Ciclismo
‘Le Tour du directeur’: per il bene di Fabio Aru, non parliamone più; Roglic, avvisaglie negative
ALAPHILIPPE PUO’ FARE CLASSIFICA?
Oggi era una tappa perfetta per le sue caratteristiche e non ha fallito. Sta bene, ma non attraversa il medesimo periodo magico del 2019: l’anno scorso sembrava volare, in questa edizione è fortissimo, ma più umano. Anche il giovane svizzero Marc Hirschi, nome nuovo per le corse di un giorno, lo ha dimostrato riuscendo a tenere la ruota del francese. Arriveranno altre frazioni dove guadagnare qualche manciata di secondi, abbuoni compresi. Ma è un Tour ricchissimo di montagne, ancor più della scorsa annata. Inoltre è presente una sola cronometro, specialità dove il capitano della Deceuninck-Quick Step può far molto bene. Alaphilippe è un corridore scattista, esplosivo, non da salite lunghe e di fondo. Ci ha lavorato, ma da qui a tenere il passo dei vari Bernal, Roglic, Pogacar…Ripetere il quinto posto del 2019 sarebbe un risultato eccezionale, in ogni caso la top10 appare un obiettivo possibile.
IL GRANDE BLUFF DELLA JUMBO-VISMA
Si sono presi la responsabilità della tappa per tutta la giornata, salvo evaporare proprio sul più bello. Sul Col de Turini hanno mantenuto un passo costante, poi hanno decisamente aumentato l’andatura sul Col d’Eze: un impulso risultato decisivo per andare a chiudere sulla fuga. Sull’ascesa conclusiva Tom Dumoulin è caduto, Wout Van Aert si è fermato per cedergli la bicicletta: va detto che l’olandese è rientrato con grande facilità. Primoz Roglic però non ha brillato: in salita è stato saltato da diversi avversari, dando la sensazione di una carenza di esplosività. Ricordiamo che la partecipazione dello sloveno è stata in dubbio sino all’ultimo a seguito della caduta al Giro del Delfinato. Oggi la Jumbo-Visma potrebbe aver bluffato: tenere alta l’andatura per scoraggiare eventuali attacchi che potessero smascherare uno stato di forma tutt’altro che ideale del capitano. Qualche avvisaglia si è intravista, ma Roglic ha tempo per ritrovare forma e condizione con il passare delle tappe.
FABIO ARU: NON PARLIAMONE PIU’
L’ultimo ricordo di Fabio Aru ad altissimi livelli risale al luglio 2017, quando vestì la maglia gialla al Tour de France e concluse quella Grande Boucle in quinta posizione. Lo ammettiamo: eravamo sicuri che, prima o poi, avremmo visto il Cavaliere dei Quattro Mori sul gradino più alto del podio a Parigi, lui che vantava già un successo alla Vuelta e due top3 al Giro d’Italia. Purtroppo quel sogno non si avvererà. Da allora, complice una lunga serie di problemi fisici (su tutti l’operazione all’arteria iliaca), abbiamo ammirato solo la pallida ombra del corridore che dava spettacolo in salita. Il passaggio milionario dall’Astana alla UAE Emirates si è rivelato fallimentare. Da ormai tre anni Aru non è più competitivo. Non tiene il passo dei migliori in salita, sovente accusa delle crisi con conseguenti distacchi che si contano in diverse manciate di minuti. Il campione che ricordiamo è quello del quadriennio 2014-2017, ma ora non esiste più. Ora Aru è un corridore normale (sebbene non lo sia il suo stipendio: solo Peter Sagan guadagna di più in questa Grande Boucle), un uomo squadra che potrà risultare prezioso con la sua esperienza per il capitano Tadej Pogacar. Generare false aspettative non fa altro che peggiorare la situazione. Per il bene di Fabio Aru, è meglio chiudere l’argomento. Parliamone come di un corridore normale, non come pretendente ad una classifica di rango in un grande giro.
CHI SALE?
Egan Bernal mi ha convinto: sempre attento nelle prime posizioni nei momenti caldi della corsa. E’ sembrato pedalare con facilità e, a differenza di Roglic, sembra aver smaltito meglio l’infortunio alla schiena del Delfinato. Nairo Quintana si mostra vigile e pronto a colpire: riuscirà a mantenere le attese sulle grandi montagne o evaporerà come da tradizione degli ultimi anni? Mi ha impressionato la facilità con cui Dumoulin è rientrato in gruppo dopo la caduta: l’olandese potrebbe guadagnarsi i gradi di capitano della Jumbo-Visma se Roglic dovesse rivelarsi distante dalla forma migliore. Anche Tadej Pogacar non si è scomposto dopo una foratura, rientrando in scioltezza e concludendo addirittura ottavo: il giovane sloveno in montagna può far male a tanti. Rigoberto Uran corre con esperienza, non si fa mai vedere, ma è sempre lì.
CHI SCENDE?
Di Roglic abbiamo già parlato. Thibaut Pinot ha fatto fatica, ma era prevedibile dopo la caduta di ieri. Mikel Landa non è stato brillantissimo, ma le sue salite arriveranno più avanti. Peccato per il giovane colombiano Daniel Martinez: ha speso tantissimo per rientrare dopo la foratura, pagando dazio sull’ultima asperità di giornata e chiudendo a ben 3’38” di ritardo. Le ambizioni del vincitore del Giro del Delfinato sono già evaporate.
L’ENNESIMO TOUR DE FRANCE SENZA UN ITALIANO DA CLASSIFICA GENERALE
Ormai dovremo farci l’abitudine, e chissà per quanti anni…L’unico azzurro da corse a tappe, attualmente, resta Vincenzo Nibali, ormai alle soglie dei 36 anni: lo Squalo farà il Giro d’Italia. Giulio Ciccone non ha ancora dimostrato di poter fare classifica in un grande giro. Promettono bene alcuni ragazzi del 2000 e 2001, ma siamo ancora nel mero campo delle speranze. Non abbiamo un Remco Evenepoel, questo è sicuro. Ci accontenteremmo di qualche corridore da top5.
CHI VINCE LA TAPPA DI DOMANI?
Il percorso è molto mosso nella prima parte, praticamente senza un metro di pianura: un ‘mangia e bevi’ che rimarrà nelle gambe dei corridori. Gli ultimi 45 km saranno però molto veloci e consentiranno di recuperare. Sarei stupito se andasse in porto una fuga: sarà volata. Favoriti Sam Bennett e Caleb Ewan. L’Italia punterà su Giacomo Nizzolo ed Elia Viviani.
LE TOUR DU DIRECTEUR
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Foto: Lapresse