionista: quando si vince lo si fa tutti insieme. Io sono sempre stata una ragazza timida e riservata, ma quando stavo sul tatami non mi importava di nulla: per me era un momento magico in cui potevo esprimere in maniera naturale il mio lato egocentrico. Quindi mi sono appassionata e poi da lì è partito tutto”.

Se dovessi sceglierne uno, qual è il ricordo più bello della tua carriera?

“Il più bello risale a due anni fa. Ho vinto semplicemente una tappa di Premier League a Istanbul, però me la ricorderò per sempre come la gara perfetta. Prima di allora nessuna karateka europea aveva battuto la Shimizu e io in quella gara l’ho sconfitta in finale. Lì ho abbattuto un muro: la giapponese sembrava insuperabile e invece sono riuscita nell’impresa e questo ricordo magico lo porterò con me per tutta la vita. Potrei anche dirti la vittoria degli Europei, sicuramente è stato bellissimo, però in quell’occasione lì, in una banale tappa di Premier League, ho fatto qualcosa che va al di là della medaglia”.

Un’ultima domanda. Come giudichi, in generale, il movimento italiano? Potremo toglierci soddisfazioni in quel di Tokyo?

“Sì, di questo sono convinta. Siamo forti, sia nel kata che nel kumite. Da fuori veniamo ammirati, perché c’è molta tecnica e molto studio. Siamo sicuramente tra le nazioni protagoniste a livello mondiale. Quel giorno l’emozione giocherà un ruolo determinante, però sulla carta siamo tutti da podio”.

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antonio.lucia@oasport.it

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Foto: FIJLKAM

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