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Sara Bocchetti, basket femminile: “Voglio il riscatto di Battipaglia. Universiadi 2015 l’esperienza più bella della mia vita”

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Con 15.8 punti di media, nella stagione 2019-2020 mai terminata Sara Bocchetti si è rivelata essere la migliore delle italiane in tema realizzativo della Serie A1. Questo basta a rendere l’idea del fatto che, a Battipaglia, avrà un ruolo particolarmente importante nel progetto di ricostruzione della squadra, che negli ultimi due anni ha vissuto momenti spesso non semplici sia in campo che fuori. Il nuovo corso, però, promette obiettivi di livello, per i quali la classe ’93 di Napoli intende dare battaglia fin dalla prima palla a due. L’abbiamo raggiunta per un’intervista telefonica in cui ha raccontato obiettivi, speranze e ricordi azzurri di un certo livello.

Come nasce la scelta di Battipaglia?

“È stata in realtà molto naturale. Negli anni c’è sempre stata stima reciproca. Quest’anno il presidente Rossini mi ha proposto di andare lì, e io subito ho accettato, senza indugio. Conosco lui, da tanti anni, è una persona molto competente nel basket. Quest’anno mi ha detto che i progetti di Battipaglia erano importanti e comunque si vuol far bene, è tutto cambiato e ho proprio visto la sua voglia di cambiare rotta. Siccome Battipaglia negli ultimi anni ha sofferto un po’, adesso si vuol cambiar rotta e sono contenta che abbia scelto me, perché anche io ho sofferto negli anni a vedere Battipaglia far fatica. Voglio far parte della squadra che la porterà di nuovo in alto. Sono contenta e orgogliosa, non vedo l’ora di iniziare per poterlo fare subito”.

Fra l’altro c’è stato anche l’acquisto di Stella Johnson, scelta al terzo giro dell’ultimo draft WNBA.

“Come detto, il roster sarà competitivo, niente a che fare con la Battipaglia ultima in classifica. Sarà un campionato che riporterà rispetto a Battipaglia, sarà il primo degli anni che poi verranno che le riporterà lustro. In tre anni si vuole arrivare a qualcosa di importante. Il primo sarà per iniziare, però chi può dirlo perché questo è un campionato molto strano. Poi con un allenatore come Piazza, esperto, molto preparato, sono sicura che potremo fare davvero belle cose. È la persona che serviva”.

In realtà, quello che sempre si dice della Serie A1 è che ci sono Schio, Venezia, Ragusa e poi le altre. Però l’anno scorso è stato più competitivo degli altri. C’erano San Martino e Geas che facevano le loro buone sorprese, partite mai scontate.

“E anche Vigarano ha battuto Ragusa al PalaMinardi. A me piacciono queste sorprese alle big, penso che con Battipaglia qualcosa di interessante possa accadere. Lo scorso anno è stato un campionato strano, ma con equilibri già definiti. Quest’anno che il mercato è partito un po’ più lentamente le squadre sono un po’ più bilanciate, quindi il campionato è molto più aperto”.

Tranne forse Schio, che ha una squadra da Final Four di Eurolega.

“E poi ce la giochiamo con tutte”.

Quanto può aver inciso, nel tuo trasferimento a Battipaglia, il fatto che a Vigarano ci fosse un’incertezza poi risolta sull’iscrizione in A1?

“Il periodo del Covid-19 ha influito tanto su quelle squadre che vivevano ed esistevano grazie a degli sponsor. Con il virus anche gli sponsor si sono dovuti tirare indietro, l’incertezza non è stata solo di Vigarano, ma di molte squadre del femminile. Sono contenta che sia riuscita ad allestire la squadra, per me sarà sempre un piacere tornare lì anche se da avversaria, perché ci ho lasciato un pezzo di cuore e ci siamo lasciati in buonissimi rapporti”.

Fra l’altro la scorsa è stata la tua seconda stagione di fila in doppia cifra di media, a 15.8 punti, miglior italiana nata su suolo italiano.

“Mi ero prefissata di voler essere la migliore italiana, l’anno prima ci ero quasi riuscita. Questo è stato possibile anche grazie alla squadra che me l’ha permesso, ai dirigenti di Vigarano che mi hanno dato totale fiducia perché si aspettavano questo da me. Loro mi hanno sempre detto di prendere un tiro che, anche se forzato, innescava altri meccanismi, perché la squadra era costruita sul fatto che io dovessi tirare, anche forzando, perché avevamo una giocatrice come Kunaiyi-Akpanah che a rimbalzo era formidabile. I nostri equilibri si basavano anche su questo”.

O su Natali, Gilli e Nativi che erano la linea giovane di Vigarano.

“Ed erano dei cambi più che all’altezza, sono cresciute tanto nell’arco dei due anni in cui sono stata qui e spero di ritrovarle in squadre importanti”.

