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F1, la Ferrari non va. Non è solo questione di motore…

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Per la Ferrari il Gran Premio di Ungheria si è concluso con una certa delusione. Le qualifiche di ieri avevano mostrato come la Scuderia di Maranello potesse essere considerata la terza forza in campo, alle spalle di Mercedes e Racing Point. Dunque ci si aspettava di poter lottare per il podio o, quantomeno, di classificarsi subito a ridosso delle prime tre posizioni. Invece la gara è stata un calvario. Sebastian Vettel si è piazzato sesto, seppur a un giro da Lewis Hamilton, mentre Charles Leclerc è addirittura arrivato undicesimo, fuori dalla zona punti. Va detto che il monegasco avrebbe potuto attestarsi più o meno nella stessa zona del tedesco, ma ha pagato a caro prezzo la decisione del team di montare gomme soft quando la pista si è asciugata.

Al riguardo è bene fare una precisazione. La mossa di diversificare le mescole utilizzate dai due piloti avrebbe potuto essere corretta. Il Cavallino Rampante si trova a inseguire altre squadre, dunque utilizzare una strategia differente avrebbe potuto sparigliare le carte, consentendo a uno dei due piloti di pescare un jolly. La Haas ha dimostrato che oggi valeva la pena di prendersi un rischio, infatti Kevin Magnussen ha racimolato un punto d’oro proprio grazie alla mossa anticonformista nella gestione degli pneumatici. Il problema è che il box Ferrari non aveva deciso di diversificare le mescole, ma aveva intenzione di andare sulle soft per ambedue le vetture! Lo dimostra il fatto che sia stato Vettel a chiedere espressamente le medie, salvando quindi la sua gara. Insomma, le lacune strategiche che sono state il cruccio della squadra di Maranello negli ultimi anni si sono presentate anche quest’oggi. Alla fine è stata l’esperienza del tedesco a metterci una pezza, consentendo al Cavallino Rampante di non uscire dall’Ungheria con un bilancio ancor più deficitario.

In realtà, come ha specificato Leclerc nelle sue dichiarazioni post-gara, anche se avesse montato le medie, la situazione non sarebbe cambiata granché. Cosa avrebbe potuto fare il monegasco? Nella più ottimistica delle ipotesi avrebbe concluso quinto, perché ambire al quarto posto sarebbe stato impossibile. La SF1000 si è infatti impantanata in gara dopo qualche segnale di vita dato tra venerdì e sabato. Qualcuno potrà dire che la Ferrari ha pagato un secondo dalle Mercedes in qualifica, quindi, quando di giri se ne percorrono settanta, è normale rischiare il doppiaggio. Vero, ma fino a un certo punto. Non è tanto il distacco dalle “Frecce Nere” a lasciare perplessi, quanto quello dagli altri team. Domenica la competitività del Cavallino Rampante è peggiorata rispetto a quella di Red Bull, Racing Point e persino McLaren. Come è possibile?

Al riguardo, le parole di Leclerc sono inquietanti. “Dobbiamo capire perché la macchina aveva un buon bilanciamento venerdì e sabato, mentre domenica no. Dopotutto, non abbiamo cambiato granché il nostro assetto”. In effetti oggi la SF1000 è apparsa letteralmente illeggibile, perché subito dopo aver montato pneumatici duri nuovi, Sebastian Vettel è stato in grado di realizzare il giro più veloce in gara! Insomma, l’attuale Ferrari è in grado di regalare degli isolati lampi, piccoli sprazzi di luce che illuminano per un istante un panorama tetro e desolante. Ieri abbiamo scritto che qualcosa di buono in questa monoposto c’è, lo dimostrano certi intertempi e volendo il GPV provvisorio di Seb odierno. Però è davvero troppo poco e, soprattutto, le dichiarazioni del monegasco fanno intendere come l’attuale Ferrari sia incomprensibile persino per piloti e tecnici stessi.

Nonostante qualche pregio, c’è evidentemente qualcosa di profondamente sbagliato nel progetto SF1000 e non parliamo semplicemente dell’assenza di prestazioni. Se la vettura diventa incomprensibile persino per chi ci lavora costantemente e la deve mettere a punto, significa che il problema è enorme. L’impressione è che piloti e tecnici si stiano facendo in quattro per trovare la quadra del cerchio, ma quando si riesce a imboccare la direzione giusta, basta un’inezia per mandare tutto a carte quarantotto. Insomma, la SF1000 è una matassa difficile da sbrogliare. Non è solo una questione di motore, le magagne di questa vettura sono ben più profonde e diffuse, perché si fatica a trovare un assetto accettabile e, quando ci si riesce, è sufficiente il battito d’ali di una farfalla per far crollare tutto quanto è stato faticosamente costruito. Si tratta di una situazione molto preoccupante e frustrante, perché in queste condizioni, progredire in maniera concreta è pressoché impossibile e i risultati saranno sempre magri, a meno di qualche episodico exploit, come avvenuto nel GP d’Austria.

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paone_francesco[at]yahoo.it

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Foto: La Presse

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