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US Open 2020: lo strano inizio a porte chiuse. Big, nessun problema. Italia, di Giorgi e di sfortune nei sorteggi
Gli Slam sono tornati. Dopo un lungo percorso, dopo la pandemia, dopo che nel frattempo è successo letteralmente di tutto (per ultima l’associazione giocatori creata da Novak Djokovic e Vasek Pospisil, ma non si dimentichi, nei mesi passati, il tentativo di dare più comunione di intenti ai circuiti maschile e femminile), ma sono tornati. A New York, sede degli US Open, il nuovo inizio non può però essere salutato dagli spettatori.
Si gioca infatti a porte chiuse: un effetto stranissimo sia a vederlo che a viverlo, con gli organizzatori che, almeno sui campi principali, hanno tentato di fare del loro meglio per creare qualcosa di simile all’ambiente del pubblico, ma è evidente che i rumori preregistrati e le voci dal vivo non sono esattamente la stessa cosa. Sui campi esterni, poi, si ricrea quel tipo di ambiente in cui si gioca spesso nei tornei minori, quelli in cui si inizia, quando a vedere le partite può capitare che ci siano non più di dieci persone di numero (in questo caso ancora meno: fondamentalmente, gli autorizzati ad entrare).
Il capitolo italiano non può certo definirsi fortunato, con la sola Camila Giorgi a superare il turno, e anche con più di una difficoltà: ha infatti rischiato la sconfitta contro la belga Alison Van Uytvanck, con cui ha sempre vinto in precedenza, trovandosi sotto 1-4 e poi 3-5 nel terzo set. Ad ogni modo, è riuscita a guadagnarsi un appuntamento con la giapponese Naomi Osaka, presumibilmente su un campo importante. Per il resto, solo sconfitte: in molte occasioni gli azzurri partivano sfavoriti, e non sono riusciti a ribaltare il pronostico. Forse si sperava in qualche segnale maggiore da Stefano Travaglia, condizionato da una brutta partenza con l’australiano Jordan Thompson, e da Lorenzo Sonego, che per due set è rimasto del tutto o quasi in balia del francese Adrian Mannarino, certamente non il più semplice degli avversari sulla superficie. Anche Jasmine Paolini avrebbe forse potuto sfruttare meglio un paio di momenti contro la francese Caroline Garcia (il che non significa che avrebbe vinto, ma anche solo che forse sarebbe rimasta in campo un po’ di più contro una giocatrice che, comunque, di potenza ne ha di più, con tutte le conseguenze del caso). La giornata di oggi almeno un paio di sorrisi in più dovrebbe portarli, ma intanto le parti alte dei tabelloni sono state sostanzialmente decimate, in chiave azzurra.
I big, al maschile, non hanno particolari problemi. Non ne ha Novak Djokovic, non ne ha Stefanos Tsitsipas: per loro, troppo debole la resistenza del bosniaco Damir Dzumhur e dello spagnolo Albert Ramos-Vinolas per poter rappresentare anche solo qualcosa di vagamente somigliante a un pericolo. Il problema poteva averlo Alexander Zverev, ma il tedesco, in qualche modo, ha lanciato buoni segnali, perché battere Kevin Anderson su questa superficie non è mai banale. E lo ha fatto giocando bene nei momenti decisivi, oltre a mostrare una tenuta fisica sicuramente di buon livello, visto com’è arrivato il sudafricano a giocarsi il finale di quarto set. Per il prosieguo del torneo, con buone probabilità, si dovrà fare attenzione anche a lui. Nel frattempo, l’argentino Diego Schwartzman, facendosi rimontare due set dal britannico Cameron Norrie, può aver aperto una voragine per gli ottavi di cui può approfittare il polacco Hubert Hurkacz, da tempo in rampa di lancio.
Tra le donne, sorprese sostanzialmente nulle. L’unica cosa simile a un risultato contro il pronostico l’ha regalata Kirsten Flipkens, ma che la belga elimini la svedese Rebecca Peterson può starci eccome, per esperienza. Semmai, i rischi delle big sono stati abbastanza relativi: la ceca Karolina Pliskova ci ha messo un set a capire le intenzioni dell’ucraina Anhelina Kalinina prima di demolirla, Naomi Osaka ha dovuto cedere un parziale all’altra nipponica Misaki Doi, dominando però gli altri due, l’altra ceca Petra Kvitova è partita col piede sull’acceleratore, ed è noto che, se può farlo, diventa pericolosa per tutte. Poteva essere pericoloso l’incrocio della tedesca Angelique Kerber, ma l’ex campionessa di questo torneo (2016) ha risolto in un’ora e mezza il problema australiano di nome Ajla Tomljanovic. Qualcuno potrebbe ritenere una sorpresa l’eliminazione di Coco Gauff, ma la realtà dei fatti è che, a 16 anni, è più che comprensibile che una esperta come la lettone Anastasija Sevastova possa prevalere; peraltro, la giovane americana è stata fortemente penalizzata dai 13 doppi falli. Qualche brivido di troppo per Anett Kontaveit e Petra Martic, e soprattutto la prima è stata brava a togliersi dai guai con Danielle Collins, tra le giocatrici non teste di serie meno gradite, ma ancor di più ha rischiato l’ucraina Dayana Yastremska. Il torneo, infine, certifica irreversibilmente il momento no della russa Daria Kasatkina: è vero che l’ucraina Marta Kostyuk attendeva da molto di rivincere in un torneo dello Slam, ma è fin troppo evidente che le difficoltà della russa, ex numero 10 del mondo, sono tante. E, forse, non risolvibili in questo 2020.
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federico.rossini@oasport.it
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Foto: LaPresse