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Rugby, Guglielmo Palazzani “Le sconfitte offuscano il lavoro dell’Italia. Smith ha portato entusiasmo”

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Il 2020 si è ormai concluso e il rugby guarda al 2021. Lo fa il rugby azzurro e lo fanno Zebre e Benetton Treviso, che tra pochi giorni scenderanno in campo nel primo derby stagionale. Per parlare dell’anno passato, di quello in arrivo e del match di sabato abbiamo chiacchierato con Guglielmo Palazzani, numero 9 delle Zebre e dell’Italia. Ecco le sue parole.

Guglielmo, siamo alla fine di un 2020 difficile in tutto il mondo e anche nel rugby. Come è stata per te vivere questa pandemia?

“Diciamo che fortunatamente a livello famigliare stanno tutti bene e questa, a livello personale, è la cosa più importante. A livello sportivo per noi non è andata così male, certo non c’è stato il pubblico, ma noi siamo dei privilegiati. Abbiamo potuto giocare, nonostante qualche partita saltata, e quindi anche se con alcuni stop alla fine siamo andati. In generale diciamo che questo 2020 poteva andare meglio, ma purtroppo è così per tutti”.

Dopo un avvio difficile, anche a causa delle tante assenze per gli impegni dell’Italia, nell’ultimo periodo con le Zebre vi stanno togliendo qualche soddisfazione. Da dentro qual è la sensazione in vista del 2021?

“Quest’anno c’è un gruppo che potenzialmente può fare veramente bene, numeroso e di qualità. Possiamo lavorare bene in campo, con anche più concorrenza che fa alzare l’asticella e, di conseguenza, il livello della squadra. Sinceramente mi aspettavo qualcosa di meglio a inizio stagione, con qualche partita che potevamo certamente vincere. Adesso siamo in un momento positivo, comunque, con la vittoria a Brive, anche se con Bayonne potevamo anche vincere, e speriamo di fare bene contro Treviso”.

Il primo derby, purtroppo, è stato rinviato, ma adesso avete subito la sfida di Treviso. È sicuramente una partita sempre particolare e quest’anno probabilmente arrivate con i favori dei pronostici. Che match ti aspetti?

“Beh, diciamo che l’ultimo match annullato vedeva Treviso con molti infortunati e assenti per il Covid, per noi sarebbe stato meglio giocarla (ride, ndr), ma sarebbe stato un falso derby, meglio giocarsela alla pari. Speriamo di farlo questo sabato al Monigo, sarebbe una grandissima cosa e potrebbe dare un grande slancio a tutta la squadra anche per tutto il 2021. Darci fiducia ed entusiasmo”.

Passiamo al capitolo Italia. Il 2020 non è stato certo ricco di soddisfazioni e il lavoro di Franco Smith è stato rallentato dalla pandemia. Tu hai vissuto l’arrivo del nuovo ct dall’interno, che sensazioni hai in vista del 2021?

“Senza dubbio il percorso era iniziato con il Sei Nazioni e poi è stato interrotto dall’emergenza, ma come lavora Franco lo sappiamo bene tutti. È un uomo che porta grande entusiasmo, che crede nel lavoro duro e in questi mesi ha portato tanti giovani in squadra, che è un aspetto fondamentale. Questo è sicuramente ciò di positivo che abbiamo visto nel 2020. Poi i risultati non sono andati come ci aspettavamo, ma sappiamo che credendo nel progetto e lavorando duro possiamo toglierci qualche soddisfazione al più presto”.

Spesso sui social e tra i giornalisti la discussione verte sull’opportunità di giocare sempre contro corazzate quasi imbattibili, come le tre sfide agli All Blacks nel 2021, piuttosto che avere un calendario internazionale con sfide più abbordabili. Da giocatore professionista la tua posizione qual è?

“Qualcuno pensa sempre che sia meglio giocare coi primi della classe per crescere. Secondo me, però, partite come con l’Inghilterra dove abbiamo giocato oggettivamente bene, ma poi perdi di 30 punti, danno una falsa percezione del lavoro e del nostro livello. Per me giocare a volte con squadre della nostra taglia, diciamo di seconda fascia, serve anche per la motivazione, è fondamentale e mostra il nostro livello. In questi anni quando abbiamo affrontato squadre che non sono le prime al mondo abbiamo dimostrato di esserci. Poi, lo sappiamo bene, che puoi giocare bene, ma se perdi è il risultato che resta impresso. Diciamolo, giocare bene o giocare male è un conto, ma conta vincere”.

Mediano di mischia, estremo. Tu in carriera hai variato ruolo, adattandoti alle richieste degli allenatori e ritagliandoti uno spazio importante sia nelle Zebre sia in azzurro. Quanto conta, secondo te, la parte mentale nella carriera di uno sportivo?

“Io a livello giovanile ero mediano, così come a Calvisano, poi alle Zebre ho iniziato a giocare tantissimo estremo nei primi due anni. Quello dell’estremo è un ruolo dove mi trovo bene, sei libero di esprimerti al pieno. Come numero 9, invece, sei più vincolato a restare in determinati schemi, correre dietro al gioco. Parlando di mentalità, lo dico sempre che la testa a questo livello nello sport è la cosa più importante. Un fenomeno senza testa probabilmente non va avanti, un giocatore di medio livello che invece ha la testa può arrivare ovunque, o quasi”.

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Foto: Luigi Mariani – LPS

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