Natali è finita a Venezia e Gilli al Geas, poi.

“E Silvia Nativi ha deciso, siccome è un play e in A1 è un ruolo complicato, di fare una scelta da persona matura, andare in A2 un anno per crescere e poi essere pronta in A1. Sono cresciute non solo fisicamente, ma anche mentalmente. Se un minimo ho influito nel trasmettere loro una mentalità e un approccio al lavoro adeguato, sono davvero contenta”.

E proprio perché eri miglior realizzatrice italiana eri rimasta un po’ amareggiata quando Capobianco aveva fatto altre scelte per la Nazionale maggiore a novembre.

“Questo discorso l’avevo fatto a inizio anno, quando non mi aveva convocato in Nazionale A. Poi mi ha chiamata nel 3×3, ed è stato per me un grande onore e un grande stimolo, perché quest’anno si doveva giocare il Preolimpico. Quella chiamata mi ha fatto davvero piacere, mi ha fatto capire che se lavori, se t’impegni, se dai sempre il 100% le soddisfazioni arrivano. Quindi continuerò a dare il 100% perché ci voglio arrivare in Nazionale, spero che anche il nuovo allenatore, Lino Lardo, possa notare questo, il sacrificio, la voglia di arrivare a indossare una maglia. Uno degli obiettivi sarà quello di indossare la maglia della Nazionale e far bene a Battipaglia. Mi sto allenando duramente in estate perché voglio arrivare ad agosto già pronta”.

3×3 che poi è uno sport completamente diverso, in fin dei conti.

“Sì, è sempre basket, ma l’impegno fisico che richiede è dieci volte superiore. Gli spostamenti sono brevi e frequenti, non ti fermi mai, per questo la preparazione dev’essere davvero grande. Devi essere preparato e ti devi costruire le basi. È tutta un’altra storia. Il fisico è importante. Se dovesse arrivare la convocazione di nuovo, sarò sicuramente pronta perché sto lavorando in vista di quello”.

Sempre parlando di Nazionale, tu l’hai vissuta un po’ con le giovanili e poi nel 2014.

“Avrei dovuto fare gli Europei Under 20 2013, quelli dell’argento, ma mi sono rotta la mano prima di partire, quindi puoi immaginare la voglia e la rabbia che mi sono rimaste. Anche per questo farò di tutto pur di andare, perché dover rinunciare per qualsiasi motivo fa male, quindi ci voglio riprovare in tutti i modi”.

Tu hai avuto una crescita fondamentalmente tutta basata su Napoli e dintorni. Autoctona.

“Ho iniziato a Mugnano, perché lì giocavo con i maschietti. Poi un giorno andai a vedere la squadra femminile, tra secondo e terzo quarto andai a tirare con i bambini in campo, mi ha notato un allenatore e ho cominciato così tutta la trafila. Gli scudetti Under 14, una Coppa dei Campioni in Russia Under 14, Serie B, A2, vittoria della Coppa Italia, A1 da capitana a Napoli. Poi sono andata a La Spezia, un anno e mezzo a Torino, due anni a Vigarano e ora quasi a casa dopo anni di giri”.

Quale esperienza ricordi con più piacere tra queste?

“Di sicuro, dopo Napoli è stato difficile, perché La Spezia è stato il primo anno fuori, ma è stato solo un momento in cui dovevo capire come funzionava. Poi dopo mi sono trovata bene ovunque, ma porterò sempre nel cuore Vigarano, gli allenatori, Luca Andreoli, Marco Castaldi, Ennio Zazzaroni, il direttore generale. Mi hanno messa nelle migliori condizioni per far bene, mi hanno dato totale fiducia e li ringrazierò sempre, specialmente Ennio Zazzaroni”.

Hai comunque avuto dei ruoli sempre particolarmente importanti a Napoli, poi all’arrivo in A1 le cose sono un po’ cambiate, però ti sei sempre fatta trovare pronta.

“Io sono una persona che sa aspettare. Mi faccio trovare pronta. Le mie prestazioni prima o poi le avrò. A Napoli sono stata la più giovane capitana della Serie A1, a 16 anni lo ero già dell’A2 e poi dai 18 ai 20 anni in A1, in una squadra in cui abbiamo fatto l’EuroCup. Poi a Vigarano me l’hanno dato subito quel ruolo, e il mio obiettivo, oltre a quello di lavorare, avere un ruolo importante, era di dare una mano alle giovani, farle crescere e far capire loro come muoversi e allenarsi. L’atteggiamento. Questa cosa mi ha riempito di orgoglio”.

Parlavi di EuroCup: com’è stato per te l’impatto con un livello così diverso?

