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Atletica, la marcia 50 km esce dalle Olimpiadi di Parigi 2024. L’addio di una disciplina storica, amata dall’Italia

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Pino Dordoni, Abdon Pamich, Alex Schwazer: tre ori sfavillanti dell’atletica italiana in una specialità che, dopo Tokyo 2021, non sarà più olimpica. La 50 km di marcia sparisce dal programma a Cinque Cerchi da Parigi 2024, 92 anni dopo essere stata inserita a Los Angeles 1932 e dopo essere stata per quasi un secolo (con l’eccezione di Montreal 1976, edizione in cui non fu disputata) la gara più lunga del programma dell’atletica leggera.

Un addio che fa male perchè, tra le specialità “tagliate” dal CIO in vista dell’edizione francese dei Giochi è sicuramente quella con maggiore tradizione e quella a cui gli sportivi italiani di tutte le età sono legati visto che le sei medaglie azzurre in questa specialità abbracciano un po’ tutte le generazioni: 1932 Ugo Frigerio bronzo a Los Angeles, 1952 a Helsinki Pino Dordoni, 1960 Roma il bronzo e 1964 Tokyo oro per Abdon Pamich, 1984 a Los Angeles il bronzo di Alessandro Bellucci e 2008 a Pechino l’indimenticabile oro di Alex Schwazer, nel momento più sfavillante di una carriera controversa e, forse, non ancora conclusa.

Una gara che ha in sè qualcosa di epico e di crudele, di affascinante e di massacrante: la gara in cui puoi faticare per 48 chilometri ed essere squalificato quando intravedi la sagoma dello stadio della gloria all’orizzonte, la gara in cui l’incidente di percorso sotto forma di reazione fisica alla fatica è sempre dietro l’angolo, la gara in cui crisi, rimonte e rinascite sono all’ordine del giorno. Una gara che non doveva sparire ma che se ne va in nome delle difficoltà organizzative e di un presunto scarso appeal televisivo francamente incomprensibile.

Una gara che porta con sè storie meravigliose come quella del primo vincitore dell’oro olimpico, il britannico Thomas Green, affetto da rachitismo e incapace di camminare fino a cinque anni, però capacissimo, a 12, di mentire sulla sua età e arruolarsi nell’esercito, il suo sogno da sempre. Scampato alla prima guerra mondiale fra mille traversie, fu assunto come ferroviere e a 32 anni, nel 1926, disputò la sua prima gara di marcia, diventando, sei anni dopo, all’età di 38 anni, il primo campione olimpico della specialità. Quattro anni dopo Sir Harold Whitlock, altro britannico, iniziò a sentirsi male al km 38, quando aveva un vantaggio abissale sugli avversari e proseguì vomitando per quasi otto chilometri ma riuscì a mantenere un vantaggio tale da regalargli la vittoria.

Nel 1948 a Londra Terence Tebbs Lloyd Johnson, alla “tenera” età di 48 anni, riuscì nell’impresa di salire sul terzo gradino del podio e resta ancora oggi l’atleta più vecchio ad avere conquistato una medaglia olimpica nell’atletica. A vincere fu lo svedese Ljunggren. Nelle edizioni successive gli ori andarono all’azzurro Dordoni (1952), al neozelandese Read (1956), al britannico Thompson (1960), all’azzurro Abdon Pamich (1964), al tedesco dell’est Hohne (con 10 minuti di vantaggio sul secondo) nel 1968, al tedesco Kannenberg nel 1972, al tedesco dell’est Gauder (che poi negli anni ’90 subirà un doppio trapianto del cuore prima di portare a termine la maratona di New York) nel 1980, al messicano Gonzalez Rodriguez (vero e proprio monumento nazionale) nel 1984, all’operaio tessine Ivanenko, russo, nel 1988, all’altro russo, l’ingegnere edile di Novosibirsk Perlov nel 1992.

L’uomo, però, che più di tutti ha marchiato a fuoco con il proprio nome l’albo d’oro olimpico della 50 km di marcia è il polacco Robert Korzeniowski, che di ori a Cinque Cerchi ne ha conquistati ben tre, consecutivi. il suo regno è iniziato nel 1996 ad Atlanta (quattro anni dopo essere stato squalificato all’ingresso dello stadio a Barcellona quando era secondo e già certo di una medaglia), è proseguito nel 2000 con il dominio della gara di Sydney e si è concluso nel 2004 ad Atene con la gara forse più bella della carriera, a 36 anni suonati, chiusa con oltre 4 minuti di vantaggio sul più immediato inseguitore, il russo Nizhegodorov.

Gli ultimi campioni olimpici della specialità sono stati l’azzurro Alex Schwazer, con una fantastica cavalcata a Pechino, l’australiano Jarred Tallent (altro grandissimo interprete della distanza con l’oro londinese tra i due argenti di Pechino e Rio) e il sorprendente slovacco Matej Toth, trionfatore a Rio 2016.

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1 Commento

1 Commento

  1. OLIMPIONICO

    10 Dicembre 2020 at 20:18

    Bell’ articolo, complimenti. Ricorderemo sempre con passione le Glorie Olimpiche Italiane di questa specialita’.

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