MotoGP
MotoGP, GP Aragon 2020: Ducati ennesimo passo falso. Dovizioso “pugnalato alle spalle” dagli ordini di scuderia assenti
La Ducati non esce benissimo dalle qualifiche del Gran Premio di Aragona, dove quantomeno è riuscita a evitare una debacle clamorosa. Infatti, dopo le prime tre sessioni di prove libere, tutte le Desmosedici si sono viste costrette a partecipare alle forche caudine del Q1, al termine del quale i promossi al Q2 sono stati Danilo Petrucci e Jack Miller. Proprio l’australiano ha tenuto alta la bandiera della Casa di Borgo Panigale, ottenendo la quinta posizione in griglia, mentre il vincitore del GP di Francia ha realizzato l’ottavo tempo. Tuttavia stona la tredicesima casella di partenza di Andrea Dovizioso che, al di là delle sue croniche difficoltà sul giro secco, oggi si è visto “pugnalato alle spalle” dai compagni di marca.
D’accordo, l’espressione è molto forte. Però è un dato di fatto che il forlivese sia stato escluso dal Q2 proprio perché battuto da Petrucci e Miller. Certamente non si può pretendere che Ducati telecomandi tutti i propri piloti in maniera tale da favorire il cavallo su cui si punta per la corsa iridata, ma al tempo stesso ha indubbiamente colpito vedere per ben due volte Petrux sfruttare il gancio di Dovi, quando sarebbe stato logico che i due si scambiassero le parti in almeno un’occasione. Non più tardi di sei giorni fa, avevamo sottolineato come si avesse l’impressione che in casa Ducati mancasse qualsiasi genere di pianificazione strategica. La dinamica è esplosa quest’oggi in tutta la sua evidenza, in quanto il team di Borgo Panigale ha lasciato liberi i propri alfieri, senza tutelare Dovizioso. Al riguardo, la premessa fatta da Davide Tardozzi ai microfoni di Sky Sport MotoGP tra Q1 e Q2 è stata eloquente: “Non credo ci fosse una strategia tra Petrucci e Dovizioso”.
Non c’è da aggiungere altro, perché se un team manager dichiara di non sapere se vi fosse una strategia tra i suoi piloti, significa non solo che la strategia non c’era, ma, al tempo stesso, che la squadra non si è neppure preoccupata di pianificarla in anticipo! Attenzione, come già detto non si pretende di telecomandare le Desmosedici ad arte, però – se si vuole puntare al Mondiale – si dovrebbe mettere il proprio centauro in lizza per il titolo nelle migliori condizioni possibili per tentare di centrare l’obiettivo. Situazione che, evidentemente, in seno alla Ducati non si sta verificando, in quanto Dovizioso sta venendo lasciato solo. Le durissime parole di Andrea contro il compagno di squadra al termine del Q1, fanno peraltro intendere chela situazione è assolutamente ingestibile.
D’altronde per mettere in atto un efficace gioco di squadra, dove per “gioco di squadra” si intende quantomeno un patto di non belligeranza fra i propri piloti, è necessario godere di un clima sereno all’interno del team. Petrucci, invece, è stato letteralmente scaricato dalla Casa di Borgo Panigale prima ancora dell’inizio della stagione e, per il 2021, ha subito trovato rifugio alla Ktm. Dal canto suo Dovizioso, non sentendosi più indispensabile, ha preferito interrompere le trattative per il rinnovo del contratto, separandosi dalla Rossa dopo otto anni. Dunque, Ducati ha nel proprio factory team due centauri con le valigie in mano, non propriamente il contesto ideale per pianificare alcunché. Certo è che l’assenza di qualsiasi strategia lascia perplessi, poiché non si riesce a fare in modo che Dovi possa avere tutte le armi a disposizione per giocarsi le sue possibilità iridate, indipendentemente dalla scelta di prendere altre strade.
Vedremo cosa succederà domani, perché senza vento e con temperature dell’asfalto più elevate, le Desmosedici hanno recuperato un po’ di competitività. Tardozzi si è detto sicuro che Dovizioso abbia trovato un buon set-up, al punto tale da ritenerlo in grado di salire sul podio anche scattando dalla quinta fila. Chissà se avrà ragione. Però, se davvero le sue parole dovessero risultare profetiche, il fatto che Andrea si sia qualificato così male non farebbe altro che aumentare il rammarico, soprattutto se quel “podio” non fosse rappresentato da un posto sul gradino più alto.
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Foto: Valerio Origo