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Ciclismo, Filippo Conca: “La Lotto-Soudal mi dà stabilità. Mi ispiro a De Gendt. Sono uno scalatore atipico”

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Nelle ultime due stagioni Filippo Conca è emerso come uno dei migliori interpreti delle corse a tappe nella categoria U23. L’azzurro è arrivato quinto sia al Giro d’Italia U23 del 2019 che a quello del 2020. Inoltre, nel 2019 si è anche piazzato al settimo posto nel durissimo Giro della Valle d’Aosta. Noi di OA Sport abbiamo fatto una bella chiacchierata con lui, durante la quale abbiamo parlato delle prestazioni nel biennio appena concluso, della trafila nelle categorie giovanili e di ciò che immagina nel suo futuro. Di seguito l’intervista completa a Filippo Conca.

Filippo, innanzitutto volevo chiederti come ti sei tenuto in forma durante la quarantena e come è stato riprendere a gareggiare dopo uno stop così lungo.

“Durante la quarantena facevo due ore di rulli al giorno e, poi, esercizi a corpo libero. Dal 4 di maggio ho ripreso ad allenarmi su strada e mi sono focalizzato sulla qualità. Appena tornato in gara andavo fortissimo, ma dopo poco tempo ho iniziato a sentirmi stanco e non sono più riuscito a rendere al massimo delle mie possibilità. Durante la quarantena abbiamo dovuto stravolgere la nostra rutine e il mio fisico questo l’ha pagato. Inoltre, anche se non sembra, fare rulli è davvero stressante. Durante certe sessioni mi capitava di perdere anche tre chili di liquidi”.

Tu sei arrivato due volte quinto, nel 2019 e nel 2020, al Giro d’Italia U23. Ci racconti un po’ come sono andate, per te, le due corse e le differenze che hai riscontrato nelle tue prestazioni da una stagione all’altra?

“L’anno scorso, quel risultato, per me, fu una grandissima sorpresa. Arrivai al Giro in ottima forma, ma non mi aspettavo di riuscire a fare così bene. A fine gara ero davvero contentissimo per la mia prestazione. Quest’anno, invece, è stato differente. Mi ero preparato in altura e dopo aver terminato lo stage mi sentivo benissimo. Tuttavia, dal terzo giorno di gara ho iniziato ad avere sensazioni negative e non sono più riuscito a trovare il colpo di pedale dei giorni migliori. Sono dispiaciuto poiché credo che, al top della condizione, avrei potuto competere per il podio. Ad ogni modo, la vittoria sarebbe stata comunque un obiettivo utopistico, poiché Thomas Pidcock andava veramente troppo forte”.

Ora facciamo un passo indietro: volevo chiederti quando hai cominciato a correre e come è stata, poi, la tua trafila nelle categorie inferiori.

“Ho iniziato a correre a sei anni, seguendo l’esempio di mia sorella di nove anni più grande che, all’epoca, praticava questo sport. Negli anni sono cresciuto con regolarità, senza spremermi troppo. Da junior ero bravo, ma mi piazzavo sempre e ho vinto solo una gara. Tanti dei ragazzi che all’epoca andavano più forte di me, però ora hanno smesso, mentre io sono cresciuto pian piano e nelle ultime due stagioni da U23 sono riuscito a emergere. Da ragazzo, inoltre, ho praticato anche la mountain bike, mentre tutt’ora, d’inverno, faccio qualche gara di ciclocross per divertirmi e per allenarmi su sforzi di un’ora. Durante l’inverno non vi è altro modo per fare un lavoro simile”.

Nel 2019 sei stato l’unico corridore ad arrivare in top-10, anzi in top-7, al Giro d’Italia U23 e al Giro della Valle d’Aosta. Volevo che ci raccontassi un po’ la tua esperienza nella durissima gara valdostana, facendo anche un focus sulla prima tappa di quell’edizione che fu alquanto bizzarra.

“Mi presentai al via di quel Giro della Valle d’Aosta in condizioni veramente eccellenti. Rispetto al Giro andavo anche più forte in salita, però in quella manifestazione il livello era davvero altissimo. Al Giro U23 2019 c’erano i tre colombiani (Ardila, Rubio e Alba, ndr.) che andavano fortissimo, ma al Valle d’Aosta erano presenti circa una quindicina di corridori capaci di esprimersi su livelli eccezionali quando la strada si inerpica. Nella prima tappa, purtroppo, abbiamo sbagliato strada per colpa di una moto. Tra l’altro a tirare il gruppo c’era un mio compagno di squadra valdostano, Michel Piccot, ma in quel momento avevamo sconfinato in Francia e neanche lui conosceva bene quelle zone, dunque si è fidato del motociclista. Quando gli organizzatori hanno capito di aver fatto un errore, ci hanno riportato sul tracciato della frazione, ma volevano farci ripartire in discesa. Inoltre, quando è accaduto il misfatto, davanti eravamo rimasti in venticinque, ma, una volta che ci siamo fermati, è rientrato tutto il gruppo. I giudici avevano deciso di farci ripartire tutti insieme e questo a noi non stava bene. Avevamo paura che qualcuno tra gli atleti rientrati provasse a rimontare posizioni in gruppo, mentre affrontavamo il tratto in discesa, col rischio di causare una caduta molto numerosa. Per questo abbiamo deciso di fare il resto della frazione a ritmo blando, come segno di protesta”.

L’anno prossimo correrai con la Lotto-Soudal: come mai hai scelto la formazione belga?

“L’anno scorso avevo firmato un contratto con l’Androni, però, dopo la pandemia, le Professional sono molto meno stabili dal punto di vista economico. In primavera il mio procuratore, Manuel Quinziato, mi aveva detto che la Lotto-Soudal cercava un italiano forte in salita e, così, abbiamo allacciato i contatti con loro. Ovviamente abbiamo fatto presente che avevo già un impegno con l’Androni, ma alla fine siamo riusciti comunque a trovare una soluzione. Gareggiare nel World Tour è un sogno che si avvera e la Lotto mi dà più garanzie durante questo periodo complicato”.

C’è un corridore, in particolare, al quale ti ispiri e a cui pensi di assomigliare?

“Il mio corridore preferito è Thomas De Gendt. Mi ispiro a lui da diverso tempo, ormai. Mi stregò quando vinse sullo Stelvio al Giro d’Italia del 2012. Poi mi piace perché è un atleta che corre sempre all’attacco e, alle volte, riesce a vincere dando distacchi enormi al resto del gruppo. Mi rivedo un po’ in lui, poiché entrambi sappiamo andare forte in salita pur non avendo un fisico da scalatori puri. Inoltre, lui è uno che è cresciuto per gradi, senza bruciare subito le tappe. Spero anch’io di avere un percorso simile”.

Proiettandoci un po’ più avanti nel futuro: quali sono le corse che sogni, un giorno, di vincere? E perché?

“Mi piacerebbe vincere delle frazioni nelle grandi corse a tappe, soprattutto al Giro. Magari qualcuna che passa vicino a casa mia. Ma non le vorrei conquistare in modo banale, ma con qualche bella azione, magari in solitaria e da lontano. Un po’ come fa De Gendt. Ovviamente sogno anche di trionfare nella classifica generale di qualche gara a tappe, ma al momento tengo i piedi ben saldi per terra, conscio che per farlo servirà molto lavoro e non è detto che basti dato che il livello dei corridori della mia generazione è veramente alto”.

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Foto: Valerio Origo

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