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Ciclismo
Ciclismo, il pagellone del 2020: Pogacar, Van Aert ed Alaphilippe i migliori. Ganna è la stella dell’Italia
Questo tormentato 2020 ha segnato irrimediabilmente anche la stagione ciclistica, con un calendario del tutto riformulato, corse cancellate, Tour, Giro e Vuelta in autunno, come del resto le Classiche. Ma al contempo questa annata ha anche segnato un’inevitabile cambio generazionale con il protagonismo assoluto delle giovani leve, a partire da Tadej Pogacar, trionfatore di uno storico Tour de France, passando per Tao Geoghegan Hart, inaspettato dominatore del Giro d’Italia, sino al dominio contro il tempo del nuovo pupillo del ciclismo italiano Filippo Ganna, campione del mondo a cronometro in quel di Imola.
Quello stesso tracciato che dopo 48 ore ha premiato una delle grandi certezze del circuito internazionale, la nuova maglia iridata Julian Alaphilippe, davanti a Wout Van Aert, che in questo 2020 è salito alla ribalta come mattatore assoluto delle Classiche. Ma dobbiamo anche fare i conti con le delusioni e le illusioni, come Vincenzo Nibali, che non si è trovato di fronte alla sua annata, oppure Fabio Aru e l’ennesima debacle personale. Il tutto senza dimenticarci della bruttissima immagine che ci ha lasciato il Giro di Polonia.
Tra alti e bassi, tra promossi e bocciati, ecco a voi il Pagellone 2020 di tutti i più grandi protagonisti di quest’ultima e difficile annata di grande ciclismo.
PAGELLONE CICLISMO 2020
Alaphilippe Julian, 10: campione del mondo su quel traguardo di Imola che ha premiato il giusto vincitore, per un tracciato perfetto e un obiettivo che stava cercando da tanto, troppo tempo. Peccato per quella brutta disattenzione della Liegi, il secondo posto alla Milano-Sanremo, e quella tremenda caduta al Giro delle Fiandre, altrimenti sarebbe stata una stagione da dieci e lode. Ma una cosa è innegabile: il Moschettiere è sempre e comunque il mattatore assoluto di ogni corsa a cui prende parte. Manca soltanto un pizzico di maturità e attenzione in più.
Almeida Joao, 8,5: una prima stagione da professionista che lo ha già lanciato alla ribalta della scena internazionale, con i suoi 15 giorni in maglia rosa al Giro d’Italia, e quel podio milanese che si meritava più di qualsiasi altro corridore. Giovane ma già sicuro di sé, non si è mai fatto prendere dal possibile stress della leadership, mostrando una maturità da fare invidia e una gran tenuta di qualsiasi tipo di terreno. In breve tempo si è fatto conoscere al mondo intero, e sicuramente ne sentiremo molto ma molto parlare.
Aru Fabio, 3: per l’ennesimo anno il campione sardo non è riuscito ad essere minimamente della partita. Ha deluso parecchio durante il Tour de France, dove era stato designato come fido scudiero di Tadej Pogacar, per poi ritirarsi durante la nona tappa. È così arrivato l’inevitabile distacco dalla UAE Team Emirates, e poi la scelta della Qhubeka-ASSOS per un possibile cambiamento. E a 30 anni, a maturazione ormai completata, dall’alto della sua stoffa, non si può più andare avanti così per ancora tanto tempo.
Bagioli Andrea, 8: già talentuoso da Under 23, nella sua prima stagione da professionista ha confermato il suo grande valore aggiudicandosi anche una vittoria. Costante sempre e comunque, si è meritatamente aggiudicato un posto in Nazionale per il Mondiale a Imola, per poi buttarsi sulla Vuelta dove però, ha mollato il colpo a due giorni dalla fine. Comunque sia, dalla prima all’ultima corsa, si è sempre messo in mostra, sfoderando un carattere e una tenacia, davanti ai big del circuito internazionale, che non è da tutti. Ci sono tutte le premesse per un futuro glorioso.
Bernal Egan, SV: un 2020 che non è mai esploso tra un Giro del Delfinato caratterizzato dai primi problemi fisici alla schiena, che hanno lasciato subito il dubbio per l’imminente Tour de France a cui si è presentato da vincitore uscente. Il tanto atteso recupero non è mai arrivato finché, in occasione della diciassettesima tappa, ha dovuto alzare bandiera bianca. Poi non è più tornato in corsa chiudendo così una stagione impossibile da giudicare. Un gran peccato.
Caruso Damiano, 7: la nostra grande salvezza tra il Tour de France e il Mondiale con due decimi posti che valgono come il podio. Lo scalatore azzurro dell’anno, l’azzurro più combattivo per le corse a tappe. E diciamocela tutta, il ragusano si meriterebbe qualche responsabilità e soddisfazione in più.
Démare Arnaud, 9: il velocista dell’anno per eccellenza. Fuoriclasse indiscusso delle volate, si è portato a casa anche quattro sprint ed una meritevole maglia ciclamino della classifica a punti al Giro, il punto più alto della sua annata in cui ha raggiunto ben quattordici sigilli stagionali, tra cui la Milano-Torino, in una volata più bella dell’altra. Adesso è arrivato il momento di alzare l’asticella delle ambizioni, tra cui deve rientrare, per forza di cose, la corsa di casa, il Tour de France, e quella maglia verde dal sogno transalpino.
