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Rugby, Luca Morisi: “Non vincere ci pesa, l’Italia è indietro tecnicamente e tatticamente”

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È uno dei veterani della nazionale azzurra, anche se gli infortuni ne hanno limitato molto le presenze in passato e ora è uno dei punti fermi della gestione Smith. Luca Morisi, centro milanese della Benetton Treviso, ha vissuto gli alti e bassi degli ultimi anni e sicuramente ha ben chiaro davanti a sé lo stato dell’arte del rugby italiano.

Luca, il 2020 è stato sicuramente un anno difficile per tutti e anche per il rugby. Quanto pesano il lungo stop primaverile e le incertezze attuali sulla preparazione di un impegno come l’Autumn Nations Cup?

“Crea dei problemi enormi, come puoi immaginare. Va detto che, parlando di rugby, ci sono molte variabili, l’impatto di questi stop varia da da soggetto a soggetto, e anche all’interno della squadra si creano dinamiche non facile gestione. Ci possono essere differenze e contraccolpi sia sul piano tecnico sia su quello fisico, ma ognuno risponde a modo suo. Basta vedere la Scozia, che in questo autunno non sembra aver risentito delle pause forzate come altri”.

Hai esordito in azzurro nel 2012 e sei un veterano del gruppo, nonostante i lunghi stop per infortunio. Hai vissuto in prima persona gli ultimi anni non facili dell’Italrugby. Cosa ha portato Franco Smith di nuovo in questo gruppo?

“Sicuramente ha continuato sulla linea di Conor per quel che riguarda l’intensità sul piano fisico. Ha sempre avuto grande etica del lavoro, per lui chi lavoro duro verrà ripagato. Ora c’è da portare avanti sviluppo del lavoro tecnico, con Franco il game plan è stato stravolto. Lui sta cercando di farci uscite dai dettami di gioco prestabilito, il suo obiettivo è arrivare a un rugby totale dove sta a noi decidere, prenderci le responsabilità. Ovviamente lo stop per il Covid non ha aiutato in questo lavoro, ma siamo professionisti e dobbiamo lavorare al meglio per crescere”.

Nel Sei Nazioni la vittoria manca dal 2015 e noi giornalisti ve lo ricordiamo a ogni partita. Quanto pesa questa striscia negativa sul gruppo, o è un tema caro solo a chi scrive di rugby?

“Sicuramente pesa anche per noi, siamo consapevoli che non stiamo facendo risultato da tempo. Non ci facciamo magari delle paranoie, ma non lo viviamo sereni quando ci prepariamo alle partite. Sappiamo che abbiamo una responsabilità, stiamo alzando i nostri standard, anche se poi forse non basta per vincere le partite e da fuori non si nota”.

Lo so che è una domanda difficile, anche perché i motivi probabilmente sono tanti, ma secondo te qual è il fattore che fa sì che le altre squadre sembrino molto più veloci, atleticamente forti, rispetto all’Italia?

“Non saprei dare una sola risposta, so che può trasparire in partita che loro corrono di più, ma ovviamente non ho i dati Gps delle altre squadre e non posso dare una risposta univoca. Noi magari siamo più in affanno e sprechiamo energie che nel finale ci fanno perdere le partite. Oserei ipotizzare che noi più che fisicamente o dal punto di vista atletico, siamo forse indietro da un punto di vista tecnico e tattico, e questo – come ho detto – ci porta a sprecare più energie durante le partite e avere cali nel finale”.

La vostra prossima avversaria è la Francia, che dopo anni difficili in questo 2020 ha dato spettacolo e vinto. Cosa o chi ti ha colpito di più dei Bleus nell’ultimo 6 Nazioni?

“Sicuramente colpiscono i giovani nuovi che in poco tempo sono emersi, come la mediana. Anche per me che sono nell’ambiente da anni, Ntamack o Dupont erano nomi praticamente sconosciuti fino a poco fa, ma in pochissimo tempo hanno fatto un salto di qualità incredibile. Poi rispetto al passato vedo un maggior impegno nel gioco, soprattutto in mischia erano naif qualche anno fa, ora sembrano molto più sul pezzo, disposti al sacrificio. Giocano bene, c’è poco da fare”.

A quasi trent’anni sei nel pieno della tua carriera, qual è il ricordo più bello che hai da rugbista e quale il più brutto?

“Iniziamo dal momento più brutto, che sono stati sicuramente gli infortuni al ginocchio, che mi hanno fatto saltare il Mondiale del 2015 e poi le recidive che mi hanno praticamente tenuto fermo tre anni. È stata dura, lo ammetto, anche se adesso sto bene per fortuna. Il più bello, oddio, direi sicuramente i playoff raggiunti con Treviso a livello di club, mentre con la Nazionale l’ultima vittoria al Sei Nazioni. Arrivavamo da un altro momento difficile, subivamo critiche, c’erano poche aspettative e siamo andati a vincere in Scozia”.

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Foto: Ettore Griffoni – LPS

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