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F1, GP Ungheria 2020: l’ultimo atto per Mattia Binotto? In Ferrari c’è la necessità di una rivoluzione

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Siamo ai titoli di coda? Chissà…vedremo. Non sono ore facili per Mattia Binotto. Il Team Principal della Ferrari deve fare i conti con una situazione assai deficitaria dal punto di vista tecnico e gestionale.

Il Reparto Corse del Cavallino Rampante è in agitazione e Binotto, nella sua quasi disarmante schiettezza, ha messo in discussione un po’ tutto dopo il disastro in Stiria. La parola “metodo di lavoro”, in questo senso, è un po’ quella chiave. La sensazione è infatti che a Maranello i pur bravi tecnici non siano tutti sulla stessa lunghezza d’onda e alcuni di essi non siano inseriti nel ruolo migliore che gli compete.

Del resto, lo stesso Binotto, fautore della crescita esponenziale della power unit del Cavallino nel periodo di Sergio Marchionne, si è ritrovato ad assolvere un compito complicato in cui non bastano le competenze, ma servono anche aspetti caratteriali. La figura del tecnico italo-svizzero, da questo punto di vista, ricorda molto quella del bravo professore che gli studenti attendono per poter affrontare in serenità le oro scolastiche, senza la tensione dell’interrogazione.

Al di là delle similitudini, la scuderia avrebbe bisogno di una figura più forte in tutti i sensi, capace di far valere una linea con chiarezza senza se e senza ma. E’ questo che viene a mancare allo stato attuale delle cose. Da ciò emergono problemi a cascata: la realizzazioni di due vetture sbagliate (SF90 e SF1000), l’assenza di alcune figure di riferimento, come un vero direttore tecnico capace di coordinare ingegneri valenti, gli attriti tra i piloti e l’esperienza. Quest’ultimo aspetto riporta alla mente gli investimenti fatti sotto la gestione di Luca Cordero di Montezemolo, ovvero gli ingaggi di Michael Schumacher, Ross Brawn e di Rory Byrne, che insieme al grande comandante Jean Todt (in Ferrari già da prima), diedero quella linearità così necessaria.

In questi giorni si fa un gran parlare di problemi di carico aerodinamico e di motore. L’impressione però è che questi aspetti siano conseguenze di una gestione delle risorse umane lontana dal modello ideale e da cui tutto deriva in maniera molto negativa. Difficile, in un contesto del genere, poter battagliare contro una squadra come la Mercedes, vincente in termini di mentalità e di organizzazione. Non è un caso che, per quanto si è visto in Austria, Ferrari è ora la quinta forza in pista. Un dato decisamente allarmante.

Pertanto, se dopo il fine settimana di Budapest si dovesse chiudere l’esperienza di Binotto e iniziare quella di Antonello Coletta, capo del programma Ferrari GT, questa dovrebbe essere accompagnata da altro, vista la necessità di una rivoluzione. Tuttavia, il silenzio rumoroso dell’attuale dirigenza non promette nulla di buono.

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giandomenico.tiseo@oasport.it

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Foto: LaPresse

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