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Vuelta a España 2020: Richard Carapaz paga attendismo e Ineos non all’altezza. Ma la vittoria al Giro non fu casuale

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La Vuelta a España 2020 ha dimostrato, se mai ce ne fosse stato bisogno, che Richard Carapaz non ha certo vinto un Giro d’Italia per caso. Sono ormai quattro anni, ovvero da quando è passato professionista nel 2017, che l’ecuadoriano, ogni volta che può correre per sé, sforna prestazioni eccellenti in salita. Nell’ultimo triennio, in tre grandi giri disputati da capitano, ha raccolto una quarta piazza, una prima e, ora, è in procinto di agguantare anche la seconda di quest’edizione del Grand Tour spagnolo.

Richard, che finirà la gara a ventiquattro secondi dal trionfatore Primoz Roglic, per la verità, avrebbe potuto anche vincere. D’altronde la grande differenza, tra lui e lo sloveno, l’hanno fatta gli abbuoni e la squadra. Roglic, infatti, nei momenti difficili, ha sovente avuto di fianco un compagno, fosse esso Kuss sull’Angliru od Hofstede sull’Alto de la Covatilla, a dargli una mano. Carapaz, al contrario, nelle frazioni di alta montagna si è sempre ritrovato isolato molto presto e non ha mai avuto nessuno capace di preparare il terreno per un suo attacco.

Sui già citati Angliru e Alto de la Covatilla, Richard si è visto costretto ad aspettare gli attacchi di altri uomini di classifica, lasciando a loro l’onere di scardinare il treno della Jumbo-Visma. Solo dopo gli affondi di Carthy oggi e di Mas domenica scorsa, i quali hanno messo in difficoltà la squadra di Roglic, Carapaz si è mosso. Ma i suoi attacchi sono sempre arrivati troppo tardi e non è mai riuscito a guadagnare abbastanza sul rivale.

Carapaz, in questi diciotto giorni, è stato più attendista rispetto al Giro d’Italia 2019. Ma in quell’occasione aveva di fianco una Movistar con Landa, Pedrero, Carettero ed Amador che gli rendeva la vita decisamente più semplice. Al contrario, in questa Vuelta è stato spalleggiato da una Sky che, oltre al sopraccitato Amador, non schierava una formazione capace di mettere la gara nei binari prediletti dal suo capitano.

Chris Froome non è praticamente mai andato forte. Dylan van Baarle ha fatto il massimo, ma è un corridore da classiche del nord, non certo uno scalatore. Ivan Ramiro Sosa, il miglior grimpeur al servizio di Carapaz, si è dimostrato, nuovamente, terribilmente discontinuo. Il colombiano in salita è fortissimo, ma soffre così tanto in pianura che, nelle tappe con il traguardo posto in quota, arriva già cotto all’erta finale. Infine, gli ultimi tre corridori convocati dal sodalizio britannico per la Vuelta, Cameron Wurf, Brandon Rivera e Michal Golas, sono semplicemente tre atleti che, nelle fasi calde di un grande giro, non possono dare un apporto significativo al loro leader.

Richard in questa Vuelta ha dato dimostrazione, una volta di più, di avere eccellenti doti di fondo e recupero, tanto che nell’ultima tappa di montagna ha staccato tutti. Inoltre, a cronometro si è difeso in modo veramente eccelso in relazione alle sue caratteristiche di scalatore puro. Ineos deve assolutamente valorizzarlo di più poiché, al momento, Carapaz non parte battuto da nessuno nelle manifestazioni di tre settimane.

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luca.saugo@oasport.it

Twitter: @LucaSaugo

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Foto: Lapresse

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