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F1, GP Stiria 2020: il silenzio rumoroso della dirigenza Ferrari. Mancanze e confusione nella scuderia di Maranello

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Gli è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare”. Così parlava Gino Bartali, riferendosi al ciclismo e così forse si dovrebbe parlare riferendosi alla Ferrari. Una situazione davvero preoccupante quella della scuderia di Maranello perché dopo appena due gare del Mondiale 2020 di F1 si è a parlare in termini di fallimento.

Non si vuol essere avventati con questa definizione, ma l’andamento delle prestazioni della Rossa, in un contesto nel quale poter riscrivere la storia è complicato, non invita all’ottimismo. Dovendo fare i conti con telaio, motore e cambio congelati e con il sistema della sospensioni che verrà “frizzato” a settembre, gli spazi di intervento sono molto limitati. Il Cavallino Rampante va via da Spielberg con le ossa rotte e, in un certo senso, deve ringraziare Charles Leclerc per motivazioni esattamente opposte:

  1. Il secondo posto del GP d’Austria ha addolcito una situazione nella quale la Rossa, in una gara normale, sarebbe stata doppiata dalla Mercedes, girando un secondo circa al giro più lentamente (in media).
  2. Il crash tra le due SF1000 in curva-3 nell’ultima prova in Stiria, causato da Charles, ha evitato la brutta figura di una vettura assai poco prestazionale quinta o sesta forza sul tracciato.

Per trovare delle soluzioni, bisogna capire l’origine del problema. Il principale, probabilmente, è il rumoroso silenzio della dirigenza. Al di là delle parole di incoraggiamento dell’amministratore delegato Louis Carey Camilleri non si registra altro. Non sappiamo se si sia alzato la voce entro quattro mura, ma si è abbastanza certi che se Sergio Marchionne fosse ancora tra noi quelle mura avrebbero ricevuto un bello scossone.

La sensazione, infatti, è che manchi una guida autorevole. Del resto, la storia parla chiaro e nella gestione di una squadra così importante, sottoposta a pressioni ben oltre il livello di guardia, è necessario un riferimento forte, che sappia indicare una via. Ora come ora c’è tanta confusione e non può essere casuale che per il secondo anno consecutivo la scuderia metta in pista una macchina sbagliata.

Tanti si erano illusi che bastasse portare un fondo nuovo e modificare l’ala anteriore per generare più carico aerodinamico dalla SF1000. Il layout austriaco è stato un giudice implacabile e la famosa correlazione tra dati al simulatore e realtà è un aspetto che ritorna a galla non a caso. Metodologia di lavoro sbagliata? Se lo chiedono tutti e ieri l’ha ammesso lo stesso Team Principal Mattia Binotto, analizzando la situazione.

Allo stato attuale delle cose le deficienze sono tante: manca un direttore sportivo che sappia tenere le fila nel Reparto Corse, manca un direttore tecnico perché non si può sbagliare il progetto di una macchina in questo modo e manca una gestione della comunicazione adeguata, visto quanto è accaduto con l’annunciata uscita di scena di Vettel. Tutto questo non fa altro che alimentare incomprensioni e malumori che non permettono al team di lavorare in maniera collettiva. Pertanto, il contatto di ieri tra i due piloti in pista è la logica conseguenza di una mancanza di gestione del personale, che non può portare a nulla di buono.

Tanti vorrebbero riavvolgere il nastro e tornare ai tempi di Jean Todt e Michael Schumacher, ma in quel periodo c’era tutto quello che ora non c’è: una dirigenza forte, leader al muretto e in pista, in ogni reparto il meglio e con delle responsabilità ben definite. In Ungheria, nel prossimo weekend, si spera possano arrivare degli aggiornamenti che attenuino le problematiche di inserimento e di uscita curva di questa vettura, vista l’atavica mancanza di carico verticale. Difficile, però, mutare il corso e ancor di più trovare ordine in un contesto molto/troppo confuso.

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Foto: LaPresse

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