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Arianna Landi, basket femminile: “A Vigarano per dimostrare di valere l’A1. Ho avuto la fortuna di essere nella stessa annata azzurra di Zandalasini”

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Il rinnovamento di Vigarano passa anche dal volto di Arianna Landi, che tra le giocatrici del club in provincia di Ferrara ha la caratteristica che più risalta: ha vinto il titolo di Campione d’Italia nella stagione 2016-2017 con Lucca. Ma la sua voce non parla soltanto del ritorno in A1 dopo gli anni del Cus Cagliari, una delle due anime cestistiche della città sarda in campo femminile (l’altra è la Virtus): nel suo vissuto, infatti, ci sono anche brillanti esperienze con le Nazionali giovanili e con quella del 3×3, per la quale ha vissuto da molto vicino i giorni in cui si stava costruendo il trionfo ai Mondiali 2018 dell’Italia. L’abbiamo raggiunta per un’intervista telefonica dopo una delle sessioni di allenamento in cui è impegnata in questi giorni.

In questi giorni, per molte di voi, anche a Vigarano, la preparazione è ricominciata. Tu come la stai affrontando, al netto del fatto che è particolare venendo da un periodo ancor più particolare?

“È un po’ atipica come situazione, però dopo quattro mesi di stop al 100% necessitavamo tutte di ricominciare tutte, bene o male, un po’ prima, anche solo per riprendere un po’ la sensazione del campo e rimetterci “in forma”, perché l’abbiamo un po’ accusato. A casa ci siamo un po’ autogestite, ma non è la stessa cosa allenarsi con un pallone in mano, o in campo, rispetto a farlo guardando il pc”.

Quando l’anno scorso eri a Cagliari, come hai vissuto quello stop, contando anche il fatto che non è stato facilissimo comunicarlo?

“Il primo mese è stato un po’ di attesa e speranza che tutto potesse ricominciare, poi è arrivata la brutta notizia che il campionato doveva fermarsi e sarebbe stato annullato, quindi il dispiacere è stato grande. A maggior ragione c’è voglia di ricominciare: vogliamo assolutamente riscattarci da questa metà d’anno che abbiamo fatto, e ancor più vorremmo avere notizie o ufficialità che purtroppo non ci sono state date, non solo dal Governo, ma anche dalla Federazione. Stiamo ricominciando ad allenarsi, ma l’ufficialità del nuovo inizio delle attività non è ancora arrivata. Non voglio essere critica, perché stanno tutti attendendo notizie dall’alto, però anche avere qualche informazione più ufficiale in un periodo nel quale potremmo iniziare ad allenarci con contatto, cosa che ancora in molte Regioni non è possibile, e poi ricominciare il campionato, non sarebbe male, anche per entrare nell’ottica di idee di ricominciare”.

Per te come s’è concretizzato l’arrivo a Vigarano?

“Per me è un ritorno vicino casa. Quando mi è arrivata la chiamata di Claudio Bagnoli e Andrea Castelli, l’allenatore, è stato subito amore a prima vista perché è un’esperienza nuova, avevo già giocato l’A1 ma facevo panchina. Poi conosco bene l’ambiente, lo staff, e so per certo che sarà un’annata molto interessante perché loro so che ci metteranno il 110%. Diciamo che è bastato poco per convincermi. Sono veramente felice di questa scelta che ho fatto e di questa opportunità che mi è stata data”.

Anche perché Vigarano ha sempre avuto questa fama, negli ultimi anni, di lavorare bene e di farlo con le giovani, che non è cosa da poco: basta vedere le destinazioni di Giulia Natali e Caterina Gilli.

“Assolutamente. Come piazza, anche se è un paesino molto piccolo, è sempre stata più che positiva. A maggior ragione con le giovani. Castelli e la società hanno creato un roster molto giovane e forse anche “inesperto” per la categoria. Sarà ancora più bello metterci alla prova tutte quante, visto che è una novità un po’ per tutte”.

A Vigarano avete un roster che è quasi il più internazionale della Serie A1, perché c’è Macarena Rosset argentina, Elena Tasevska e Matea Atanasovska macedoni, Tetyana Yurkevicius lituana, Ja’Tavia Tapley americana. T’eri mai trovata in una situazione simile e cosa ti aspetti da questa in particolare?

