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Golf, Masters 2020: Dustin Johnson, la prima con record ad Augusta per raccogliere l’eredità di Tiger Woods

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Se prima del Masters si facevano i calcoli sulle combinazioni che avrebbero potuto portare Jon Rahm (ben 29) o Justin Thomas a scalzare Dustin Johnson dalla prima posizione mondiale, ora questo genere di discussioni sarà per un po’ accantonato, visto che lo spagnolo e l’uomo del Kentucky nulla hanno potuto contro il trentaseienne di Columbia, nella South Carolina. Quattro giorni per lui straordinari, quelli di una particolare Augusta novembrina, che lo hanno portato a prendersi un record che non sarà semplice da battere in futuro.

“DJ”, infatti, ha completato il percorso in 268 colpi, 20 sotto il par: nessuno mai ci era riuscito prima di lui. I precedenti primati risalivano al Tiger Woods del 1997 che fece impazzire il mondo (con Costantino Rocca che non andò lontano dal podio) e all’eccezionale Jordan Spieth del 2015. Per Johnson soltanto quattro bogey in tutto il torneo, entrambi consecutivi: alla 15 e 16 del secondo giro e alla 4 e 5 dell’ultimo. Per il resto, un torneo maiuscolo, il secondo Major della sua vita, il primo Masters con sterzata definitiva all’inizio del sabato e la conferma di una costanza che non può non destare impressione: dal 2010 non scende sotto il numero 23 del mondo a fine anno, dal 2015 non è sostanzialmente più uscito dai primi dieci del mondo e dal 2008 a oggi, eccezion fatta per il 2014, almeno un torneo l’ha sempre vinto. La sua forma attuale non si desume soltanto dal fatto che sia arrivato in green in due o più colpi sotto il par l’83% delle volte (il che l’ha senz’altro aiutato), ma anche dalla seguente sequenza dei sei tornei precedenti: 2° al PGA Championship, 1° al Northern Trust, 2° al BMW Championship, vincitore del Tour Championship con il 3° miglior score (a causa del particolare sistema del torneo finale della stagione del PGA Tour), 6° allo US Open, 2° allo Houston Open.

Un balzo importante in classifica lo fa invece l’australiano Cameron Smith, che da numero 45 balza al 27° posto con la seconda posizione ottenuta in -15. E non è solo questo il motivo per cui è soddisfatto: per lui, infatti, c’è un record che mai nessuno prima di lui, nell’intera storia del Masters, era riuscito a cogliere. Smith, infatti, è il primo in 86 anni di storia a completare ogni singolo giro sotto i 70 colpi (in questo caso 67 68 69 69). E con uno score simile avrebbe vinto o giocato il playoff nella maggior parte delle edizioni passate, solo che in questo 2020 si è trovato davanti qualcosa di simile a un alieno. Chi è soddisfatto, ed entra ufficialmente nel novero dei giovani di lusso del panorama mondiale, è il ventiduenne sudcoreano Sungjae Im, anche lui a -15 e sostanzialmente al picco di una stagione che fino ad ora non lo aveva visto tra i protagonisti. Se però l’effetto è di giocare un Major, e che Major, in questo modo, allora ben venga qualsiasi cosa.

Se Justin Thomas con il quarto posto e Jon Rahm con il settimo hanno confermato di essere uomini d’élite, un paio di cose vanno dette su Rory McIlroy e su Tiger Woods. Il nordirlandese avrebbe potuto combattere per il podio, forse non per la vittoria, se non avesse giocato uno sciagurato primo giro che lo ha tolto fin da subito dalla corsa: quel 75 è anche la ragione per cui il suo quinto posto a -11 è un’autentica impresa. Tiger, invece, avrebbe potuto comodamente entrare nei primi 10 se non avesse compiuto un autentico disastro, forse il peggiore della sua stellare carriera, alla buca 12. Succede anche ai grandissimi, e lui, nel golf, è forse il più grande di tutti.

A proposito di grandi, impossibile non menzionare la magnifica performance di Bernhard Langer, che con i suoi 63 anni si dimostra sostanzialmente senza età, nel “suo” torneo che gli ha regalato un altro 29° posto che vale molto, molto di più di quanto dica la posizione in quanto tale. Infine, Francesco Molinari. Sembrava esser tornato su buoni livelli allo Houston Open, e invece è arrivato il taglio con un brutto secondo giro. I segnali di ripresa dopo una lunga pausa, però, forse ci sono. Serve ancora un po’ di tempo.

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federico.rossini@oasport.it

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Foto: LaPresse

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