MotoGP
MotoGP, Valentino Rossi e il sogno proibito di un’ultima vittoria, canto del cigno di una carriera irripetibile
Le domande che tutti si stanno ponendo sono le seguenti. Valentino Rossi è forse un brand, come 007? Il suo è solo un nome e periodicamente cambia il pilota che lo utilizza, come avviene con l’attore che interpreta il famoso agente segreto al cinema? Oppure il Dottore ha un ritratto di sé stesso nascosto in soffitta che invecchia al posto suo, come immaginato da Oscar Wilde ne “Il ritratto di Dorian Gray”? Si scherza, perché è difficile trovare una spiegazione razionale nella longevità agonistica del veterano di Tavullia.
Il tempo passa, ma Rossi resta. C’è qualcosa di romantico nel suo attaccamento al motomondiale. Valentino ha 41 anni e ha già vinto tutto quello che poteva essere vinto. Non è più sulla cresta dell’onda, ma nonostante questo fatto prosegue indefessamente a gareggiare, evidentemente spinto da una passione e da una voglia di competere inusuali persino tra i centauri. D’altronde il suo talento è fuori dal comune e lo si è capito nel 2004, quando riuscì in un’impresa che appariva impossibile, ovvero quella di vincere il Mondiale a bordo della derelitta Yamaha, una moto che da più di un decennio veniva costantemente bastonata dalla Honda, abbandonata dal Dottore proprio per dimostrare di essere il migliore in assoluto.
Quella fatta da Rossi fu una mossa assolutamente controcorrente. Di solito nel motor sport il pilota migliore cerca il mezzo migliore. In questo caso, Valentino volle fare l’opposto proprio per ribadire di essere il più forte di tutti. La missione riuscì, poiché dimostrò come l’uomo potesse ancora fare la differenza sul mezzo meccanico. Comprensibile quindi che, grazie a un talento del genere, il Dottore sia ancora oggi in grado di competere ad armi pari con (quasi) tutti i rivali. Non è più nel suo prime e il passare degli anni ha indubbiamente appannato la sua velocità, ma non certo al punto tale da impedirgli di dire ancora la sua nell’attuale MotoGP.
Il passato e il presente del fenomeno di Tavullia sono noti, ma quale potrà essere il futuro? Valentino è ancora in grado di salire sul podio e lo ha dimostrato giust’appunto ieri, ma a questo punto viene da chiedersi se ci sarà ancora modo di vederlo sul gradino più alto.
È innegabile che dal 2016 in poi, la sua percentuale di top-three sia notevolmente sbilanciata verso i piazzamenti. Dopo il Mondiale perso in extremis nel 2015, non senza polemiche, il bottino di Rossi parla di 24 podi. Di questi però solo 3 sono vittorie, alle quali vanno sommati 12 secondi e 9 terzi posti. Non solo, l’ultimo successo è datato 25 giugno 2017 e gli ultimi dieci top-three sono tutti piazzamenti. Comprensibile che sia così in un’epoca dominata in lungo e in largo da Marc Marquez, ma al tempo stesso è innegabile che il limite raggiungibile da VR46 si stia lentamente, ma inesorabilmente, abbassando.
Effettivamente bisogna essere onesti e ammettere che anche nel Gran Premio di Andalucia le circostanze abbiano aiutato il Dottore. Al di là dei ritiri di Bagnaia e Morbidelli, che fanno parte del gioco, non bisogna dimenticare come Marquez fosse assente (cosa che non capiterà molto spesso) e Rins fosse a mezzo servizio. Bravissimo Valentino a sfruttare l’occasione propizia, ma salire sul podio è un conto, vincere è un altro paio di maniche, soprattutto quando oltre a Marquez sta emergendo un altro centauro che fa spavento per velocità e solidità quale Fabio Quartararo.
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Rossi è dunque destinato a recitare il ruolo di magnifico piazzato? Probabile, perché imporsi sarà sempre più complicato. Al tempo stesso è anche un fatto che il Dottore abbia tenuto testa a Maverick Viñales, considerato un pretendente al titolo mondiale, dunque non propriamente l’ultimo arrivato. È palese come l’impresa di tornare al successo sia difficilissima e forse neppure realizzabile, però mai dire mai, perché la storia ha dimostrato come non sia possibile porre limite al quarantunenne di Tavullia. Anche un solo, ultimo, successo oltre gli “anta” sarebbe un commovente canto del cigno che rappresentare la più classica ciliegina sulla torta di una carriera già memorabile così com’è.
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Foto: Valerio Origo