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Judo, Veronica Toniolo: “Sono positiva al Covid, non potrò partecipare all’Europeo Senior. Voglio provare a raggiungere Tokyo 2021”

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Veronica Toniolo, a 17 anni, si è guadagnata la convocazione per il suo primo Campionato Europeo Senior (in programma a Praga dal 19 al 21 novembre) a suon di risultati grazie ad un percorso straordinario nel circuito cadetti e ad un notevole primo approccio nel mondo “delle grandi”. Purtroppo però la talentuosa judoka triestina, reduce dalla medaglia di bronzo conquistata in Croazia agli Europei Junior, sarà costretto a saltare la massima rassegna continentale dopo essere risultata positiva al Coronavirus. “Lunedì, al rientro dalla Croazia, ho fatto il tampone che mi serviva per accedere al ritiro di Ostia per gli Europei Senior e sono risultata positiva, perciò non potrò partecipare alla manifestazione racconta Veronica a OA Sport –  Dopo due giorni abbastanza tristi ho metabolizzato la cosa ma mi dispiace, anche perché quando ho fatto l’Europeo Junior non pensavo fosse l’ultima gara dell’anno. Volevo chiudere con una gara molto importante come un Europeo Senior, che non avevo mai fatto in precedenza”. Una doccia fredda per la giovane azzurra, che adesso punta tutto sul 2021 per cominciare a combattere nel World Tour e per mettersi finalmente alla prova nella categoria fino a 57 kg contro atlete più esperte di lei.

Questo è di fatto il tuo ultimo anno da cadetta ed il quartultimo da junior, ti aspettavi di essere convocata già quest’anno per la massima competizione continentale?

No, non me l’aspettavo. Anche perché prima dell’Europeo Junior avevo fatto solo altre due gare: l’European Cup Senior (la mia prima gara senior) e la Finale Nazionale Junior. Devo dire però che ci speravo. Il mio obiettivo, al di là di tutto, era quello di raggiungere attraverso i miei risultati la possibilità di accedere a determinate gare del circuito maggiore. Ho fatto il mio percorso da cadetta l’anno scorso, in cui ho vinto l’Europeo e il Mondiale, ma senza nulla togliere ai cadetti (il 2019 per me è stato bellissimo) ho bisogno in questo momento di confrontarmi con atlete più grandi ed esperte per buttarmi in questo mondo e per mettermi alla prova. Ho fatto questa European Cup Senior in cui c’erano tre atlete di alto livello e ho capito che posso fare un determinato percorso. Non mi aspettavo di essere convocata subito per l’Europeo Senior e ringrazio della fiducia che avevano voluto darmi, ma sono certa che quando riprenderà il circuito con le gare che mettono in palio punti olimpici farò del mio meglio per raggiungere il mio obiettivo“.

Lo scorso 4 novembre sei salita sul terzo gradino del podio in Croazia ai tuoi primi Campionati Europei Juniores. Sei soddisfatta della tua gara oppure pensavi di poter arrivare fino in fondo e raggiungere la medaglia d’oro?

“Sicuramente ad ogni gara che faccio non mi accontento mai di un risultato diverso dal primo posto. Dipende sempre da gara a gara, però questa era una competizione che mi sentivo di poter vincere anche perché la ragazza con cui ho perso ai quarti di finale ero riuscita a batterla un mese prima all’European Cup Senior di Dubrovnik. Era una gara alla mia portata, non c’era nessuno nettamente superiore. Purtroppo ho fatto un errore e questa volta ho portato a casa il bronzo. Ora so che quella è stata anche la mia ultima gara dell’anno, perciò mi lascia un po’ di amaro in bocca. Col senno di poi però fare da cadetta un terzo posto agli Europei Junior è comunque un buon risultato“.

L’avvicinamento all’Europeo Juniores non è stato privo di ostacoli per la squadra azzurra, che ha riscontrato un caso di positività al Covid-19 proprio alla vigilia della prima giornata di gare. Al di là della competizione in sè, come hai vissuto quest’esperienza così particolare nella bolla di Porec?

Le bolle sono state dure. Ce n’è subito una quando arrivi lì, che è organizzata dalla federazione europea, però abbiamo cercato di creare una sorta di bolla anche nei pochi giorni di ritiro perché non potevamo rischiare. È un po’ una corsa ad ostacoli rispetto alle gare normali, in cui di solito arrivi, fai il peso la sera prima e poi c’è la gara. Per fare il peso ti serve un pass, che poi è anche quello che utilizzi per fare la gara e per girare nel palazzetto. Adesso invece per conquistare questo pass devi fare quattro tamponi complessivi e sperare di non aver preso questo virus. Devi presentarti in ritiro con un tampone, devi partire per il torneo con un altro tampone e quando arrivi lì devi farne altri due. Poi fai la quarantena fino a quando non sai il risultato e solo se sei negativo ti danno il tuo pass. Diciamo che è stato parecchio strano anche per quanto riguarda gli allenamenti, infatti potevamo allenarci solo con il compagno di stanza. Per questo ci dispiace molto per il ragazzo che è risultato positivo, ma proprio per le precauzioni che abbiamo adottato sono rimasti fuori dalla gara solamente lui ed il suo compagno di stanza. Abbiamo cercato tutti di preparare la gara al meglio ma nei limiti del possibile, perché gli errori judoistici ci possono stare e ognuno di noi ne ha commesso almeno uno durante la gara. In questo momento però abbiamo fatto il massimo che potevamo: io ho avuto la fortuna di avere la palestra aperta perché abito in Friuli-Venezia Giulia, ma qualche mio compagno di squadra che abita per esempio in Piemonte non aveva la palestra aperta quando è partito, quindi non si allenava a fare judo normalmente da parecchio tempo. Era una situazione abbastanza surreale e abbiamo cercato di fare il possibile”.

