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Nuoto, Federica Pellegrini e il sogno olimpico a 33 anni. La storia insegna che si può fare

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“Si può fare!” Gridava Gene Wilder nei panni del celebre professore universitario Frederick Frankenstein, nel capolavoro di Mel Brooks Frankenstein Junior. Le imprese difficili, se non apparentemente impossibili, sono il pane quotidiano di Federica Pellegrini. Imprese impossibili non ne esistono, lo dimostrano le campionesse del passato (quasi sempre nello stile libero) che, ad età piuttosto avanzata, si sono prese la soddisfazione di salire sul podio olimpico.

Tanto per fare qualche nome possiamo ricordare Inge De Bruijn, l’olandese che seppe vincere l’oro nei 50 stile ad Atene 2004, a 31 anni, a suggellare una grande carriera, oppure la statunitense Nathalie Coughlin che a Londra si piazzò sul terzo gradino del podio nella 4×100 stile libero, a 33 anni, oppure ancora l’esempio più lampante di atleta longeva, la statunitense Dara Torres che a Pechino nel 2008 si piazzò seconda sempre nei 50 stile libero, all’età di ben 41 anni compiuti.

Insomma, per Federica Pellegrini il messaggio è chiaro: si può fare e da campionessa del mondo in carica sarebbe ancora più bello. Una sfida impegnativa per Federica Pellegrini. L’azzurra, classe ’88, aveva in mente di completare il proprio percorso agonistico nella scorsa stagione, con la sua quinta partecipazione olimpica. La diffusione del Coronavirus però ha rovinato i piani alla veneta che, comunque, nel 2021 ci sarà e cercherà di confermarsi ai massimi livelli nei 200 stile libero. L’azzurra, infatti, è reduce dal doppio oro consecutivo ai Mondiali nel 2017 e nel 2019 in questa specialità, regolando nella finale di Budapest di tre anni fa anche chi si riteneva imbattibile, ovvero l’americana Katie Ledecky.

La conoscenza di questa distanza da parte sua è totale e l’esperienza maturata nel tempo potrebbe essere un fattore in una competizione come quella olimpica dove anche risvolti psicologici hanno il loro peso. Guardando poi al rendimento nella specialità delle quattro vasche non si può che rimanere impressionati. Basti pensare alle medaglie mondiali consecutive, ben otto, di cui quattro d’oro.

Per la campionessa veneta sarà l’ultimo grande spettacolo (anche se l’ultima cartuccia potrebbe tenersela per Roma 2022, dove si disputerà l’Europeo). Gli stimoli dunque sono quelli di andare molto forte e di stupire, forse anche un po’ se stessa, come avvenuto l’anno scorso a Gwangju (Corea del Sud), dove nessuno si era giocato qualcosa sul suo successo. Potrà affrontare questa gara con grande serenità: quello che doveva fare lo ha già fatto, ha trionfato a tutti i livelli e non sarà la super favorita. Sulla carta Katie Ledecky e Sarah Sjoestroem sembrano avere qualcosa più di lei e le emergenti Sjobahn Haughey, da Hong Kong ma con formazione totalmente statunitense, e Freya Anderson, dall’Inghilterra, sembrano poterla insidiare. Serve l’ennesimo capolavoro di una carriera infinita. 

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