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MotoGP, la Suzuki torna a vincere un Mondiale 20 anni dopo Kenny Roberts Jr.

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Domenica 15 novembre 2020 è una data che entra di diritto nella storia sportiva della Suzuki, tornata a vincere l’Iride nella classe regina del Motomondiale dopo 20 anni di digiuno. Si tratta del settimo sigillo per la Casa di Hamamatsu, i cui trionfi precedenti erano stati firmati da Barry Sheene (1976, 1977), Marco Lucchinelli (1981), Franco Uncini (1982), Kevin Schwantz (1993) e Kenny Roberts Jr. (2000). All’elenco si aggiunge ora anche Joan Mir, pilota nel quale la struttura diretta da Davide Brivio ha creduto fortemente. Non va dimenticato come Suzuki abbia deciso di offrirgli un contratto per la MotoGP già nella primavera del 2018, quando lo spagnolo stava addirittura muovendo i primi passi in Moto2, allo scopo di strapparlo alla Honda, che lo aveva già messo nel mirino.

Effettivamente, la stagione 2020 non ha connotati poi così dissimili da quella del 2000. Anche all’epoca era in atto un ricambio generazionale all’interno della categoria e, allora come oggi, la Honda perse improvvisamente la sua egemonia, soprattutto a causa del ritiro forzato di Mick Doohan. Così Kenny Roberts Jr. fece leva proprio sulla sua costanza di rendimento per avere ragione di un giovane Valentino Rossi, astro nascente del motociclismo. A differenza di Mir, però, lo statunitense non era un esponente della nouvelle vague, bensì un centauro nel prime della sua carriera.

Viene da chiedersi quale potrà essere il futuro di Mir, ovvero se potrà diventare uno dei piloti più iconici nella storia della Suzuki. Di sicuro, porsi sullo stesso piano di Barry Sheene e di Kevin Schwantz sarà difficilissimo, vuoi per la personalità extra-sportiva del primo, vuoi per l’approccio alle corse completamente diverso rispetto al secondo. Cionondimeno, più che al domani, in questo momento è più istruttivo guardare al passato, perché Suzuki è arrivata a questo successo iridato dopo un’autentica traversata nel deserto. Non sono mancati gli anni bui e, addirittura, l’azienda aveva deciso di ritirarsi dalla classe regina del motomondiale.

Sì, perché con l’avvento della MotoGP e dei motori a quattro tempi, la Casa di Hamamatsu si trovò in grossa difficoltà. La GSV-R fu un mezzo raramente efficace se non nel 2007, anno durante il quale arrivò l’unica vittoria del decennio 2002-2011. Venne firmata dall’australiano Chris Vermeulen durante un GP di Francia condizionato dalla pioggia. Sul lungo periodo, solo lo statunitense John Hopkins riuscì davvero a lasciare il segno, chiudendo quarto il Mondiale in quel medesimo 2007.

A fine 2011, dopo la miseria di una gara vinta nell’arco di dieci stagioni, Suzuki, decise quindi di ritirarsi dalla MotoGP, provata dalla scarsità di risultati, dalla recessione globale e dalla crisi economica che colpì il Giappone in seguito allo tsunami e al disastro nucleare di Fukushima. Dopo una “pausa di riflessione”, la Casa di Hamamatsu ha però scelto di rilanciarsi nel Motomondiale a partire dal 2015. Per farlo si è rivolta a Davide Brivio, l’uomo che un decennio prima aveva consentito alla Yamaha di uscire da una crisi apparentemente irreversibile, convincendo Valentino Rossi a lasciare la Honda per imbarcarsi nell’avventura con la Casa di Iwata.

Stavolta però, il manager brianzolo non ha scelto di affidarsi a un pilota affermato per tornare al vertice, bensì di crescere un campione nel proprio box. La nuova moto, denominata GSX-RR, è rapidamente cresciuta di colpi rivelandosi subito vincente nel 2016 con Maverick Viñales, proprio poco prima che quest’ultimo decidesse di cedere alle lusinghe della Yamaha. Tutto da rifare, quindi, ma Suzuki ha rapidamente ripreso il filo del discorso interrotto, intraprendendo (a partire dal 2018) un crescendo rossiniano grazie alla massima fiducia riposta in Alex Rins e Joan Mir, entrambi ingaggiati dalle categorie inferiori.

Il trionfo odierno è quindi il culmine di un lungo percorso e rappresenta un’autentica boccata d’aria fresca per l’intera MotoGP. Infatti, dopo 12 anni è finalmente stato spezzato il duopolio Honda-Yamaha, le quali avevano vinto tutti i titoli messi in palio dal 2008 in poi. Inoltre è la dimostrazione di come i successi possano essere costruiti partendo da zero, una bella iniezione di fiducia per altri marchi che stanno cercando di affermarsi o vorrebbero tornare ai fasti del passato.

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