“Bellissimo. Giocavi anche durante la settimana, i ritmi erano altissimi. Spero proprio di poter vivere le competizioni europee perché sono quelle a cui aspiro. Magari chissà, negli anni ci arriviamo con Battipaglia”.

Hai fatto anche le Universiadi nel 2015 in Corea del Sud, un’esperienza del tutto diversa dal senso comune, proprio per il tipo di mondo che è quello.

“È stata l’esperienza più bella della mia vita, ne parlo ancora con la pelle d’oca, perché andare in Corea del Sud, vivere in un villaggio con soli atleti e rappresentare l’Italia in una competizione così importante, vivere la cerimonia di apertura, sfilare con la maglia dell’Italia addosso e giocare per quella maglia è qualcosa di stupendo. I brividi partono. Le Universiadi sono state un’esperienza meravigliosa, la porterò sempre nel cuore sia per il lato sportivo che per il lato umano. Ho conosciuto tante persone di ogni parte del mondo”.

Quali sono i tuoi obiettivi, più personali che di squadra? Cosa vuoi diventare ora a Battipaglia come giocatrice e a livello di rapporto di squadra, come persona?

“Gli obiettivi dell’anno prossimo saranno legati a quelli di Battipaglia, è inevitabile, ci gioco. Se mi alleno, Battipaglia va avanti, ma allo stesso modo posso meritarmi la maglia azzurra, che è uno dei miei obiettivi. Continuerò a essere la giocatrice che crea gruppo, sempre disponibile al lavoro, al sacrificio, essere la trascinatrice della squadra e della città perché lì il pubblico ti trascina. Io voglio, allo stesso modo, caricarmi con loro e caricarmi. Spero proprio che, nonostante il Covid-19, si possa avere il pubblico, perché è un’arma in più a Battipaglia”.

E a proposito di coronavirus, è inevitabile pensare all’incertezza ancora esistente in Serie A1. Cosa ne pensi?

“È una situazione surreale, perché ha causato una notevole crisi per gli sponsor. Ora si spera che ritorni tutto nella norma, che si riesca a fare un anno di transizione, e poi che ne vengano di migliori. Fin quando non si inizia purtroppo non ci si renderà conto di come sarà, a marzo siamo state fermate sul più bello, c’erano i playoff e la Coppa Italia. Parlo da giocatrice, non so come sarà, me ne renderò conto solo quando inizierà il campionato. Vedremo”.

C’è qualche giocatrice che hai avuto o come modello o come ispirazione o come idolo?

“Nel femminile il mio punto di riferimento è sempre stata Diana Taurasi, come modo di essere, approccio, la Black Mamba femminile. Ha una mentalità vincente, anche se sbaglia qualche tiro, la volta successiva non si abbatte mai. Mi piace il suo modo di giocare, di essere. Nel maschile mi sono sempre rifatta a uomini come Kobe Bryant e Michael Jordan. E poi un altro che mi piace tanto, che ho avuto la fortuna di vedere perché giocavo a Vigarano, è stato Milos Teodosic, ho visto un paio di partite da vicino ed è fantastico”.

Diana Taurasi: parliamo di una delle tre persone di cui Kobe Bryant, pochissimi giorni prima dell’incidente, disse che può giocare in NBA. Le altre due sono Elena Delle Donne e Maya Moore.

“Aveva ragione”.

E poi: “L’anno prossimo vorrei il riscatto di Battipaglia, per la tradizione cestistica e il pubblico che ha, che merita di più. Quindi voglio provare da subito a invertire la rotta dalla prima volta in cui metterò piede al PalaZauli”.

Negli ultimi anni c’è stato un proliferare di giocatrici che sono andate a giocare in NCAA. Tu hai mai avuto richieste dalle università americane? Come consideri il fatto che questa scelta stia prendendo sempre più piede?

“Sì, quando ero più piccola avevo l’opportunità di andare alla George Mason University, però avevo degli obiettivi con Napoli e facevo già la Serie A1, quindi non ho sentito la necessità di andare. Le giocatrici oggi vogliono andare lì perché il basket tecnicamente è vissuto al 100%, e poi perché puoi studiare e allenarti allo stesso tempo. In Italia invece si fa fatica. Io ho tenuto sempre alla parte dello studio, giovedì mi sono laureata nella specialistica in Scienze e Management dello Sport, inizierò un master a indirizzo sportivo. È questione di volontà, di organizzazione”.

A questo punto tocca farti i complimenti!

“Grazie! Sono una ragazza molto decisa nelle cose che fa; l’idea di andare in America, per molte giocatrici, è legata al conciliare lo studio con lo sport. Però se lo si vuole lo si può fare anche qui in Italia, io ci sono riuscita. Ho fatto la triennale, la specialistica e non mi voglio fermare qui, perché credo sia molto importante crearsi una carriera dopo il basket”.

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Credit: Ciamillo

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