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Ciclismo, l’Italia manca ancora l’assalto al Mondiale: il digiuno più lungo della storia. Non c’è l’uomo giusto e l’anno prossimo…

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Da 12 anni una strana sensazione ci colpisce ogni ultima domenica di settembre, quando si conclude la prova in linea maschile dei Mondiali di ciclismo. L’appuntamento religioso per tutti gli amanti dei pedali termina mestamente per l’Italia da oltre un decennio. L’ultima vittoria risale al 2008, quando un maestoso Alessandro Ballan si inventò la magica rasoiata sul circuito di Varese, irradiando la scena con una portentosa cavalcata di tre chilometri, riuscendo a porre il suo nome sull’albo d’oro dopo la doppietta di Paolo Bettini. Da quel momento “mai più una gioia”: si arriva alla kermesse con tanti sogni e tante speranze, poi dopo oltre 250 km e quasi sette ore di fatica non si riesce a esultare.

Ormai possiamo ufficialmente dirlo: questo è il digiuno più lungo della nostra storia (tralasciando quello che intercorse tra il sigillo di Alfredo Binda nel 1932 e il dominio di Fausto Coppi nel 1953, in quel caso la seconda guerra mondiale impedì il regolare svolgimento della competizione tra il 1939 e il 1945). Ripetiamolo per l’ennesima volta: l’Italia non partiva con i favori del pronostico a Imola e dunque il risultato non deve sorprendere più di tanto (sul podio sono saliti i tre grandi annunciati ovvero il francese Julian Alaphilippe, il belga Wout Van Aert, lo svizzero Marc Hirschi), ma c’è sempre un po’ di delusione quando la maglia arcobaleno finisce a casa di altri.

Gli azzurri mancano ancora l’assalto al Mondiale, anche se hanno cercato di inventarsi qualcosa: Vincenzo Nibali ha attaccato sulla salita di Mazzolano, poi si è fatto rivedere anche sull’ascesa di Gallisterna, ma quel muro non era decisamente adatto alle caratteristiche dello Squalo. Corridori più esplosivi sono saltati fuori, Alaphilippe in testa. Damiano Caruso chiude in decima posizione (almeno un azzurro in top-10, come accade ininterrottamente dal 2016), il capitano si ferma al 15mo posto. L’anno scorso Matteo Trentin conquistò l’argento, nel 2018 Gianni Moscon aveva cercato di restare con Alejandro Valverde ma era mancato proprio negli ultimi metri della salita conclusiva. Nel 2017 il quarto posto di Matteo Trentin nella volata trionfale di Peter Sagan a Doha. Lo slovacco aveva trionfato anche nel 2016 (quinto posto di Giacomo Nizzolo) e nel 2015, quando non ci fu nemmeno un italiano in top-ten come nel 2014 (uniche due volte nella gestione Cassani). Nel 2013 il quarto posto di Vincenzo Nibali a Firenze, poi va anche detto che in questi ultimi 12 anni ci sono stati diversi Mondiali riservati ai velocisti e a noi è sempre mancato lo sprinter in grado di dominare, come era invece successo nel 2002 con Mario Cipollini.

Ripartiamo da qui e guardiamo al prossimo anno, quando si andrà nelle Fiandre. Una serie di muri impegnativi su un doppio circuito alternato potrebbe magari stuzzicare la fantasia di qualche azzurro. Pensiamo ad Alberto Bettiol che lo scorso anno vinse alla Ronde. Mancano ancora dodici mesi… La speranza è che il digiuno non diventi infinito come quello della Francia, spezzato soltanto oggi da Julian Alaphilippe dopo 23 anni di bocconi amari digeriti con grandissima fatica a inizio autunno.

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stefano.villa@oasport.it

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Foto: Lapresse

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