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Rugby
Rugby, Johan Meyer: “L’Italia deve fare le cose per bene per 80 minuti. Smith ci dà più responsabilità”
Sabato l’Italia chiuderà l’Autumn Nations Cup 2020 contro il Galles, nella finalina per il quinto posto, e in campo potrebbe esserci anche la terza linea Johan Meyer. Sudafricano, equiparabile dal 2018, Meyer ai microfoni di OA Sport analizza la situazione attuale del rugby azzurro e cosa sta portando Franco Smith alla squadra.
Johan, dopo una prova convincente con la Scozia, con la Francia da fuori è apparso un passo indietro dell’Italia e ci sono state diverse critiche. Come è il morale nella squadra e voi come avete visto il match con la Francia?
“Credo che durante l’arco della partita ci siano stati diversi aspetti positivi anche con la Francia, anche se quello che è chiaro è che è mancata una buona gestione del pallone, l’esecuzione non è andata bene. È questo che principalmente non ha funzionato ed è su questo, sull’esecuzione e la gestione, che in settimana ci siamo concentrati per preparare il match con il Galles”.
Le statistiche della mischia mostrano sia contro la Scozia sia contro la Francia un sostanziale equilibrio, sia in mischia chiusa, sia nelle ruck e nelle touche. Ma avete sofferto molto in maul. Come mai?
“Settimana dopo settimana noi dobbiamo migliorare in tutti gli aspetti del gioco, anche in quelli della mischia. Sabato non credo che nella maul ci sia stato qualcosa di specifico che è andato male o che non ha funzionato, ma sappiamo che è una situazione di gioco su cui dobbiamo lavorare duro, mantenere un focus per migliorare e non soffrire, come forse è successo con la Francia”.
È una domanda purtroppo ormai standard, ma nel gruppo quanto pesa la lunga assenza di vittorie, in generale dei Mondiali 2019 e nel Sei Nazioni dal 2015?
“Lo diciamo tra noi a ogni raduno e prima di ogni partita che vogliamo vincere. Noi arriviamo ogni settimana che vogliamo vincere, dimostrare che l’Italia può vincere. È difficile come situazione, perché noi ci mettiamo tanto impegno, lavoriamo duro e siamo convinti che il percorso di crescita sia quello giusto, anche se poi non arriva la vittoria. Ma noi ci teniamo tantissimo per noi stessi, ovviamente, ma anche molto per i tifosi e gli appassionati che si meritano di godersi una vittoria e noi speriamo di vincere presto per loro”.
Tu giochi ormai in Italia da 5 anni e sei in Nazionale da due, che idea ti sei fatto del perché l’Italia continua a rincorrere le altre nazioni e non riesce a giocarsela sempre alla pari?
“Uh, difficile. Però, non so, non sono così d’accordo. Guarda a Treviso l’anno scorso o due anni fa, sono arrivati ai playoff nel Pro 14. Noi in Italia possiamo competere alla pari con le altre squadre, lo abbiamo dimostrato anche noi Zebre che possiamo battere Bristol, una delle squadre più forti oggi in Inghilterra, quindi non credo che le squadre siano più forti di noi, meglio di noi in generale. Credo valga il discorso che ti facevo prima sulla partita contro la Francia, credo che dobbiamo migliorare tanto nell’esecuzione del gioco e nel mantenere il focus per tutti gli 80 minuti e a quel punto non credo ci siano grandi differenze tra noi e gli altri”.
Che differenze vedi tra il gioco, o la filosofia rugbistica in generale, di Conor O’Shea rispetto a Franco Smith?
“Grandi differenze, sicuramente. Franco crede nel lavoro duro, nell’impegno al 100% in campo e fuori. Vuole dare alla squadra un DNA di etica del lavoro, da un lato, ma anche lavorare molto sulla nostra imprevedibilità. Ci motiva a prenderci più responsabilità, a capire il gioco e adattarci e a esprimere tutto il nostro potenziale. Però, la strada è quella impostata da Conor, direi che non è che c’è stato un cambio netto”.
Siete entrambi sudafricani ed entrambi vivete, e avete vissuto, a lungo in Italia. Come è il tuo rapporto personale con Franco?
“Ho un buon rapporto con Franco, sicuramente è una persona con cui puoi parlare e ho stima di lui. Quindi direi che va bene”.
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