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Ciclismo

Vuelta a España 2020: Richard Carapaz ha attaccato troppo tardi. E ha perso per gli abbuoni

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Quando il 2 giugno del 2019 Richard Carapaz vinse il Giro d’Italia davanti a Vincenzo Nibali, si affermava che lo Squalo avesse perso una grandissima occasione (l’ultima?) di vincere la terza Corsa Rosa della carriera. Si riteneva che l’ecuadoriano fosse stato in qualche modo ‘agevolato’ dall’ormai storica tappa di Courmayeur, quando beneficiò dell’esasperato tatticismo tra Nibali e Primoz Roglic per accumulare un vantaggio tale da accaparrarsi il Trofeo senza Fine.

Senza girarci attorno, Carapaz veniva considerato un buon corridore che aveva semplicemente sfruttato l’occasione giusta: difficilmente, a detta dei più, si sarebbe ripetuto. Eppure il nativo di El Carmelo, località non distante dal confine con la Colombia, già lo scorso anno non era un carneade, tutt’altro. Non va dimenticato che nel 2018 giunse quarto al Giro d’Italia ed in questa stagione sarebbe andato a caccia del bis nella corsa a tappe italiane se il Team Ineos, mutando i piani iniziali, non avesse deciso di schierarlo al Tour per lavorare in funzione di Egan Bernal. Una scelta che, a posteriori, si è rivelata sbagliata. Ad ogni modo, in una Grande Boucle non preparata e vissuta da gregario, Carapaz ha concluso comunque in tredicesima posizione.

Alla Vuelta si è presentato con i crismi del capitano, per la prima volta da quando indossa la casacca della Ineos. La compagine britannica, così infarcita di stelle come Bernal, Chris Froome e Geraint Thomas, sembrava poter tarpare le ali allo scalatore sud-americano. Invece non solo è stato abile nel ritagliarsi i propri spazi, ma attualmente riveste un ruolo cruciale in una squadra che tra qualche giorno darà addio a Froome e dovrà fare i conti con il recupero tutt’altro che semplice di Bernal, soprattutto dal punto di vista psicologico. Certo, di recente hanno vinto il Giro d’Italia con l’emergente Tao Geoghegan Hart, eppure beneficiare delle prestazioni di un corridore nel fiore degli anni come Carapaz non può fare che comodo. In sei grandi giri disputati, nella metà di questi si è piazzato nella top5, conquistando due podi: una regolarità impressionante. Peraltro ha compiuto dei passi avanti notevoli anche a cronometro, come testimonia la settima piazza nella prova contro il tempo della Vuelta a soli 49″ da Primoz Roglic.

Che Richard Carapaz sia un grande corridore non vi sono dubbi, peraltro uno dei pochissimi scalatori che riesce realmente a fare la differenza nel ciclismo moderno in cui regnano cronomen e ‘passistoni’. L’ecuadoriano deve però rammaricarsi per aver perso una Vuelta alla sua portata. Sia oggi sia nella frazione regina dell’Angliru ha peccato di attendismo, consentendo a Roglic di limitare i danni. Nella tappa odierna ha piazzato uno scatto secco negli ultimi 4000 metri: troppo tardi per guadagnare i 45″ che lo separavano dalla maglia roja. Si è alzato sui pedali, ha serrato le mani sul manubrio, ha rilanciato l’azione senza tregua. Al traguardo era tangibile la sensazione che avesse ancora energie da spendere. Eppure, nel tratto più duro dell’Alto de la Covatilla, con pendenze importanti tra il 9.5 ed il 12%, Carapaz è rimasto a guardare, pedalando sovente nella pancia del gruppetto composto dagli uomini di classifica. Il classe 1993 si è mosso solo per rispondere in prima persona all’allungo del britannico Hugh Carthy. A quel punto, quando si è accorto che la pedalata di Roglic non era quella dei giorni migliori, ha rilanciato con un contrattacco micidiale, che ha fatto il vuoto. Troppo tardi, però, per ribaltare tutto. Come sarebbe finita se Carapaz fosse scattato un paio di km prima, proprio nel tratto con le pendenze più arcigne? Non lo sapremo mai. E probabilmente il dubbio assillerà a lungo l’ecuadoriano nelle notti a venire. In questa Vuelta si è rivelato il miglior scalatore, a cronometro si è difeso egregiamente. Gli sono mancate una squadra all’altezza e l’esplosività di Roglic. La Ineos, dopo aver dominato al Giro, si è presentata alla Vuelta con una compagine dimessa e fuori forma: non è un caso che oggi il capitano abbia affrontato da solo e senza gregari l’ascesa conclusiva, impossibilitato a mettere in atto un’azione di squadra che avrebbe potuto fare selezione, aggiungere fatica nelle gambe di Roglic ed anche consentire di andare a chiudere sulla fuga di giornata per giocarsi successo e relativi abbuoni. Carapaz ha dovuto fare tutto da solo e, forse, non se l’è sentita di muoversi a troppi km dal traguardo, probabilmente per il timore di saltare e perdere la seconda piazza a vantaggio di Hugh Carthy. Va inoltre rimarcato che ha perso questa Vuelta a causa degli abbuoni, avendo incassato 16″ contro i ben 48″ di Roglic. Lo sloveno ha sfruttato il proprio spunto veloce ogni volta che ha potuto, agguantando ben quattro successi di tappa. In passato è accaduto (raramente, in verità) che un grande giro non assegnasse abbuoni né per il podio di tappa né per i traguardi volanti. Se ciò fosse accaduto in questa Vuelta, Carapaz l’avrebbe vinta per 8 secondi.

federico.militello@oasport.it

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Foto: Lapresse

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