Evenepoel Remco, 7: chissà come sarebbe potuto andare il Giro d’Italia con al via il giovane fenomeno belga, se non ci fosse stata quella tremenda caduta del Lombardia che ha tenuto tutti quanti col fiato sospeso per diversi minuti. La sua annata era iniziata in maniera sorprendente, con un dominio in lungo e in largo in tutte le corse a cui ha preso parte; poi la sfortuna ha bussato alla sua porta negandogli di mettersi in scena nella sua prima esperienza con le grandi corse a tappe. Remco sta recuperando a vista d’occhio, e siamo certi che il prossimo anno non si farà tanto desiderare.
Ganna Filippo, 10 e lode: la tanto attesa conferma del suo talento puro è arrivata. L’Italia ha l’onore di avere con sé il Dio del Tempo, sia su pista che su strada. Campione del mondo e record internazionale nell’inseguimento individuale sul velodromo iridato di Berlino, bronzo con il quartetto, strabiliante nella cronometro finale della Tirreno-Adriatico, il suo destino verso Imola 2020 era già segnato. Ed ecco quella prima e storica medaglia d’oro nella prova contro il tempo del Mondiale emiliano, per lui e per l’Italia, in una disciplina ma dominata; un iride per la gloria eterna. Ma a Filippo tutto questo non bastava, perchè al Giro d’Italia è riuscito a fare più notizia e scena di qualsiasi altro big della generale con ben quattro vittorie di tappa: tre a cronometro tra Palermo, con tanto di maglia rosa come primo leader assoluto della Corsa Rosa 2020, Valdobbiadene, la conclusione in quel di Milano; ma nel mezzo anche l’affondo nella tortuosa frazione di Camigliatello Silano con un assolo degno di un finisseur d’altri tempi. Filippo è il vero orgoglio azzurro da preservare, ma al contempo da mostrare al mondo intero in tutta la sua giovane ma già immensa magnificenza.
Geoghegan Hart Tao, 9: da gregario a capitano in un batter d’occhio, finito dritto laddove nessuno se lo sarebbe mai aspettato: sul gradino più alto del podio milanese del Giro d’Italia. Con un Chris Froome fuori forma, la Ineos Grenadiers puntava tutto su Geraint Thomas, finché quella maledetta caduta nella tappa dell’Etna ha distrutto per sempre le ambizioni del gallese, ma non quelle della formazione britannica. Perchè quest’ultima ha trovato per strada un capitano inedito, che giorno dopo giorno ha abbattuto una vittima dietro l’altra; un’altra stella, un nuovo erede dopo Wiggins, Froome e Thomas. E così, per l’ennesima volta, la Ineos è riuscita a portarsi a casa un grande giro. Tao è molto giovane ed è sicuramente all’inizio di una carriera che diventerà sicuramente sfavillante.
Groenewegen Dylan – Giro di Polonia, NC: un mix di colpe per un’immagine, la caduta da brividi del povero Fabio Jakobsen, difficile da dimenticare. Le transenne, la scorrettissima volata di Groenewegen, che sta pagando una meritata squalifica di nove mesi… . È stato il frangente più brutto e difficile dell’annata che, nel suo tremendo evento, ha aperto gli occhi a tanti. Anche se chi si è occupato di quell’arrivo, non ha ancora pagato le conseguenze di ciò che per primo ha provocato.
Hindley Jai, 8: una gran bella scoperta per un giovane che, durante il Giro, quatto quatto si è fatto largo nel suo Team Sunweb superando prima il capitano designato Wilco Kelderman, per poi giocarsi la maglia rosa praticamente alla pari con Geoghegan Hart. La supremazia del britannico a cronometro non ha lasciato scampo al giovane Aussie, ma è stata l’unica nota dolente per una Corsa Rosa con i fiocchi, che ha posto le basi per un futuro decisamente promettente per le corse a tappe.
Hirschi Marc, 8: forse forse la Svizzera ha trovato in lui l’erede di Fabian Cancellara per le Classiche e le tappe dei grandi giri. Il suo grande talento si era già visto al Mondiale da lui conquistato due anni fa tra gli Under 23, e in questo 2020, è uscito come un fulmine a ciel sereno rendendosi protagonista assoluto tra il Tour de France, una meravigliosa medaglia di bronzo al Mondiale di Imola, culminando con la conquista della sua prima Classica, la Freccia Vallone, e la seconda piazza alla Liegi. Un mese e mezzo vissuto al massimo con una condizione esorbitante da fare invidia a tanti big.