“Hai detto bene, molto molto internazionale, perché anche se ce ne sono due italiane di formazione, sono più le non italiane che le italiane. Però secondo me è più che positiva questa cosa. Soprattutto per il punto di vista dell’età: siamo molto molto giovani e potremmo toglierci veramente tante soddisfazioni. È un incentivo in più, quello di essere più internazionali che italiane, anche perché molte non ci conoscono neanche. Siamo una novità per il campionato”.

Anche perché quest’anno è cambiato praticamente tutto a Vigarano.

“Assolutamente”.

C’è stato un periodo in cui Vigarano ha ballato tra A1 e A2.

“Quando ho ricevuto la chiamata era già ufficiale l’A1, ma c’è stato un momento in cui qualsiasi società dava Vigarano per morta. Ragazze come Gilli, Natali e Nativi, ma perché secondo me non sapevano se a Vigarano ci sarebbe stata l’A1. Con un’altra ottica avrebbero a mio parere fatto un altro anno qua, e sarebbero state molto utili perché l’ambiente lo conoscevano, la categoria l’avrebbero potuta fare e sarebbe stato interessante per loro. Peccato, perché le voci sono girate un po’ troppo in fretta quando bisognava avere un po’ più di pazienza e la squadra si sarebbe creata partendo da loro”.

C’è stato anche il problema di Palermo, e Torino ha rinunciato. Questa situazione ha messo in ginocchio tanti.

“Non nascondiamoci dietro a un dito. È un momento critico per il basket femminile. Per me però avere un campionato a 16 non sarebbe stato immaginabile nemmeno 2-3 anni fa”.

Nell’annata 2016-2017, pur partendo dalla panchina, hai vinto il tricolore con Lucca. Che emozione è state e perché poi sei scesa in A2 a Umbertide, a sua volta autoretrocessa?

“Quello lo ricorderò come l’anno più bello della mia vita. Vincere lo scudetto è il sogno di qualsiasi giocatrice, i minuti erano veramente pochi, ero giovane, però allenarmi con Francesca Dotto, Martina Crippa, Jillian Harmon, Julie Wojta, Kayla Pedersen, è stata un’esperienza molto importante e produttiva dal punto di vista tecnico e professionale. Finito quell’anno sono scesa di categoria, perché nella mia testa ho preferito giocare più minuti, mettermi alla prova e capire quello che avevo veramente imparato negli allenamenti con Diamanti a Lucca. Poi a metà anno mi sono fermata, ero andata a Palermo che mi aveva cercato per fare la Coppa Italia e per salire, ma contro Civitanova mi sono infortunata. Non ho potuto giocare i playoff”.

Quella poi è stata quasi la tua prima vera esperienza lontano da Bologna.

“Perché la mia prima è stata a Broni, in cui Broni è salita in A1. Ho fatto due anni abbastanza formativi e importanti dal punto di vista della crescita personale, sia per la lontananza da casa che per i risultati ottimi sia a Broni che a Lucca con lo scudetto”.

Fra l’altro un’A2 dominata.

“Senza sconfitte. Rimarrà negli annali di Broni”.

Parlando invece di Nazionale: tu hai vissuto tutto il periodo delle giovanili, e poi quello del 3×3, avendo avuto un ruolo importante. Quali sono state le differenze tra le giovanili e il 3×3, al netto del fatto che sono due sport diversi?

“Hai detto bene, sono due sport diversi. Per me il 3×3 sta alle basi del 5 contro 5. Se uno sa giocare al campetto sa anche giocare nel campo normale perché, avendo spazi ridotti, si esprime una pallacanestro totalmente diversa. Con le giovanili ho avuto emozioni fighissime ed esperienze fighissime, ho avuto la fortuna di essere nella stessa annata di Zandalasini, Tagliamento, Kacerik, quindi non eravamo proprio una squadretta scarsa scarsa. Qualche soddisfazione ce la siamo tolta, quando c’ero io abbiamo vinto l’argento agli Europei Under 16. Quanto al 3×3, io ho fatto tutto il raduno prima dei Mondiali 2018 con Rulli, Filippi, D’Alie e Ciavarella e quindi un pezzetto di retina di Manila ce l’hanno portata, e ce l’ho ancora nel portafoglio, perché il nostro piccolo contributo l’abbiamo dato. Noi poi quell’anno siamo andate ai Giochi del Mediterraneo, un’altra bellissima esperienza che mi porterò dietro sempre.

