Sci di fondo
“Lanciamo i giovani italiani al Tour de Ski, altrimenti si soffoca il movimento azzurro” ‘L’ululato del Bubo’ con Fulvio Valbusa
La Coppa del Mondo di sci di fondo ha mandato in archivio la triste accoppiata Davos-Dresda, andata in scena priva degli atleti di Norvegia, Svezia e Finlandia. I Paesi nordici hanno infatti preferito disertare gli appuntamenti disputati sulle nevi svizzere e tedesche a causa del timore che i ripetuti viaggi potessero favorire il contagio da Covid-19. In Sassonia, l’Italia ha nuovamente approfittato al meglio della situazione, festeggiando il secondo successo consecutivo di Federico Pellegrino, salito poi sul podio anche nella team sprint assieme a Francesco De Fabiani. Andiamo dunque ad approfondire quanto accaduto nel weekend teutonico in compagnia del campione olimpico di Torino 2006 Fulvio Valbusa, nella quarta puntata della rubrica “L’ululato del Bubo”.
Partiamo da Dresda in sé. Quali sono i tuoi pensieri su questo appuntamento? Si sente davvero la necessità di assegnare punti di Coppa del Mondo in quella che sembra più una kermesse?
“Sinceramente non so che santi in paradiso abbia Dresda! È sempre in calendario e sempre con questo tracciato di 700 metri su cui tutto è concesso, persino vedere una team sprint con 12 frazioni anziché 6! Diciamo che il contesto è comunque affascinante, perché si gareggia in centro città e bisogna rendere atto agli organizzatori di aver lavorato per allargare la sede della pista. Però, per disputare una gara di Coppa del Mondo bisognerebbe muoversi in maniera diversa. Magari facendola in tecnica classica, come a Drammen, e soprattutto variando un po’ l’altimetria, perché vedere una prova tutta piatta a me, proprio, non piace. In ogni caso se la gente vuole assistere a contatti e cappottamenti, allora Dresda è il non plus ultra, perché i ruzzoloni non sono mancati neanche a questo giro”.
Passiamo all’aspetto agonistico, perché comunque sia – almeno tra gli uomini – hanno vinto i migliori. Federico Pellegrino ha nuovamente approfittato al meglio dell’assenza dei norvegesi, arpionando la seconda affermazione consecutiva. Cosa pensi della prova dell’azzurro?
“Voglio fare una premessa, ovvero che la gara individuale mi è piaciuta nonostante le assenze, perché non è stata scontata. Ti dico la mia, Pellegrino ha vinto pur senza essere il più forte. Secondo me, su un tracciato così piatto, il più forte era Andrew Young, che su una pista priva di salite ha fatto valere la sua potenza e le sue lunghe leve. Purtroppo per lui è finito a terra in finale e ha speso tantissimo per recuperare terreno, arrivando secondo nonostante il capitombolo! Ecco, mi sarebbe piaciuto vedere una sfida tra Chicco e Young senza la caduta di quest’ultimo. È anche vero che restare in piedi è un merito, soprattutto su una pista del genere, quindi alla fine l’agilità ha avuto la meglio”.
Pellegrino a parte, l’Italia non ha certo brillato. S’è visto qualche sprazzo da parte di Hellweger e De Fabiani, però francamente ci si poteva aspettare di più. O no?
“Hellweger ha realizzato una buona qualifica, ma in batteria è andato fuori giri e ha pagato terribilmente il fatto di dover sciare con l’acido lattico che sprizzava fuori da tutti i pori. Quando è così, fai davvero una fatica bestiale. Poi, sai bene che sono molto sincero, ma da De Fabiani mi aspettavo qualcosa di più, soprattutto nella team sprint. Come sempre si muove tra luci e ombre, anche se queste ultime sono ancora in maggioranza. Permettimi però di dire una cosa. Alla luce di quanto visto sabato, mi sarebbe piaciuto vedere Hellweger in coppia con Pellegrino nella team sprint, visto che si è comportato comunque molto meglio di De Fabiani. Soprattutto considerando come il tracciato fosse adatto agli sprinter puri e non a passisti”.
Bubo, però volenti o nolenti quella di Dresda è stata una delle due prove generali della team sprint prima dei Mondiali. Sappiamo che una delle poche prove dove l’Italia ha speranza di medaglia è proprio questa…
“Assolutamente no! Quella di Dresda non era una gara, ma una kermesse. Se l’anno scorso ci si è lamentati della sprint di Åre, tutta in salita, allora si deve fare altrettanto con questa gara. Sono due facce della stessa medaglia e non c’entrano niente con lo sci di fondo! Nonostante assegnino punti di Coppa del Mondo, sono competizioni concepite per lo spettacolo. Quindi non esiste definirla una prova generale dei Mondiali, perché il tracciato iridato sarà completamente diverso!”.
Passiamo al settore femminile, dove l’Italia ha incamerato il miglior risultato stagionale grazie al sesto posto di Lucia Scardoni. D’accordo, tante assenze, ma è comunque stato un passo avanti rispetto a Davos.
“Effettivamente settimana scorsa avevo detto che Lucia si era limitata a fare ‘il compitino’. A Dresda invece è andata ben oltre raggiungendo la finale, che poteva essere l’obiettivo della vigilia. Peraltro, non era affatto scontato arrivarci, in quanto il tracciato e la tecnica non le si addicevano. Comunque è stata brava perché ha approfittato al meglio delle tante assenze, correndo con grande determinazione. Promuovo solo lei, perché sulle altre non c’è molto da dire. In ogni caso vorrei sottolineare come Greta Laurent dovrebbe prendere spunto proprio da Lucia per la cattiveria mostrata. È inconcepibile che una ragazza come Greta emerga in qualificazione, ma esca sempre senza colpo ferire nelle batterie. Nelle sprint bisogna sapersi far valere anche fisicamente e non si deve avere paura di tirare una spallatina quando serve, altrimenti non si emergerà mai!”
Prossimo appuntamento il Tour de Ski. Hai qualcosa da dire in merito, oppure vuoi approfondire l’argomento nella puntata della settimana ventura?
“Vorrei dire la mia opinione in merito a quelle che potrebbero essere le convocazioni dell’Italia. Dopo aver visto le gare di Opa Cup della Val Formazza, io penso che portare al Tour de Ski ragazze ultra trentenni ai margini della squadra non avrebbe senso, soprattutto perché ci sono delle giovani più o meno al loro stesso livello che hanno bisogno di fare esperienza a livello internazionale. Dopotutto, sappiamo bene quanto valgono certe atlete a trent’anni suonati. Dunque, preferirle alle ragazzine sarebbe deleterio. Se i tecnici non hanno il coraggio di fare certe scelte, allora dovrebbero essere le dirette interessate ad avere il buonsenso di farsi da parte. Se io avessi più di trent’anni e mi arrivasse a pochi secondi un atleta di sette/dieci anni più giovane, sarei il primo a dire “Signori, non mi merito la convocazione”. Quindi, spazio alle nuove leve, tanto più che non si lasciano a casa fenomeni. Le sorti del Tour de Ski non cambierebbero comunque. Proprio per questo tanto vale buttare in campo i ragazzi, altrimenti si rischia di soffocare il movimento. Questo è il mio pensiero ed eventualmente sono pronto ad approfondirlo settimana prossima”.
ULULATO DEL BUBO – PUNTATE PRECEDENTI
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Foto: Davide Glatz