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Combinata nordica
Combinata nordica, all’Italia manca ancora condizione atletica nel fondo, ma la top ten è alla portata
Seppur gareggiando a singhiozzo, la Coppa del Mondo di combinata nordica manda ufficialmente in archivio la prima parte della sua stagione. È dunque giunto il momento di effettuare un bilancio della squadra italiana al termine della fase iniziale dell’annata agonistica. Nell’arco di questo periodo gli atleti si sono confrontati sia sul trampolino più imponente in assoluto (Kuusamo) che su quello più minuto del circuito (Ramsau). Due impianti agli antipodi, sui quali il team azzurro ha mandato in zona punti quattro atleti diversi. Dunque c’è una buona quantità di piazzamenti, se si vuole vedere il bicchiere mezzo pieno. Se invece si guarda al bicchiere mezzo vuoto, va rimarcato come gli italiani si siano generalmente attestati tra il 21° e il 30° posto. Il miglior risultato nelle prime cinque gare è rappresentato da una tredicesima posizione e non si è ancora fatto breccia nella top ten.
È necessario effettuare una doverosa premessa. Negli ultimi tre anni la filosofia seguita sul trampolino è cambiata di continuo, cercando con il lanternino la proverbiale “direzione giusta”. Se le basi sono queste e, di conseguenza, manca stabilità tecnica, è evidente come si fatichi a crescere di livello, soprattutto se si seguono i dettami di una scuola obsoleta come quella finlandese. Ora, finalmente, sotto la guida del tedesco Danny Winkelmann, si è abbracciata una filosofia decisamente più moderna. È chiaro che serve tempo per adeguarsi al nuovo corso, nella speranza che esso possa essere perseguito anche negli inverni a venire, in maniera tale da provare a cambiare uno spartito ormai ripetitivo.
Alessandro Pittin non ha potuto gareggiare a Kuusamo a causa del Covid-19, mentre a Ramsau ha realizzato dei buoni salti, mostrando di avere una stabilità tecnica che mancava da tempo. D’accordo, l’impianto è storicamente amico del trentenne di Cercivento, ma è comunque apparso più quadrato rispetto al recente passato. Purtroppo è mancata la condizione atletica nello sci di fondo, fatto che gli ha impedito di lottare per un piazzamento nella top-ten nella seconda delle due gare in programma. Considerando il malanno avuto, bisogna concedere il beneficio del dubbio al bronzo olimpico di Vancouver 2010, nel senso che proprio gli strascichi del coronavirus potrebbero essere stati la causa del crollo verticale nell’ultimo chilometro della competizione andata in scena il 20 dicembre. Comunque sia, un inizio incoraggiante per Alessandro.
Riguardo Samuel Costa, il brutto infortunio con ricaduta del 2017 è ormai alle spalle e quella appena cominciata è la terza stagione da recuperato. Cionondimeno, il gardenese non si è più espresso sui livelli del 2016-17. In particolare, si nota una regressione sia sul trampolino che sugli sci stretti. Nel salto vi sono delle mancanze nei contesti in cui è necessario essere esplosivi in fase di stacco, ovvero negli impianti di piccole dimensioni e/o con condizioni di aria alle spalle. La competitività è invece maggiore dove la forza non è preponderante, come a Kuusamo, oppure con vento frontale. Il fatto più inquietante riguardo il ventottenne altoatesino è rappresentato dall’involuzione nel fondo, contesto dove ha mostrato solo occasionalmente la competitività di tre anni orsono. D’accordo, è solo il primo mese di gare, ma se la dimensione sugli sci rimarrà questa, allora sarà difficilissimo tornare a lottare per le primissime posizioni.
Anche Aaron Kostner è reduce da un grave infortunio, che nel suo caso è però decisamente più recente rispetto a quello patito da Costa. Quanto fatto a Kuusamo ha del miracoloso, mentre a Ramsau tutti i nodi sono venuti al pettine. Sappiamo come il ventunenne altoatesino sia atleta capace di esprimersi meglio sui trampolini grandi, ma in prospettiva sarà necessario colmare le lacune atletiche attuali per poter essere competitivo in ogni contesto. Al tempo stesso, Kostner nel fondo deve crescere ancora parecchio. Ai Mondiali di Seefeld 2019 abbiamo visto quanto può valere al top del suo potenziale, ma il quesito da porsi è quanto a lungo possa tenere quel livello nell’arco di un inverno. L’obiettivo a medio termine deve essere quello di creare un combinatista in grado di esprimersi costantemente vicino al proprio limite, altrimenti il gardenese sarà destinato a vivere di exploit saltuari.
Raffaele Buzzi ha disputato un weekend superlativo a Kuusamo, esprimendosi al limite delle sue possibilità, rientrando poi nei ranghi a Ramsau. In ogni caso, anche il friulano si difende meglio sui Large Hill di quanto non lo faccia sui Normal Hill, quindi nessuna sorpresa al riguardo. Bravo ad arpionare due piazzamenti in zona punti in Finlandia.
In generale, bisogna sottolineare come l’impressione è che tutti gli azzurri siano ancora lontani dalla miglior condizione nel fondo. Forse la preparazione è stata calibrata per entrare in forma più avanti? Oppure si è deciso di seguire una filosofia differente, allo scopo di avere atleti più equilibrati tra le due componenti di questa nobile disciplina? L’importante è che l’Italia non cada negli isterismi del passato, nel senso che quando si faticava nel salto, si abbandonavano all’improvviso gli allenamenti di fondo per concentrarsi solo sul trampolino, avendo come unica conseguenza quella di non migliorare nel salto e di peggiorare sugli sci. Ora non si deve fare il contrario, perché se si dovesse sprofondare di rendimento sul trampolino, allora si imboccherebbe un tunnel dal quale sarebbe impossibile uscire nell’inverno in corso. Bisogna avere cognizione di causa delle proprie potenzialità. Il podio, al momento, è riservato alle superpotenze e l’Italia non lo è. La squadra azzurra attualmente può puntare alla top ten, obiettivo che appare alla portata già nel mese di gennaio. Dunque, avanti così, con un occhio al presente e l’altro al futuro, senza sovradimensionare quelle che possono essere le ambizioni del team.
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