Movistar, 4: Enric Mas, Alejandro Valverde e Marc Soler, un tris sulla carta vincente ,ma che alla fine non è riuscito a portare a casa nulla di buono. Mas ha cercato di dare il massimo tra Tour e Vuelta, ma non è bastato. Anche lui è rimasto ‘vittima’ della tattica nuovamente sbagliata della formazione iberica che non ha azzeccato proprio nulla dall’inizio alla fine. Poco importano le classifiche a squadra del Tour e della Vuelta visto che alla fine, a livello di ranking, si sono ritrovati a piè pagina. C’è molto da rivedere per una squadra che, alla fine, ha fatto la storia del ciclismo.
Nibali Vincenzo, 5,5: non è stato un 2020 facile. Partito con l’idea di una stagione divisa tra Giro d’Italia, Olimpiadi e Mondiali, lo Squalo dello Stretto, come d’altronde tutto il gruppo, si è improvvisamente ritrovato davanti ad un’annata stravolta, da riorganizzare da capo. E purtroppo, non sono arrivati i risultati sperati. È stata una stagione sofferta, senza neanche un successo, cosa che non accadeva dal lontano 2005. Anche se, in ogni caso, per l’ennesima volta, ha cercato di onorare al meglio i colori italiani. Dall’alto della sua esperienza, della sua carriera, ha sempre e comunque messo in campo la sua professionalità, la sua classe, soprattutto nell’amata Corsa Rosa; anche se l’ultima settimana è andata al di sotto delle aspettative. Ci lasciamo con un enorme punto di domanda per come sarebbe potuta andare questa stagione se non ci fosse stato questo enorme stravolgimento.
Nizzolo Giacomo, 7,5: l’annata del riscatto è finalmente arrivata, e forse, è stata ancor più bella delle aspettative primordiali. Campione italiano e campione europeo, il massimo auspicabile per un corridore che ha ritrovato la consapevolezza e lo spirito dei tempi migliori.
Pogacar Tadej, 10 e lode: la star internazionale dell’anno, il premio Oscar dei grandi giri del 2020. Perchè quello che ha fatto al Tour de France è stata una delle imprese più belle non solo della storia della Grande Boucle, ma proprio di tutta la storia dello sport. Lo sloveno ha regalato uno spettacolo puro, senza precedenti, donando a se stesso e a tanti giovani corridori come lui, la gioia del sogno più grande di tutta la vita di un ciclista. E siamo soltanto all’inizio.
Roglic Primoz, 8: dalla rabbia alla gloria, dalla beffa del Tour finito in pochi secondi nelle mani del suo connazionale Pogacar, al riscatto di quella doppietta alla Vuelta voluta, cercata. E quella ciliegina sulla torta della Liegi, il colpo di reni verso il trionfo e ai danni di un distratto Alaphilippe. Sempre e comunque presente su ogni fronte, Roglic è una garanzia assoluta.
Sagan Peter, 6,5: il grande obiettivo stagionale era il suo primo Giro d’Italia, e nonostante il cambio del calendario, ha rispettato a pieno la promessa. Dopo una serie infinita di top 3, è riuscito a regalarsi una bellissima vittoria in solitaria in quel di Tortoreto, tuonando a gran voce il suo amore per il nostro Paese. Ha rinunciato a tutto, soprattutto alle Classiche, per essere al via del Giro in quel di Palermo. Voleva essere uno dei protagonisti e ce l’ha fatta. Per questo non possiamo fare altro che ringraziarlo immensamente.
Ulissi Diego, 7,5: sempre e comunque una garanzia assoluta per i colori azzurri. Dove va lascia il segno, o comunque ci prova. Le due stoccate più belle? Al suo amato Giro d’Italia: ottava partecipazione, settimo e ottavo sigillo personale in cinque edizioni. Lui e Ganna ci hanno fatto veramente sognare in grande.
Van Aert Wout, 9: un 2020 stellare per il belga, protagonista assoluto delle Classiche tra la vittoria alla Strade Bianche, alla Milano-Sanremo, il secondo posto al Fiandre, e quelle due storiche medaglie d’argento al Mondiale di Imola a cronometro e in linea. Bravo, bravissimo anche al Tour de France sia come vincitore di tappa che come gregario fidato di Roglic. Giovane, attento, Wout sa stupire su ogni tipo di terreno.
Van der Poel Mathieu, 8: sulla falsa riga del suo collega e rivale di ciclocross Van Aert, il giovane neerlandese, esempio di multidisciplinarietà, ha chiuso il 2020 scrivendo la storia, conquistando quel Giro delle Fiandre che ben 34 anni fa aveva visto trionfare il padre Adrie. Le Classiche sono disegnate su di lui, e siamo certi che in breve tempo ne sarà l’assoluto dominatore assieme al suo storico antagonista Van Aert. Ne vedremo delle belle.
Viviani Elia, 4: da una parte un po’ tutti si aspettavano un inevitabile cambiamento col passaggio da una corazzata esperta come la Deceuninck-Quick Step, alle dinamiche ancora tutte da costruire in Cofidis. E di fatti è arrivata in breve tempo la conferma di tutto ciò. Dopo un bell’inizio, l’ex campione europeo non ha raccolto poi molto, per poi sfumare totalmente durante il Giro d’Italia. Un’annata da dimenticare che però non deve minimamente scalfire le ambizioni di successo. Confidiamo in un 2021 migliore.
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Foto: Lapresse