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Ciclismo
Ciclismo, Kevin Colleoni: “La Mitchelton-Scott una grande opportunità. Vado bene in salita, sogno il Giro d’Italia”
Kevin Colleoni è uno dei migliori prospetti italiani per le corse a tappe. Il giovane azzurro, classe 1999, quest’anno è stato il primo corridore nostrano ad arrivare sul podio al Giro d’Italia U23 da quando la corsa è rinata, ovvero nel 2017. Prima di lui, gli ultimi a riuscirci furono Fabio Aru e Pierre-Paolo Penasa nel 2012. Di seguito vi proponiamo la chiacchierata che noi di OA Sport abbiamo fatto con lui, nella quale abbiamo discusso dei bei risultati ottenuti da Kevin nelle categorie giovanili e di cosa lo aspetta ora che è prossimo al passaggio tra i professionisti con la Mitchelton-Scott.
Kevin, tu sei stato il primo italiano, dal 2012 a oggi, ad arrivare sul podio al Giro d’Italia U23. Volevo chiederti, innanzitutto, cosa significa per te questo risultato e che impatto ha avuto sulla tua vita e sulla tua carriera.
“E’ un risultato che mi ha sorpreso, poiché era la prima volta che provavo a fare classifica in una corsa a tappe così lunga. Sapevo di stare bene, ma inizialmente puntavo a una top-10 o, al massimo, a una top-5. Il terzo posto è un piazzamento che andava oltre le mie più rosee aspettative. Inoltre, questo risultato mi ha spalancato le porte del World Tour”.
Entrando più nel dettaglio: ci racconti un po’ il tuo Giro? Nella Corsa Rosa sei stato il corridore che, più di tutti, si è avvicinato ai livelli di Pidcock in salita.
“Al Giro io ho sempre dato il massimo. Non sono mai stato là a guardare cosa facevano i miei avversari, mi interessava, principalmente, riuscire a dare tutto quello che avevo. Alla fine, purtroppo, ho avuto una piccola crisi nell’ultima tappa che mi è costata il secondo posto. Ma devo ammettere che, quel giorno, Vandenabeele, che mi ha superato in classifica generale, è stato più bravo. Comunque sono contentissimo anche così, tra secondo e terzo non cambia molto per me”.
Adesso tornando un po’ indietro nel tempo: volevo domandarti quando è nata la tua passione per il ciclismo, quando hai iniziato a correre e quando hai capito che il ciclismo poteva diventare il tuo lavoro?
“Ho iniziato a fare ciclismo a sei anni, spinto da mia mamma che correva. Devo dire che mi ha quasi obbligato (ride, ndr). Comunque per me è stato un gioco fino agli allievi. Prima del passaggio tra gli juniores mi allenavo coi miei e non prendevo le due ruote troppo seriamente. A diciassette anni ho iniziato a fare un po’ più sul serio e ad acquisire maggior coscienza dei miei mezzi. Ricordo la prima gara che ho fatto all’estero, in Belgio, nel 2017, con la maglia della regione Lombardia: l’Aubel-Stavelot. Arrivai terzo nella tappa regina e l’unico da cui mi staccai fu Evenepoel. All’epoca non lo conosceva nessuno, ma era già fortissimo, nessuno riuscì a contrastarlo (al via di quella manifestazione c’erano anche corridori come Tom Pidcock, Ilan Van Wilder e Mark Donovan, ndr). Tra gli U23, infine, ho definitivamente realizzato che potevo diventare un ottimo corridore”.
Il 2019 è stato l’anno in cui sei sbocciato. Hai iniziato ad andar forte già in primavera, ma c’è una giornata in cui ti sei consacrato: il 20 giugno, quando al Giro U23 si affrontava la frazione con la doppia scalata del Mortirolo. Tu eri in fuga con corridori di assoluta qualità, tra cui anche uno come Thymen Arensman, li hai staccati tutti e, poi, sei riuscito a tenere testa anche agli uomini di classifica. Ci racconti un po’ quella giornata?
“A quel Giro, che è stata la mia prima esperienza in una gara a tappe così lunga, non puntavo alla classifica generale. Vi presi parte soprattutto per crescere ed imparare. Avevo messo nel mirino alcune frazioni in cui andare in fuga e quella con il doppio Mortirolo era una di queste. Ricordo che già al primo passaggio in vetta alla salita in questione, ero rimasto solo insieme ad Arensman. Durante la seconda scalata sono riuscito a levarmelo di ruota e a scollinare da solo. Purtroppo, però, i tre colombiani che erano al mio inseguimento, Einer Rubio, Camilo Ardila e Juan Diego Alba, mi hanno ripreso nel successivo tratto di falsopiano. Un po’ mi brucia non essere riuscito a conquistare il successo, ma devo dire che quel giorno, quantomeno, ho capito che anche su salite lunghe e dure potevo dire la mia”.
L’anno scorso ti avevamo visto andare forte soprattutto nelle corse di un giorno e sulle salite lunghe, in questo 2020, però, hai sfornato delle belle prestazioni anche a cronometro. E’ una specialità sulla quale stai lavorando e in cui credi di avere margini di miglioramento?
“Quest’anno, per la prima volta in carriera, ho provato a fare delle cronometro. Sono arrivato secondo a Imola in una prova di dieci chilometri, la quale la reputavo indicativa il giusto dato che non era lunghissima e, in seguito, quinto, a un minuto da Milan primo, ma a dieci secondi da Piccolo secondo, al campionato nazionale. In quell’occasione mi sono reso conto di trovarmi a mio agio anche sulla bici da crono. Comunque, per la verità, non ho ancora avuto modo di lavorarci in modo approfondito. Mi sono allenato un po’ quest’anno nelle prove contro il tempo, ma quei risultati sono stati un’assoluta sorpresa. Non pensavo di poter andare già così forte in questa disciplina”.
Tra gli U23 hai ottenuto ottimi risultati sia nelle classiche di categoria che nelle corse a tappe. Da professionista che corridore pensi di poter diventare e quali sono le gare che sogni, un giorno, di vincere?
“Tra i professionisti si azzererà tutto e dovrà riscoprirmi anno per anno. Però, nelle gare che ho fatto coi grandi, ho visto che in salita sono già al livello di diversi buoni corridori. Per quanto riguarda le manifestazioni che sogno di vincere, ti dico, innanzitutto, il Giro d’Italia. So che può sembrare banale, ma per un corridore italiano con le mie caratteristiche la Corsa Rosa è il top. Dopodiché, tra le classiche, invece, mi piacerebbe conquistare il Giro di Lombardia, una competizione che attraversa le strade di casa mia, quelle su cui mi alleno. Già parteciparvi, per la verità, sarebbe una grandissima emozione”.
L’anno prossimo correrai con la Mitchelton-Scott, ove sarai l’unico italiano in rosa, cosa ti ha convinto a firmare per il sodalizio australiano?
“Io avevo già firmato un contratto con l’Androni l’anno scorso, ma in questa stagione sono stato contattato dalla Mitchelton e ho deciso di prendere al volo questa opportunità. Non capita tutti i giorni che una squadra World Tour ti voglia e ho scelto di non temporeggiare onde evitare di perdere il treno”.
Per concludere ti chiedo: c’è un corridore del presente o del passato a cui pensi di assomigliare e al quale ti ispiri?
“Non c’è un corridore in cui mi rivedo, però, sicuramente, ho un idolo, per il quale facevo il tifo già da ragazzino, ovvero Vincenzo Nibali. Mi ispiro a lui, un grande campione che ha segnato l’epoca recente”.
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Foto: Valerio Origo