Dopo il primo lockdown, tra gare nazionali ed internazionali, hai già disputato diverse manifestazioni con il protocollo anti-Covid. Dal punto di vista fisico e mentale, è stato molto più difficile concentrarti esclusivamente sul tatami e sulla competizione rispetto a prima?

Devo dire che ci sono dei pro e dei contro con queste regole. Io sono una persona molto ansiosa prima della gara e anche nei giorni precedenti. Dovendo fare tutti questi tamponi e seguire queste regole, concentrarsi su altre cose rispetto alla gara mi ha anche fatto pensare ad altro da un certo punto di vista. D’altra parte però vivi un’ansia molto brutta quando attendi il risultato del tampone, perché è una cosa che non puoi controllare. Io stessa adesso sono a casa e quando capisci di non poter far niente è brutto. Non è come un incontro di judo dove magari stai perdendo a dieci secondi dalla fine: lì ci puoi ancora provare, qui devi stare a casa“.

A soli 17 anni il tuo palmares giovanile è impressionante, ma pensi di essere già pronta per il grande salto nel circuito maggiore tra le senior? A Dubrovnik hai già dato risposte importanti in tal senso…

A Dubrovnik ho incontrato certamente tre atlete di alto livello: una già medagliata a Grand Slam e Grand Prix, le altre due a ridosso della zona qualificazione olimpica nel ranking. Però non era ancora una gara come un Europeo Senior, un Grand Slam o un Grand Prix. Io non posso dire di poter già fare un massimo risultato però credo in me stessa e sono certa, magari se dovesse succedere di sbagliare la prima o la seconda gara tra le grandi, di venirne fuori dopo poco con dei risultati utili. Mi serve questo stimolo di buttarmi nel mondo dei grandi e credo di essere pronta. Poi ce lo diranno i risultati, ma anche se dovessi sbagliare una o due gare ne uscirò velocemente. Se non succede continuerò chiaramente a lavorare, ma sono fiduciosa“.

Elios Manzi e Fabio Basile, nel 2016, si sono guadagnati clamorosamente la qualificazione olimpica per Rio grazie a una serie di risultati positivi proprio a ridosso dell’appuntamento a cinque cerchi. Tokyo 2021 è un sogno nel cassetto o un obiettivo ben chiaro nella tua testa?

Hai fatto due nomi giustissimi, perché quattro anni fa questi ragazzi si sono qualificati davvero all’ultimo. Le regole di qualificazione per Rio erano leggermente diverse rispetto a quelle per Tokyo, infatti io potrei ottenere punti al massimo in sei tornei. È difficile, facendo due calcoli e augurandomi comunque che nel 2021 si facciano tutte le gare in calendario, devo dire che questa non è la mia Olimpiade. Io sogno di vincere Parigi 2024. La voglia di arrivare a un’Olimpiade però è cresciuta parecchio negli ultimi mesi. Certo, affrontare una possibile qualifica olimpica a 17-18 anni è dura e al momento non c’è nessuno che lo sta facendo, però perché non provarci? Io mi sento pronta e ci voglio provare: cinque mesi fa era più un sogno, adesso rimane una data importante scritta sul calendario però sto lavorando per concretizzare quello che adesso posso chiamare più un obiettivo“.

Ripercorrendo le tappe della tua giovane carriera, qual è stata fino a questo momento la vittoria più bella e la sconfitta che ti ha lasciato maggiormente il segno?

La sconfitta che mi ha lasciato maggiormente il segno è stata sicuramente quella di Buenos Aires 2018, alle Olimpiadi Giovanili. Un contesto bellissimo, perché si svolgono ogni quattro anni come un’Olimpiade vera e propria. Andavo lì al primo anno da cadetta, dovendo quindi affrontare avversarie più esperte, ma convinta di poter far bene e di vincere la gara. Purtroppo però era la prima rassegna importante a cui partecipavo e la pressione si è fatta davvero sentire, infatti in semifinale ed in finale per il bronzo non riuscivo a reagire e non c’ero proprio con la testa. L’emozione in quel caso mi ha giocato davvero un brutto scherzo. Sicuramente però quell’esperienza mi ha insegnato molto, infatti ho cominciato la stagione successiva con un oro europeo anche per quel motivo. La mia vittoria più bella invece è sicuramente quella del Mondiale Cadetti, poi comunque tutte le prime vittorie (come al Campionato Italiano Junior da cadetta o quella di Dubrovnik) non sono paragonabili perché fanno parte di un percorso diverso. Per l’importanza del risultato però devo scegliere quella del Mondiale, arrivata dopo un anno di sacrifici e al termine di una finale rocambolesca che ho vinto dopo 10 minuti di Golden Score“.

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erik.nicolaysen@oasport.it

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Foto: IJF

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