Giochi del Mediterraneo in cui, fra l’altro, c’erano anche dei discreti talenti anche al maschile.

“Loro hanno perso in finale contro la Francia. C’erano Spissu, Totè, Bolpin e Nobile. Loro si sono tolti veramente qualche soddisfazione. Noi abbiamo avuto qualche ostacolo di differenza canestri, per poco non siamo riuscite a passare per classifica avulsa. Ma è stata un’esperienza molto molto figa, perché c’erano mille discipline, abbiamo avuto a che fare con quelli dell’atletica e c’era anche Filippo Tortu, con quelli della pallanuoto, ogni sport, ginnastica, beach volley. Troppi”.

Poi, al di là delle differenze di importanza tra singoli sport, qualche nome c’era, come Gregorio Paltrinieri.

“Assolutamente sì”.

Tu cosa pensi del discorso delle mascherine?

“Con le mascherine non si respira neanche all’aria persa, figurati in un palazzetto. Sono contraria, anzi sto cercando di avere dei dibattiti con gente che lavorava nei ristoranti. Prima si tolgono meglio è”.

Pensi, in poche parole, sia meglio fare tamponi prima, come in NBA.

“Non dico ogni mese, ma tenerci monitorate”.

Per te quali sono stati gli allenatori più significativi?

“Il primo che mi ha dato la svolta e alcune chiavi di lettura veramente fondamentali è stato Giovanni Lucchesi, a Bologna. Negli anni ne ho avuti tanti veramente in gamba. Quello che ricordo sempre è lui. Poi Mirko Diamanti che mi ha lasciato veramente tanto, Maurizio Scanzani a Bologna, con cui mi sono trovato veramente bene, però sono stati tutti molto importanti e fondamentali per la mia crescita”.

Lucchesi che, a tal proposito, ha impresso il suo marchio su un’intera generazione.

“Assolutamente. Non mi scorderò mai quando venne il primo giorno e mi disse: ‘Ma come stai tirando?’ E io avevo 14 anni, forse 13. Tiravo ancora a due mani. È stato il primo che mi ha provato a improntare e mi ha lasciato veramente tanto. Lo sento spesso, anche quando ci incontriamo passiamo ore e ore a chiacchierare”.

Quali sono gli obiettivi che si pone davvero Vigarano nella stagione e i tuoi personali?

“Partiamo dai miei: provare a dimostrare di poter valere l’A1, perché è come fosse la mia prima volta. Per quanto riguarda gli obiettivi di squadra penso che non ha neanche troppo senso porsi degli obiettivi. Essendo una squadra nuova, e prevalentemente di giocatrici di A2, l’obiettivo sia lo stesso mio, di provare a dimostrare il nostro valore. Ci teniamo la sorpresa. Non voglio farmi troppi viaggi, ma sono sicura che faremo assolutamente bene”.

Fra l’altro, parlando di squadre che cercano l’occasione dall’A2, sarà un campionato di affamate.

“Saremo una squadra atipica per la categoria, siamo tutte nuove. Ma anche le straniere sono alla loro prima esperienza, sarà importante essere affiatate dall’inizio per fare ancora meglio”.

Ti aspetti una gran battaglia nella seconda metà di classifica?

“Saranno due campionati in uno. Ad alcune squadre non dobbiamo neanche pensare, con altre sarà una bella lotta. Molte squadre non hanno ancora svelato bene il loro roster, ma, per dire, anche Restivo a Sassari secondo me si porterà molte giocatrici da Selargius. Anche loro faranno una squadra prevalentemente, credo, di A2. Poi bisogna vedere le straniere”.

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Credit: Ciamillo

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